domenica 31 marzo 2019

Il fantasma del miracolo economico del Vietnam si aggira tra i colloqui USA-Corea




di Caleb Maupin

traduzione di Davide Spagnoli

Mentre in tutto il mondo in via di sviluppo i paesi in cui il sistema economico è quello del libero mercato rimangono profondamente impoveriti, negli ultimi decenni la Cina e il Vietnam hanno visto un impressionante aumento del tenore di vita dei propri cittadini. Le voci pubbliche nel mondo occidentale danno tutto il merito alla "liberalizzazione", ma la consapevolezza di altri fattori chiave sembra essere alla base della titubanza degli Stati Uniti nei negoziati sul nucleare con i coreani.

TRADUZIONE:


FONTE:


Il presidente messicano chiede le scuse del re di Spagna, e di Papa Francesco per le conquiste del XVI secolo






Traduzione di Davide Spagnoli


26 marzo 2019

Il presidente messicano Andrés Manuel López Obrador ha formalmente chiesto le scuse sia del re di Spagna Felipe VI che del Papa Francesco per la conquista spagnola di circa 500 anni fa.

La lettera cita i massacri che hanno avuto luogo durante le conquiste spagnole delle popolazioni indigene del Messico durante tutto il XVI secolo. La missiva fa anche riferimento all'imposizione della fede cattolica e alle violazioni dei diritti umani commesse dalle forze che hanno agito per conto della corona spagnola.

"Le chiese sono state costruite sopra i templi, i nostri eroi patriottici sono stati scomunicati", ha detto parlando tra le rovine di un'antica città messicana in un video postato sui suoi social media. "Ci riconcilieremo, ma prima chiediamo che loro domandino perdono".

Il ministero degli Esteri spagnolo ha immediatamente pubblicato una dichiarazione che respinge il contenuto della lettera di Obrador.

"L'arrivo 500 anni fa degli spagnoli sull'attuale territorio messicano non può essere giudicato alla luce di considerazioni contemporanee", ha detto il governo.

"Il governo spagnolo ribadisce la sua disponibilità a collaborare con il governo messicano".

La Spagna è attualmente una delle maggiori fonti di investimenti diretti esteri del Messico, ma il governo messicano non ha ancora ratificato un nuovo accordo di libero scambio raggiunto con l'Unione Europea a metà del 2018. Il Messico vanta anche la seconda popolazione cattolica romana al mondo dopo il Brasile.

La contesa è iniziata con l'arrivo di Hernán Cortés nel 1519, e con la sconfitta del potente impero azteco, aprendo la strada a 300 anni di dominio spagnolo. Il Messico ottenne l'indipendenza dopo 11 anni di guerra che si concluse nel 1821, per poi diventare una repubblica federale nel 1824.

Obrador, 65 anni, è salito al potere a dicembre e ha mantenuto relazioni amichevoli con il governo spagnolo di centro-sinistra dalla sua elezione.


FONTE:

sabato 30 marzo 2019

Il ministro degli Esteri della Federazione Russa a San Marino


Testo dell'introduzione e traduzione dal russo

 di Davide Spagnoli





Pochi media hanno dato spazio alla notizia della visita ufficiale che il Ministro degli Esteri della Federazione russa, Sergey Viktorovich Lavrov, ha compiuto il 21 marzo scorso nella Repubblica di San Marino.
Secondo RTV San Marino:
«A completare il quadro di una visita storica, la composizione della delegazione russa, numerosa e di altissimo livello. Ad accompagnare Lavrov anche il Vice Ministro, l'Ambasciatore Razov e il Direttore del Dipartimento Stampa del Ministero degli Esteri. Senza dimenticare i membri dello staff, la sicurezza, una decina di giornalisti, due operatori e altrettanti fotografi pronti a raccontare – in diretta streaming– i momenti salienti a Palazzo Begni.».
Dunque si è trattato di una visita molto importante tanto per la Repubblica di San Marino quanto per la Federazione russa.
Ma è sul contenuto dei colloqui e del memorandum firmato dalle parti che i media italiani si chiudono in un riserbo che, invece, non è presente nelle fonti russe.
Da un lungo, interessante e documentato servizio dell’agenzia russa TASS, oggetto della traduzione che presentiamo, apprendiamo che:
«[…] accordi per ampliare la cooperazione finanziaria ed economica, nonché i legami nel settore dell'agricoltura e del turismo. Lavrov ha dichiarato che durante l'incontro hanno anche discusso le prospettive di contatti tra la banca centrale di Russia e San Marino. Secondo Lavrov, il Ministero delle Finanze russo ha una serie di questioni che vorrebbe chiarire con i colleghi sammarinesi «prima di accordarsi su una cooperazione su larga scala senza alcuna restrizione». Il capo della sezione diplomatica ha espresso la speranza che la ricerca di una soluzione non richieda troppo tempo.».
A cosa mirano gli "accordi per ampliare la cooperazione finanziaria ed economica, nonché i legami nel settore dell'agricoltura e del turismo"?
La cooperazione finanziaria ed economica, stante l’impossibilità per San Marino di essere un paradiso fiscale, mira quindi a ben altro che al momento non è dato conoscere. Molto interessante il passaggio che recita:

«Lavrov ha dichiarato che durante l'incontro hanno anche discusso le prospettive di contatti tra la banca centrale di Russia e San Marino.  Secondo Lavrov, il Ministero delle Finanze russo ha una serie di questioni che vorrebbe chiarire con i colleghi sammarinesi "prima di accordarsi su una cooperazione su larga scala senza alcuna restrizione.  Il capo della sezione diplomatica ha espresso la speranza che la ricerca di una soluzione non richieda troppo tempo", e che, peraltro, infittisce ancora di più il mistero. Estremamente interessanti gli "accordi per ampliare la cooperazione finanziaria ed economica, nonché i legami nel settore dell'agricoltura e del turismo".».

La parte riguardante il turismo si spiega da sola, ma la parte riguardante l’agricoltura merita una spiegazione più approfondita.

In Russia il Partito comunista della Federazione russa (KPRF) è molto forte e, grazie a errori di Putin come quello dell’intervento per l’innalzamento dell’età pensionabile ma non solo, sta crescendo molto rapidamente e conquistando sempre più amministrazioni regionali e locali. Uno dei punti di forza del KPRF è il sovkhoz Lenin, guidato da Pavel Grudinin, candidato alle presidenziali per i comunisti, che, grazie alle sanzioni dell’occidente, ha realizzato profitti impensabili solo qualche anno fa, che sono stati interamente reinvestiti nel sovkhoz per migliorare il tenore di vita dei soci e dei lavoratori: per esempio il salario pagato dalla Lenin è il triplo di quello normalmente pagato da aziende simili. Insomma un’isola di socialismo nel quasi capitalismo della Russia odierna. Un’isola che funziona molto bene e il cui esempio si sta espandendo in tutto il territorio della federazione. In ballo cioè ci sono due visioni molto diverse del futuro della nazione che ha la supremazia militare mondiale, i comunisti che indicano come soluzione il socialismo – che raccoglie sempre più consensi soprattutto tra i millenial – e Putin che intende costruire un modello rivisitando la NEP di Lenin trasformandolo in un modello sempre più vicino a quello scandinavo con settori strategici nazionalizzati, un maggiore attenzione al welfare, ma fuori dall’ottica del socialismo. E visto che i consensi verso il KPRF sono in grande ascesa, a questo punto Grudinin e il suo sovkhoz Lenin diventano un avversario temibile. Da qui una campagna di denigrazione personale contro Grudinin e la ricerca di alternative per i prodotti agricoli da fornire ai consumatori russi in modo da far seccare la fonte dell’esperimento di successo dei comunisti.
E qui le produzioni agricole della Romagna diventano strategiche se si tiene conto del fatto che il volo in tre ore di volo da Rimini si raggiunge Mosca.
Questo implica una prospettiva economica molto favorevole per la Romagna.
Vedremo in futuro cosa accadrà.
Per ora prendiamo atto dell’enorme attenzione della Russia nei nostri confronti.
Buona lettura.


La paura della Russia e l’emergere dei Bircher di sinistra





Traduzione di Davide Spagnoli

Mentre sovente la sinistra tradizionale viene scavalcata a sinistra dalla destra populista, la stessa sinistra non sta mica ferma: scavalca la destra a destra. Sembra un puzzle ma non lo è.

Ma c'è una cosa che accomuna queste due correnti del pensiero politico del sistema politico borghese: l'anticomunismo viscerale, la russofobia e da qualche tempo anche la sinofobia.

Quest'articolo tratta della realtà del clima politico degli USA, ma se ne possono tranquillamente adattare molte parti alla nostra realtà.

La paura dei Russi e l'emergere dei Bircher di sinistra


Da che parte stavano Pjatakov e Radek?




Di Daniele Burgio


Relazione tenuta dal compagno Daniele Burgio durante l’affollata assemblea di presentazione del libro “Il volo di Pjatakov. La collaborazione tattica tra Trotskij e i nazisti” tenutasi il 28 febbraio presso il Centro culturale Concetto Marchesi di Milano.

Passiamo ora, a un’altra questione: e cioè stabilire da che parte politica stavano Pjatakov e Radek, nel 1931-1936.

Si tratta di una domanda fondamentale per decidere sulla veridicità e sulla realtà del volo di Pjatakov/colloquio clandestino di quest’ultimo con Trotskij, nel dicembre del 1935 e in Norvegia.

Ora, senza nessun dubbio Pjatakov e Radek erano stati trotzkisti, anzi alti dirigenti della corrente politica trotzkista in Unione Sovietica dal 1923 al 1927: ma dopo rientrarono nel partito e si posero apertamente di fianco a Stalin, sia Pjatakov (dall’inizio del 1928) sia Radek (dal luglio del 1929).

Se Pjatakov e Radek non fossero stati in alcun modo ivi compreso quello epistolare e della lettera, in contatto con Trotskij nel 1931, nel 1932, nel 1933, nel 1934, nel 1935, nel 1936, la questione del volo di Pjatakov sarebbe risultata decisamente a favore di Trotskij e contro Stalin.

Risulta infatti subito chiaro che se Pjatakov e Radek fossero stati realmente e senza soluzione di continuità, a partire dal 1929 e fino al dicembre 1935, degli stalinisti e dei concreti nemici di Trotskij, come sostenne quest’ultimo con forza, svanirebbe inevitabilmente qualunque motivo plausibile per un loro ipotetico incontro in Norvegia con il leader della costituenda Quarta Internazionale. E viceversa, se risultasse invece che Radek e Pjatakov fossero tornati realmente ad essere, nel 1932-1936, dei dirigenti dell’organizzazione clandestina trotskista operante in Unione Sovietica, i due personaggi in esame avrebbero invece sicuramente avuto una predisposizione mentale e politica completamente favorevole nei confronti di un loro eventuale incontro diretto con il loro leader in esilio: sempre dovendo tener conto dei rischi politici e personali derivanti da un eventuale colloquio segreto, certo, ma con l’ottica di desiderare, volere e agognare una loro discussione ravvicinata, personale e “viso a viso” con Trotskij.

Lo stesso discorso vale ovviamente anche per Trotskij: attuare un incontro segreto con Pjatakov sarebbe stato assurdo, se quest’ultimo fosse stato davvero un suo nemico politico e uno stalinista a partire dal 1928, ma viceversa tale azione diventava perfettamente comprensibile, razionale e allo stesso tempo desiderabile nel dicembre del 1935, se Pjatakov fosse invece risultato uno dei leader dell’organizzazione clandestina trotzkista attiva nell’Unione Sovietica stalinista del 1932-36.

Siamo pertanto in presenza di un punto assai importante per la nostra indagine storica rispetto al quale la traccia concreta e la prova fondamentale, come nel caso di Linköping, ci viene fornita sempre per il tramite di Trotskij che, per la seconda volta, tradisce e autodistrugge involontariamente le sue stesse posizioni negazioniste sul volo di Pjatakov procurandoci una clamorosa “pistola fumante”, attraverso un inconfutabile documento del 1932.

Archivi Trotskij di Harvard, classificazione sotto “18 Trotskij Papers, 15821, seq. 17”, nella sezione dedicata alle ricevute delle lettere spedite da Trotskij e dai suoi collaboratori ad altri soggetti, persone o organizzazioni politiche: quindi una fonte sicura, per la “seconda versione” che nega l’esistenza del volo di Pjatakov e del suo colloquio segreto con Trotskij, da cui emerge una ricevuta di spedizione estremamente interessante.

In un piccolo segmento dell’estesa raccolta di lettere e scritti elaborati via via da Trotskij sono apparse al pubblico, grazie a un accurato saggio elaborato dallo storico John A. Getty nel 1986, le ricevute delle lettere spedite nel 1932 dal leader in esilio della Quarta Internazionale a Sokolnikov (un membro dell’Opposizione di sinistra, ancora legale all’interno del partito bolscevico nel biennio 1926/1927), a Preobrazensky (un leader della frazione trotzkista del 1923-1927, durante la prima fase della lotta contro la nascente egemonia di Stalin) e soprattutto a Karl Radek.

Troviamo quindi una nuova sorpresa e un nuovo colpo di scena, dopo Linköping.

Proprio dagli insospettabili archivi Trotskij di Harvard emerge un fatto clamoroso, con materiale probatorio scritto (come richiesto giustamente dallo stesso Trotskij nell’aprile del 1937, di fronte alla commissione Dewey): abbiamo infatti a disposizione la ricevuta di una lettera spedita in segreto a Ginevra nel marzo del 1932 da Trotskij (già in esilio, a partire dal 1929) a Karl Radek, residente invece di solito in Unione Sovietica, oltre che le ricevute di altre sue missive spedite nel 1932 a Preobrazensky e ad altri cittadini sovietici. Lettere segrete inviate nel 1932 da Trotskij a Karl Radek, a Preobrazhensky e altri soggetti: fatti sicuri e inequivocabili, che costituiscono quindi una prova certa sui reali rapporti politici esistenti tra Trotskij da un lato, e Radek e Pjatakov dall’altra nel periodo 1932-36.

Per quanto riguarda la lettera inviata da Trotskij a Radek, essa era stata spedita nel marzo del 1932 con cura e attenzioni speciali a quest’ultimo anche attraverso gli uffici postali di Parigi e Ginevra tramite il signor “Molinier”: e proprio i due fratelli Molinier, Raymond e Henry, risultavano all’inizio del 1932 tra i principali dirigenti dell’organizzazione trotzkista operante in terra francese, a cui allora Trotskij concedeva la sua fiducia politica e che si dimostreranno assai utili a quest’ultimo anche sul piano logistico e materiale nel 1933-35, quando Trotskij rimase legalmente e per quasi due anni in Francia.

A questo punto andiamo al nocciolo della questione, cioè all’importanza che assume la ricevuta della lettera spedita da Trotskij a Radek nel 1932 rispetto al volo di Pjatakov.

Su questo aspetto lascio volentieri la parola proprio all’insospettabile testimone (insospettabile per gli antistalinisti) Trotskij. Quest’ultimo ci fornisce dell’altro materiale probatorio scritto, visto che già il 27 gennaio del 1937, come si è già ricordato in precedenza, Trotskij stesso si rivolse ai mass-media internazionali, oltre che agli stessi giudici del processo di Mosca del gennaio del 1937, proclamando solennemente che “Io ho dichiarato più di una volta, e lo dichiaro ancora, che Pjatakov, come Radek, per gli ultimi nove anni” (quindi come minimo dal 1929) “non è stato mio amico ma uno dei miei nemici più feroci e infidi, e che non ci sarebbe potuto essere alcuna negoziazione o incontri tra noi”.

Un’affermazione che non lascia spazio ad alcun dubbio o malinteso, quella espressa da Trotskij il 27 gennaio del 1937.

Queste chiarissime ed inequivocabili parole di Trotskij riprese e ripetute tra l’altro nell’aprile del 1937 davanti alla commissione Dewey, hanno un solo ed unico significato: egli negò recisamente e senza mezzi termini di aver avuto alcun tipo di rapporto con Pjatakov e Radek dopo il 1928, oltre a rivelare allo stesso tempo come Pjatakov e Radek, sempre dopo il 1928, fossero ormai diventati tra i suoi “più feroci e infidi nemici”, con i quali risultava quindi fuori discussione, impossibile e assurdo tenere “negoziati” politici e incontri di alcun genere, in Norvegia o in altri posti. Siamo pertanto in presenza di tre tesi inequivocabili, tra l’altro rese per iscritto e ripetute più volte nel corso del 1937 dallo stesso Trotskij, ossia da una fonte sicura per la “seconda versione” che nega l’esistenza del volo/colloquio di Pjatakov.

Secondo Trotskij, in altri termini, egli non aveva avuto alcun rapporto politico e umano con Pjatakov e Radek, sia in modo diretto che sotto forma epistolare, nel 1929.

Nel 1930.

Nel 1931.

Nel 1932.

Nel marzo del 1932.

Nel 1933 e cosi via, fino ad arrivare al 1938.

Ma non solo: nel 1937 Trotskij dichiarò che, almeno a partire dal 1929 e senza alcuna interruzione, ivi compreso quindi il marzo 1932, Pjatakov e Radek erano diventati suoi nemici politici fino ad arrivare senza soluzione di continuità al gennaio del 1937.

Non solo: alla fine della terza sessione della commissione Dewey, Trotskij arrivò altresì a dichiarare, che dalla fine del 1929 “egli” (Radek) “era diventato la più odiosa figura per l’Opposizione di sinistra” (ossia per i trotzkisti) “perché egli non era solo un capitolatore” (di fronte a Stalin) “ma un traditore”.

A questo punto, mettiamo in contatto e facciamo “incontrare” reciprocamente tutte le dichiarazioni rese da Trotskij, il 27 gennaio 1937 e nell’aprile del 1937 davanti alla commissione Dewey, con la ricevuta scritta della lettera spedita proprio da Trotskij e proprio a Karl Radek nel 1932: l’effetto risulta sicuramente devastante e clamoroso, sia a livello generale che per la questione dell’esistenza del volo di Pjatakov.

In primo luogo la concreta e indiscutibile ricevuta della lettera spedita da Trotskij a Radek all’inizio del 1932 dimostra subito che Trotskij mentì spudoratamente durante la tredicesima sessione della commissione Dewey, quando egli qualificò come “presunta” e quindi inesistente la – invece reale e concretissima – missiva da lui stesso inviata a Karl Radek all’inizio di marzo del 1932: siamo quindi in presenza di una e gravissima menzogna da parte di Trotskij e che viene rilevata senza ombra di dubbio proprio mediante gli archivi Trotskij di Harvard, attraverso quella ricevuta di spedizione della lettera del 1932 che tradisce involontariamente Trotskij.

Simultaneamente emerge un elemento ancora più importante, per la nostra indagine storica: come risulta fin troppo evidente, la ricevuta scritta della lettera spedita clandestinamente da Trotskij a Radek nel 1932 mostra infatti che Trotskij mentiva clamorosamente anche quando sosteneva di non aver avuto più rapporti di alcun tipo con Radek/Pjatakov dopo il 1928, ossia anche quando egli rilevava che questi ultimi erano divenuti dopo il 1928 “tra i suoi più accaniti e feroci nemici”.

A persone con cui davvero non si ha più, dal 1929 fino al 1936, alcun rapporto umano e politico, non si spediscono lettere, né tantomeno lettere segrete come quella invece inviata da Trotskij a Radek nel 1932 (e di cui ci resta solo la ricevuta di spedizione); e tantomeno si indirizzano delle missive clandestine a persone che sono diventate tra i nostri “più accaniti e perfidi nemici”; e tantomeno si mandano lettere segrete a persone che si valutano come dei “disertori” della propria causa, come almeno a suo dire Trotskij considerava Radek sia nel 1929 che nel 1937 (terza sessione della commissione Dewey); e ancora meno si inviano delle missive confidenziali a persone che si considerano addirittura dei “traditori” della propria causa politica, come almeno in pubblico Trotskij valutava Radek dalla fine del 1929 fino al 1937, sempre secondo le dichiarazioni rese dal leader della Quarta Internazionale durante la terza sessione della commissione Dewey.

Detto in altri termini, Radek costituiva l’ultima persona al mondo a cui Trotskij avrebbe dovuto spedire nel marzo del 1932 una lettera, sempre in assenza di un ritorno del primo a un atteggiamento favorevole alla costituenda Quarta Internazionale e alla lotta segreta contro Stalin.

L’invio nel corso del 1932 di una missiva segreta, e con mezzi clandestini, a una persona come Radek ancora operante di regola nell’URSS stalinista di quel tempo, attraverso come minimo un certo sforzo materiale e un certo margine di rischio per il “postino” clandestino che doveva recapitare lo scritto di Trotskij a Radek, costituisce pertanto un atto concreto che può essere spiegato solo ed esclusivamente con l’esistenza all’inizio del 1932 di una relazione speciale di affinità politica tra i due soggetti in esame, complicità che demolisce ovviamente le tesi avanzate da Trotskij il 27 gennaio del 1937.

La ricevuta di spedizione della lettera spedita da Trotskij a Radek prova pertanto con assoluta sicurezza la grande menzogna del leader della Quarta Internazionale rispetto ai suoi reali rapporti con Radek, mostrando innanzitutto che Trotskij aveva (eccome se aveva!) “rapporti” con Radek dopo il 1928, e più precisamente a partire dall’inizio del 1932.

Dimostra altresì che per Trotskij, sempre a partire dal 1932, Radek risultava tutt’altro che un “nemico accanito e feroce”, ma altresì un referente politico importante nella lotta politica antistalinista, anche se costretto (per celare il suo doppiogioco rispetto a Stalin) a professare pubblicamente fedeltà al leader georgiano e a criticare in modo durissimo proprio Trotskij, anche nel 1932-36.

Attesta altresì che sia Radek, tornato via via alla militanza trotzkista nel corso del 1932, sia Trotskij avevano una predisposizione favorevole e un movente generale di natura politica per incontrarsi tra loro, nel 1932 come nel 1935 e nel dicembre del 1935.

La ricevuta di spedizione del 1932 fa inoltre cadere subito a zero il grado di attendibilità della testimonianza di Trotskij, rispetto alla sua tesi di non aver incontrato Pjatakov nel dicembre del 1935 nei pressi di Oslo: l’esistenza concreta e materiale della ricevuta, assieme alla “misteriosa” sparizione della lettera di Trotskij a Radek di cui essa attesta in modo indiscutibile la realtà, comportano inevitabilmente che Trotskij risulti come minimo un testimone inaffidabile anche rispetto agli eventi del dicembre del 1935.


martedì 19 marzo 2019

Incontro con il pubblico proveniente dalla Repubblica francese


Traduzione di Davide Spagnoli





Durante la sua visita in Crimea, Vladimir Putin ha incontrato il pubblico della Repubblica francese.

18 marzo 2019 16:45

Simferopol

Presidente della Russia Vladimir Putin:  Signore e signori, amici.  Permettetemi di porgervi un cordiale benvenuto in Russia, in Crimea.  So che questa non è la vostra prima visita, e sono molto lieto di vedere amici che vogliono che si sviluppino relazioni tra la Russia e l'Europa nel suo complesso e la Russia e la Francia in particolare.

Molti di voi sono coinvolti in attività politiche e alcuni di voi stanno continuando questo lavoro.  So che molti di voi vogliono tornare alla politica e intendono candidarsi alle elezioni degli organi rappresentativi a diversi livelli.  Spero che voi e coloro che in Europa, che la pensano allo stesso modo, farete tutto il possibile per ripristinare le normali relazioni tra la Russia e l'Unione europea e tra Russia e Francia.

Come potete vedere, abbiamo molti amici in Europa e molti amici in Francia che, come voi, sono motivati a sviluppare legami bilaterali che interessano tutti i cittadini della Francia, dell'Europa in generale e della Russia.  Siamo interessati a questo perché ci sosteniamo attivamente a vicenda nell'economia e nella politica globale e, soprattutto, siamo legati dalla storia comune delle nostre nazioni.  Le nostre relazioni sono state diverse in epoche diverse, ma il mondo moderno e le attuali tendenze di sviluppo richiedono di unire i nostri sforzi per raggiungere un risultato comune, un successo comune.

Abbiamo molti amici in Europa, e in Francia in particolare, che la pensano come voi, e lo so benissimo.  Faremo tutto il possibile per sviluppare relazioni con i nostri amici in Francia e in tutta Europa.

Non voglio trattenervi a lungo.  Sono venuto solo per darvi il benvenuto e vi faccio i migliori auguri.

giovedì 7 marzo 2019

La verità su Frida Kahlo




Di Danila Cucurnia



Una delle ultime opere d'arte di Frida Khalo intitolata: "autoritratto con Stalin" (1954) 



Un altro mito della finta sinistra imperiale, dopo il Che, si rivela essere un terribile stalinista; coscienti di dare un grande dolore ai trotskisti, pubblichiamo un passo dal diario di Frida Khalo dove appunto dichiarò, nel novembre del 1952, di non essere mai stata trotskista, malgrado la sua nota relazione con Trotsky. 

A sostegno della nostra affermazione produciamo qui di seguito la documentazione con relativa traduzione dallo spagnolo. 


Le immagini delle pagine del diario:





La traduzione in italiano:


4 Novembre 1952 
Oggi, per la prima volta non sono sola. Sono comunista da 25 anni. Conosco le origini centrali. Si uniscono con radici antiche. Ho letto la storia del mio paese e di quasi tutte le città. Da tempo conosco i suoi conflitti economici e di classe. Comprendo chiaramente la dialettica materialista di Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao Tse. Li amo in quanto pilastri del nuovo mondo comunista. Avevo già compreso l’errore di Trotsky sin dal suo arrivo in Messico. Non sono mai stata trotzkista. Però a quell’epoca, 1940 – io ero solamente alleata di Diego (personalmente) (errore politico) – Ma si deve tener conto che sono stata malata fin da quando avevo sei anni e realmente ho goduto molto poco di buona salute nella mia vita e sono stata inutile al Partito. Ora nel 1953. Dopo 22 operazioni chirurgiche mi sento meglio e, di tanto in tanto potrò aiutare il mio Partito Comunista. Benché non sia un’operaia, sono un’artigiana – e alleata incondizionatamente al movimento rivoluzionario comunista.


Kahlo Frida, El diario de Frida Kahlo: un intimo autorretrato, a cura di Sarah M. Lowe, introduzione di Carlos Fuentes, LA VACA INDIPENDIENTE - HARRY N. ABRAMS, INC PUBLISHERS, Madrid, 1995.





giovedì 28 febbraio 2019

Cuba ha una nuova Costituzione


A cura di Danila Cucurnia e Guido Fontana Ros

Cuba, sana e robusta Costituzione


Scritto da Fabrizio Casari

Pubblicato: 27 Febbraio 2019 su:



Cuba ha una nuova Carta Costituzionale. Si compone di 229 articoli ed è figlia di una discussione che ha coinvolto l’intera società cubana, che in migliaia di assemblee, con discussioni aperte, a volte aspre, ha proposto e disposto, accolto ed emendato il testo che domenica scorsa è stato sottoposto a referendum popolare. Non si rammenta di altri paesi nel mondo che hanno discusso previamente ogni singolo articolo della Carta come ha fatto l’isola caraibica: qui la Cuba socialista ha confermato originalità e peculiarità del suo modello.

[NdC. l'autore non è a conoscenza del modo di formazione della Costituzione sovietica del 1938. Da libro di Anna Strong, "L'era di Stalin":<< Altrettanto radicale fu il bisogno di democrazia e di partecipazione che si espresse nelle assemblee che discussero la nuova costituzione, varata nel 1936. Stampata in 60 milioni di copie, essa fu oggetto di dibattito in 527 mila riunioni che elaborarono oltre 150 mila emendamenti. Si trattò di una gigantesca consultazione di massa cui presero parte circa 36 milioni di persone.>>. I comunisti esistevano già da prima del PD, di Rifondazione e di Potere al popolo...]

La nuova Costituzione cubana rappresenta il rinnovato quadro di sistema. In un fase storica di profonde trasformazioni internazionali, alle prese con un blocco criminale che perdura da quasi 60 anni e di fronte a nuove minacce statunitensi, Cuba modifica alcuni aspetti del suo ordinamento politico, giuridico e dell’organizzazione dell’economia che avevano bisogno di verificare il livello del consenso popolare.

La scomparsa del suo lider maximo ha posto la questione della leadership politica, che fino a quando Fidel dirigeva il paese non aveva nemmeno senso porsi. Riformare le istituzioni serve anche a compensare in parte il vuoto di leadership assoluta che il Comandante en Jefe garantiva.

Come in ogni Costituzione, il testo si divide tra i principi generali, quelli relativi ai diritti e doveri dei cittadini e all’organizzazione dello Stato e della società. Nei principi generali, di norma, viene enunciato il carattere politico del relativo sistema. Ebbene, Cuba non fa eccezione. Si ratifica il carattere socialista di Cuba ed il ruolo “dirigente ed unico del Partito Comunista, strumento necessario per la costruzione del socialismo e nella via per raggiungere il comunismo”, definito “meta della società”. C’è anche una conferma della articolazione della rappresentanza che riconosce e valorizza il ruolo degli organismi di massa.

Nella parte relativa all’organizzazione dello Stato si stabiliscono cambiamenti strategici: si conferma il ruolo del Consiglio di Stato ma vengono introdotte la figura del Presidente della Repubblica e del Primo Ministro (che saranno eletti dal Parlamento) e si afferma il concetto del doppio mandato come tempo massimo per entrambi. Per candidarsi alla carica la prima volta dovranno essere stati eletti parlamentari, avere almeno 35 anni e non più di 60.

L’architettura costituzionale è da Repubblica parlamentare, giacché le funzioni di Capo dello Stato e Capo del governo sono distinte. Il Parlamento è l’organo sovrano, elegge Presidente della Repubblica, Primo Ministro, Consiglio di Stato e designa su proposta del Presidente ministri e viceministri. Elegge il Presidente del Tribunale Supremo Popolare, i giudici componenti dello stesso, il Procuratore Generale della Repubblica, il Ragioniere generale dello Stato e il Presidente del Consiglio Elettorale Nazionale.

Il ruolo del Presidente della Repubblica non è tuttavia puramente notarile: è incaricato di garantire l’osservanza della Costituzione negli atti di governo, rappresentare lo Stato e dirigere la sua politica generale, la politica estera, le relazioni internazionali, la Difesa e la sicurezza nazionale. E’ Capo supremo delle Forze armate e determina la loro organizzazione, decreta la mobilitazione generale se la difesa del Paese lo richiede, presiede il Consiglio Nazionale di Difesa ed ha la facoltà di proporre al Parlamento e al Consiglio di Stato lo stato di guerra o la dichiarazione di guerra in caso di aggressione.

Sul piano dei diritti civili, Cuba, che pure nella lotta ad ogni discriminazione di genere e di classe era esempio internazionalmente riconosciuto, inserisce in Costituzione il concetto di unione tra persone indipendentemente dal genere di appartenenza, propone il concetto di unione tra persone senza specificarne il sesso dando rango costituzionale al principio di uguaglianza e non discriminazione per motivi di orientamento sessuale ed identità di genere.

Si afferma anche la centralità della questione ambientale e la laicità dello Stato; l’assenza di una religione ufficiale, il riconoscimento giuridico delle coppie di fatto, sono segnali forti della modernità di Cuba, che ipocritamente viene accusata da paesi bigotti di non essere sufficientemente aperta.

L’economia è certamente uno dei terreni più sensibili e la nuova Costituzione prende di petto la questione senza ambiguità. Senza timore di sfidare il suo passato e di minacciare il suo futuro, Cuba apre al mercato, alla proprietà privata e agli investimenti stranieri come elementi necessari per dare impulso alla crescita economica e allo sviluppo dell’isola. Perché, come disse lo stesso Raul Castro “da essa dipendono sostenibilità e preservazione del nostro sistema sociale”.

La nuova organizzazione economica non riduce - semmai amplia - la sfera dei diritti sociali. La pianificazione economica continuerà a costituire la componente fondamentale nella direzione dello sviluppo. Si ribadisce la proprietà statale del suolo e del sottosuolo, delle risorse strategiche, la titolarità esclusiva in tema di organizzazione sociopolitica, difesa, moneta, giustizia, commercio interno ed estero, salute, istruzione, cultura e sistema bancario.

Una scelta in decisa controtendenza rispetto al mantra delle privatizzazioni dei servizi essenziali, sui quali il turbo capitalismo esercita il massimo della pressione, ritenendolo l’ultimo terreno di accumulazione primaria concepibile nell’Occidente post-industriale. A Cuba l’economia assume priorità diverse: garantire sanità, trasporti, istruzione, pensioni e case, rivendicare l’uguaglianza assoluta nell’accesso ai diritti, comporta la prevalenza della politica sull’economia. A sostenere il welfare contribuiranno anche le entrate derivanti dalle imposte sulle attività privata.

La nuova Costituzione prevede sette tipi diversi di proprietà: statale, cooperativa, sociale, privata, mista, di istituzioni associative e personale. Lo Stato regola e controlla il modo in cui esse contribuiscono allo sviluppo economico e sociale. 

Il riconoscimento della proprietà privata come una delle possibili forme nell’economia produrrà inevitabilmente un mutamento del mercato del lavoro; questo apre scenari difficili da prevedere in tutta la loro portata e rompe schemi consolidati, cari all’ortodossia di nemici e amici. Ovvio che le ripercussioni si faranno sentire e le scelte future dovranno essere misurate proprio sui mutamenti che interverranno.

Il fatto è che Cuba avverte la necessità di riprogrammare il cosa e il quanto lo Stato deve produrre e, quindi, la forza lavoro che ha bisogno d’impiegare. Perché in nessun manuale di socialismo é scritto che il lavoro artigianale non possa essere privato. Che un barbiere sia un impiegato pubblico, invece che un artigiano privato, non assegna patenti di autenticità socialista o, viceversa, ne riduce. Affidare ai privati la produzione di servizi destinati al consumo interno appare invece come un utile passo verso una modernizzazione del paese in un contesto di rinnovamento senza abiure.

Con l’inserimento in Costituzione del lavoro autonomo, Cuba volta pagina anche rispetto al recente passato, dove sebbene il lavoro privato fosse tollerato, l’interminabile sequenza di aperture e chiusure esponevano all’incertezza più totale ogni investimento. I 580.000 cubani che lavorano privatamente, i cosiddetti cuentapropistas, ovvero il 13% della mano d’opera del Paese, hanno ora uno strumento di riconoscimento che solo una decina di anni addietro sarebbe sembrato impossibile. Da ora si trasforma in diritto ciò che è già presente in fatto, eliminando sostanzialmente il mercato nero dei prodotti e delle prestazioni, che tanto danno reca alla già fragile economia e che tanta diseguaglianza intrinseca produce proprio nella patria dell’egualitarismo.

Sul piano della fiscalità generale si ritiene che la legalizzazione di attività lavorative esercitate da privati riduca notevolmente lo svolgimento delle stesse attività in nero. L’obiettivo finale è che tutto questo contribuisca a rendere minore la distanza tra la domanda di beni e servizi della popolazione e la possibilità dello Stato di soddisfarla. Sprechi, inefficienze e abusi possono essere fortemente ridotti proprio da politiche economiche premianti e calibrate sulle necessità del consumo interno.

L’intenzione evidente è semplice: far funzionare quello che non funziona. Inefficienze e disorganizzazione pesano troppo su un’economia che già patisce un blocco economico di quasi sessant’anni, inumano ed anacronistico, che ha provocato oltre 800 miliardi di dollari di danni diretti e molti di più indiretti.

Perché quando si parla di economia cubana non bisogna mai dimenticare il contesto e le condizioni in cui l’isola opera. L’impossibilità per i paesi terzi di realizzare affari con Cuba, se si vuole farlo anche con gli Stati Uniti, produce una contorsione ulteriore della già difficile partita dell’import-export tra l’isola e i fornitori di prodotti. Le importazioni di Cuba (che non gode di linee di credito garantite dagli organismi finanziari internazionali) sono pagate anticipatamente e a caro prezzo, mentre le esportazioni dei suoi prodotti, sulla base dei prezzi internazionalmente imposti dal Wto, risentono del livellamento verso il basso.

La nuova Costituzione cubana, in sostanza, appare il risultato di un ammodernamento della teoria politica e del progetto sistemico che si propone di realizzare. E se qualcuno, prigioniero dei milioni di interrogativi fuori luogo, aveva immaginato o sognato il “dopo Fidel” con l’abiura o la disintegrazione, aveva prefigurato l’ammodernamento del sistema con una revisione ideologica che potesse aprire la strada ad un ripensamento dello stesso, se insomma avesse immaginato il post castrismo come post socialismo, resterà decisamente deluso.

Sessant’anni dopo il suo trionfo, le modifiche costituzionali approvate non indicano ripensamenti ma vanno nella direzione opposta: modificano il modello per non cambiare il sistema. La decisione è quella di adeguare per fortificare, di evolversi per competere, di migliorare per vincere e non solo per resistere.



Preambolo della nuova costituzione della Repubblica di Cuba

(Si ringrazia l'Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba per la traduzione)

NOI, IL POPOLO DI CUBA,ispirati dall'eroismo e dal patriottismo di coloro che hanno combattuto per una Patria libera, indipendente, sovrana, democratica, di giustizia sociale e di solidarietà umana, forgiata nel sacrificio dei nostri antenati;dagli aborigeni che hanno resistito alla sottomissione;dagli schiavi che si sono ribellati contro i loro padroni;da coloro che hanno risvegliato la coscienza nazionale, l'anelito cubano di patria e libertà;dai patrioti che, a partire dal 1868, hanno iniziato e partecipato alle nostre lotte di indipendenza contro il colonialismo spagnolo e da quelli che nell'ultimo impulso del 1895 hanno avuto la loro vittoria frustrata dall'intervento e dall'occupazione militare dell'imperialismo statunitense nel 1898;da coloro che hanno combattuto per più di cinquant'anni contro il dominio imperialista, la corruzione politica, la mancanza di diritti e di libertà per il popolo, la disoccupazione, lo sfruttamento imposto dai capitalisti, dai proprietari terrieri e da altri mali sociali;da coloro che hanno promosso, integrato e sviluppato le prime organizzazioni di lavoratori, contadini e studenti; che hanno diffuso idee socialiste e fondato i primi movimenti rivoluzionari, marxisti e leninisti;dai componenti l'avanguardia della Generazione del Centenario della nascita di Martí, che nutriti dai loro insegnamenti ci hanno portato alla vittoria popolare rivoluzionaria del gennaio 1959;da coloro che, con il sacrificio della loro vita, hanno difeso la Rivoluzione e hanno contribuito al suo definitivo consolidamento;da coloro che hanno compiuto in massa eroiche missioni internazionaliste;dall'epica resistenza e dall'unità del nostro popolo;

GUIDATI dal pensiero rivoluzionario, antimperialista e marxista cubano, latinoamericano e universale più avanzato, in particolare dal pensiero e dall'esempio di Martí e di Fidel e dalle idee di emancipazione sociale di Marx, Engels e Lenin;

SOSTENUTI dall'internazionalismo proletario, dall'amicizia fraterna, dall'aiuto,dalla cooperazione e dalla solidarietà dei popoli del mondo, in particolare da quelli dell'America Latina e dei Caraibi;

DECISI a portare avanti la Rivoluzione del Moncada, del Granma, della Sierra, della lotta clandestina e di Girón, che sostenuta dal contributo e dall'unità delle principali forze rivoluzionarie e del popolo ha conquistato la piena indipendenza nazionale, ha stabilito il potere rivoluzionario, ha realizzato le trasformazioni democratiche e ha iniziato la costruzione del socialismo;

CONVINTI che Cuba non tornerà mai più al capitalismo come regime basato sullo sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo, e che solo nel socialismo e nel comunismo l'essere umano raggiunga la sua piena dignità;

CONSAPEVOLI che l'unità nazionale e la leadership del Partito Comunista di Cuba, nata dalla volontà unitaria delle organizzazioni che hanno contribuito in modo decisivo al trionfo della Rivoluzione e legittimata dal popolo, costituiscono pilastri fondamentali e garanzie del nostro ordine politico, economico e sociale;

IMMEDESIMATI nei postulati esposti nel concetto di Rivoluzione, espresso dal nostro Comandante in Capo Fidel Castro Ruz il 1° maggio 2000;

DICHIARIAMO la nostra volontà che la legge delle leggi della Repubblica sia presieduta da questo profondo desiderio, finalmente realizzato, di José Martí: "Voglio che la prima legge della nostra Repubblica sia il culto dei cubani alla piena dignità dell'uomo";

ADOTTIAMO con il nostro voto libero e segreto, mediante referendum popolare, a centocinquant'anni dalla nostra prima Costituzione dei Mambí, approvata a Guáimaro il 10 aprile 1869, la seguente:

COSTITUZIONE

venerdì 22 febbraio 2019

Parigi 1940-1944: la Resistenza degli italiani al nazismo

A cura di Guido Fontana

A seguito di "vecchie" conversazioni con il compagno Davide Spagnoli che in passato si era occupato da ricercatore storico della vicenda del gruppo di resistenti italiani del gruppo della "Maison de chimie" parigina e stimolato da un post su Facebook del compagno Jean Pino Frank Castellotti, ho intrapreso una ricerca nel Web.

La ricerca si è rivelata molto fruttuosa, infatti ho trovato una tesi di laurea di Eva Pavone: Parigi 1940-1944: la Resistenza degli italiani al nazismo.

La tesi tratta dell’emigrazione antifascista italiana a Parigi durante la Seconda guerra mondiale, degli antifascisti di estrazione proletaria che presero parte alla lotta al nazifascismo e alla battaglia per liberare la città. L’approccio biografico dell'autrice ha consentito di esplorare la loro militanza nell’ambiente antifascista dei quartieri "rossi" di Parigi e l’impegno fin dalla primissima ora contro i nazisti. La loro integrazione nella società francese matura negli anni Trenta attraverso una forte partecipazione alle lotte sociali e all’associazionismo delle organizzazioni antifasciste. Al momento dell’occupazione militare tedesca, gli italiani furono tra i primi a prendere parte alla Resistenza contro i tedeschi. Alcuni aderirono ai gruppi armati diretti dal partito comunista francese. Altri italiani, organizzati in formazioni autonome, dettero supporto alle azioni dei gruppi armati e parteciparono attivamente nell’agosto del 1944 alla battaglia finale.

L'autrice ha compiuto un buonissimo lavoro che va a colmare una lacuna storiografica anche se bisogna dire che, non  essendo marxista-leninista, c'è qualche "sbavatura".

Consiglio vivamente di salvare sul proprio hard disk questo testo in quanto contiene una miniera di informazioni di difficile reperibilità.

Parigi 1940-1944: la Resistenza degli italiani al nazismo






martedì 19 febbraio 2019

La bufala dei 100.000 fucilati dall’NKVD nell’Ucraina occidentale nel 1941



Di Luca Baldelli


Tra il miliardo di persone sterminate dai senzadio kumunisti sovietici guidati dall'uomo più malvagio della storia, trova posto la narrazione dei 100.000 fucilati nell'Ucraina occidentale nei giorni immediatamente seguenti all'invasione tedesca.

Naturalmente l'incipit è ironico, per la comprensione del significato della parola ironia si veda l'Enciclopedia Trec:cani a questo URL:

Ultima cosa. Da qualche tempo siamo soliti abbinare qualche immagine sia alla presentazione sui social che all'interno, ai nostri articoli, questa volta non lo facciamo per non alimentare, in questo caso si tratterebbe di pornografia dell'orrore, questo feticismo dell'immagine. 

Comunque immagini ce ne sarebbero e si potrebbero ritrovare agevolmente nella rete; riguardano gli innominabili massacri perpetrati in quelle terre dai nazisti e dai loro servi, i nazionalisti ucraini.

La bufala dei 100.000 fucilati dall’NKVD nell’Ucraina occidentale nel 1941

venerdì 15 febbraio 2019

La bufala di Stalin che consegnò i comunisti ad Hitler




DI LUCA BALDELLI

Una delle più grandi bugie diffuse dalla propaganda antisovietica ed antistalinista in particolare, è quella dell’intesa Hitler-Stalin, che sarebbe stata cementata dal patto Ribbentrop-Molotov. Sembra ironia e barzelletta dover spiegare che chi distrusse il nazismo non può esser certo stato alleato di chi lo creò, eppure nel mondo borghese e capitalista succede di tutto, non a caso la droga e le sue intossicazioni sono frutto precipuo di questo mondo.
L’Urss riuscì, con quel patto sopra richiamato, ad ottenere tempo e modo per preparare la difesa contro l’assalto delle orde hitleriane, e questo dopo che le Nazioni occidentali “capitalistico-borghesi” e “liberali” avevano a più riprese rifiutato l’idea staliniana di un’alleanza antinazifascista europea e planetaria, pretendendo che l’Urss schierasse l’Esercito da sola e da sola si sacrificasse per tutti, istigando la Polonia (che tutto era meno che una Nazione pacifica) a sabotare ogni possibile intesa con l’Unione Sovietica, (vedasi qui) consegnando ad Hitler la Cecoslovacchia e la sua sovranità su un piatto d’argento, affinché un domani rivolgesse le sue armate contro il primo Stato mondiale degli operai e dei contadini. Da tutti questi bei pulpiti si è parlato e si parla di “alleanza” fra Hitler e Stalin, si sono inventate e si inventano storielle buone solo per i gonzi, si è cercato e si cerca di inquinare i cervelli e le coscienze. Si è così creata a tavolino la storia dei “protocolli segreti” del Patto Ribbentrop-Molotov, dei quali abbiamo già parlato (rimando al mio saggio: IL PATTO MOLOTOV – RIBBENTROPP. VERO PATTO, FINTI PROTOCOLLIIL PATTO MOLOTOV – RIBBENTROPP. VERO PATTO, FINTI PROTOCOLLI), e si è pure tentato di far passare, con documenti sempre fasulli o scientemente distorti, l’idea di un’intesa tra NKVD e GESTAPO per gestire la partita degli “oppositori”, con le relative deportazioni ed i relativi “trasferimenti” da una Nazione all’altra di personaggi “scomodi” da internare.

Bugie invereconde, costruite su pezzi di carta oscenamente taroccati. Il principale tra essi, riguarda la presunta firma, a Mosca, in data 11 novembre 1938, di un patto tra il capo della GESTAPO (sic!) Heinrich Muller ed il responsabile per l’NKVD (sic!) Stepan Solomonovic Mamulov. Ai sensi di tale intesa, anteriore persino al Patto di non aggressione, i due organi di sicurezza si sarebbero scambiati informazioni su argomenti, persone e movimenti di reciproco interesse, adottando poi adeguate misure di volta in volta stabilite, come la consegna di comunisti tedeschi nelle mani della GESTAPO. Una falsificazione filologicamente maldestra, per chi mastica un po’ di storia e si prende la briga di andare a confrontare fonti e documenti: ora, nel documento la GESTAPO è indicata come “Direzione generale per la sicurezza dello NSDAP (il Partito nazionalsocialista, ndr)”, quando tale denominazione nemmeno esisteva e la GESTAPO era null’altro che la Polizia segreta di Stato (Geheime Staatspolizei), organo dell’apparato statale e non del Partito.

Non solo: Muller, nel giorno 11 novembre 1938, come testimoniano documenti inoppugnabili, si trovava non a Mosca a firmare l’inesistente accordo, ma in Germania a compiere la ricognizione dei danni arrecati dalla Notte dei Cristalli, il pogrom antiebraico al quale non furono estranei agenti provocatori da una parte e dall’altra. Quanto a Mamulov, nel 1938 era responsabile (udite udite!) del Dipartimento agricoltura del VK(b)P della Georgia; solo il 3 gennaio del 1939 avrebbe scalato i vertici della NKVD. Nel 1938, poteva firmare al massimo documenti riguardanti fertilizzanti e capi di bestiame, non certo documenti come quello costruito a tavolino dai falsificatori professionisti. Sulla base di questa patacca, (vedasi Accordo tra Gestapo e NKVD), si è esibito in pompa magna tutto un coro di pseudostorici, memorialisti, personaggi anche con un passato nobile, ma con un presente non altrettanto di…qualità. Tutti impegnati a dimostrare, senza un documento dettagliato che sia uno, senza un elenco di nomi uscito da archivi che si possano definire tali, senza il minimo riscontro, che Hitler e Stalin si sono scambiati prigionieri.

Possiamo certamente annoverare, tra i memorialisti che non ce l’hanno raccontata giusta, Margarete Buber-Neumann (1901- 1989). Ella, nella sua opera Prigioniera di Stalin ed Hitler (tradotto in Italia ed uscito per i tipi de “Il Mulino”, nel 1994) racconta delle sue peripezie e del suo internamento nel lager di Ravensbruck, dopo la sua consegna alla GESTAPO nel 1940, ad opera dell’NKVD. Ebbene, chi era Margarete Buber-Neumann? Attivista comunista sin dall’età di 20 anni, sposata in prime nozze con il figlio del grande filosofo ebreo Martin Buber, divorziò negli anni ’20 risposandosi poi con Heinz Neumann, rampollo di una famiglia borghese e comunista anch’egli.

Nel KPD, Neumann rappresentava l’ala più settaria e dogmatica, impegnata più a sabotare gli sforzi per un vasto fronte antinazista, in nome di un’impossibile autosufficienza, che a combattere l’avvento della peste bruna. Questo atteggiamento, speculare a quello rinunciatario e codardo dei socialtraditori della socialdemocrazia di destra, sarebbe costato molto alla Germania. Fuggiti dalla Germania con l’avvento di Hitler, Margarete Buber (nata Thuring) ed Heinz Neumann ripararono prima in Spagna, poi in Svizzera, quindi, cacciati dalle elvetiche contrade (sempre molto poco solidali con i comunisti e gli antifascisti veri, specie quando non portavano denari nelle banche…), in Unione Sovietica.

Qui Neumann sarebbe stato arrestato nel 1937, condannato a morte e giustiziato, mentre la sua compagna sarebbe stata deportata in un Gulag presso Karaganda (Kazakhstan). Questo, stando ai racconti ufficiali, poiché abbiamo visto, ad esempio per l’italiano Guarnaschelli, (Roma a Mosca: lo spionaggio fascista in URSS e il caso Guarnaschelli di Giorgio Fabre), che la fucilazione data per certa in alcuni documenti non ci fu mai, essendo il rifugiato in questione deceduto di morte naturale. Ad ogni modo, dando per buone le risultanze delle quali disponiamo, Neumann tutto fu meno che un perseguitato: nel 1932, dopo che l’Internazionale comunista aveva già condannato il suo gruppo di accoliti come settario e lontano da ogni applicazione delle direttive generali, Kaganovic scrisse a Stalin riguardo alle diversioni di questa schiera, ma il Piccolo Padre, comunque, ricercò pazientemente il dialogo anche con il Bordiga tedesco, incontrandolo a Soci nell’estate di quell’anno (vedasi lettera di Kaganovich a Stalin). Fu un dialogo tra sordi, ma nessuno può dire che, da parte di Stalin, non vi fu buona disposizione ad ascoltare le ragioni altrui. Il fatto è che Neumann, che era ostile in maniera viscerale al grande combattente antifascista e vera guida dei comunisti tedeschi, Ernest Thalmann, non sentì ragioni e proseguì sul suo sentiero distruttivo.
Ernest Thalmann
Nel 1934, stabilitosi a Mosca, cercò in ogni modo di seminare zizzania nel gruppo dirigente bolscevico ed in quello dell’Internazionale, attirandosi strali e sospetti che, poi, sfociarono nel suo arresto e nella sua eliminazione, nel 1938. Ora, rispetto alla “purga” del 1937/38, molto si è scritto, ed è sempre più chiaro che, in gran parte, fu un’azione efficace nell’eliminare quinte colonne e sabotatori, non fece milioni di morti, fu strumentalizzata, in alcuni casi, da settori trockisti, zinovevisti e bukhariniani per infangare Stalin e creare malcontento. Non a caso, poi l’implacabile giustizia sovietica colpì chi si era fatto scudo con l’esigenza di ripulire il Paese dalle spie e dai criminali per consumare vendette o per destabilizzare il sistema. Non sappiamo molto della sorte di Neumann e della fondatezza dei capi d’accusa su di lui pendenti, ma certamente con i suoi comportamenti e con la sua contiguità ad ambienti e gruppi che sotto sotto simpatizzavano per l’Asse, quando non lo facevano in maniera aperta (si veda l’atteggiamento tenuto da Bordiga, e lo si veda in una fonte al di sopra di ogni sospetto: https://www.avvenire.it/agora/pagine/bordiga- ) non gli giovò di certo.
Amadeo Bordiga

La sua compagna Margarete è un altro enigma, da questo punto di vista: ella ha raccontato di essere stata deportata dall’NKVD e di esser stata poi consegnata alla GESTAPO. Ora, a parte che se fosse stata davvero scomoda e se i Gulag fossero stati quelli che ha raccontati, certamente non sarebbe sopravvissuta, c’è anche da chiedersi per quale motivo reale fu consegnata alla Germania. Stalin protesse tutti i comunisti tedeschi riparati in Urss, altro che consegne e patti con la GESTAPO!

Questa è la storia e riguarda, direttamente o indirettamente, tra gli altri, Misha Wolf e Walter Ulbricht, due nomi non proprio secondari nel panorama comunista tedesco… Abbiamo però notizia di comunisti tedeschi che, invischiati a torto o a ragione in trame eversive nel 1937/38, presi di mira dalla NKVD (alcuni erano spie ed infiltrati fascisti sul serio, come testimoniano anche vicende di italiani chiarite dai documenti desecretati), chiesero ad un certo punto di essere rimpatriati. Ne fa fede un documento, nel quale due comunisti tedeschi, sui quali aleggia ben più che il sospetto di essere state spie naziste, chiesero la protezione dell’ambasciata tedesca per venir rimpatriati senza scontare le pene irrogate dalla giustizia sovietica. I loro nomi: Fritz Baltes e Fritz Vinter. Nessuno di loro, rimpatriato, avrebbe fatto un giorno di lager. Strana storia, per dei comunisti nella Germania di Hitler…

Potevano mancare gli "orrori" di Stalin?

Sulla Buber-Neumann, non possiamo dire altrettanto. Non vi sono prove di una sua attività a favore della GESTAPO, ma certamente vi sono elementi inquietanti: costei venne rimpatriata e, nel lager, diventò la segretaria particolare della SS Johanna Langefeld, supervisora di ben tre campi di concentramento (Auschwitz, Ravensbruck, Lichtenburg) e svolse servizi per la multinazionale Siemens, legata a doppio filo con il sistema militare-industriale del Reich. Un curriculum un po’ particolare, per una pericolosa comunista… Una comunista che sopravvive ed ottiene anzi incarichi, mentre attorno a sé le donne antifasciste e comuniste più pericolose e combattive cadono sotto ai colpi delle SS e delle malattie endemiche nel sistema concentrazionario (vedasi Buber-Neumann, Margarita e il libro della Buber-Neumann summenzionato): non solo la sua vecchia protettrice, la SS sadica e cinica Lagenfeld, la va a trovare e le racconta particolari e vicissitudini legati al lager, nel quale Grete aveva anche avuto un ruolo nel selezionare prigionieri ed era pure stata punita, successivamente, per vendetta, quando l’astro della Lagenfeld era declinato (vedasi Il cielo sopra l’inferno), ma la Buber-Neumann stessa, in prima persona, prende parte a tutte le crociate anticomuniste ed antisovietiche più chiassose, dal processo Kravchenko (sul quale ci soffermeremo in futuro), trionfo delle bufale antisovietiche sull’holodomor ed altre nefandezze inventate, alla militanza nel Congresso o Associazione per la libertà della cultura, creatura della CIA, come bene ha dimostrato uno studio condotto da Frances Stonor Saunders, La guerra fredda culturale



Ad ogni passo, l’ombra delle centrali anticomuniste, dei centri bellicisti antisovietici, va di pari passo con Margerete Buber-Neumann. Colei che ha diffuso, se non per prima in assoluto, per prima con maggiore evidenza, forza e capacità di penetrazione mediatica, il mito dell’accordo tra NKVD e GESTAPO, dello scambio di prigionieri tra Hitler e Stalin. Proprio lei, che nel lager era segretaria di quello zuccherino di Johanna.



lunedì 11 febbraio 2019

Cosa sta succedendo in Russia?


Di Davide Spagnoli




Penso che la cosa migliore per la presentazione di questi materiali sia lasciare la parola al traduttore dal russo: il compagno Davide Spagnoli. Questo è il testo della mail di accompagnamento all’invio degli 11 file. In calce alla sintetica descrizione di ogni file troverete il link per leggerne la traduzione:

Il senso di queste traduzioni non è solo dare conto di quanto sta accadendo in Russia, ma è anche quello di cercare di dimostrare che la politica di Putin è spesso determinata dal PCFR nel senso che Putin cerca di scavalcare a sinistra il Partito Comunista per fargli sfondare delle porte aperte. Un esempio è la “Legge sulla pianificazione strategica” – che non trovi tra le traduzioni perché è lunga 55 pagine in A4 e mi ci vorrà ancora un po’ di tempo, e sarà la traduzione 00 – fortemente voluta dai comunisti sulla quale Putin ha messo il cappello. Ma di esempi ce ne sono molti altri. 
Inizio con il Programma del PCFR (ti accludo anche il logo del Programma che ho scaricato dal sito del Partito) che mi sembra piuttosto interessante anche su alcuni punti ideologici avrei qualcosa da ridire, quando cioè loro dicono che con il socialismo finirà lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo; ma mi sembra un gran bel programma e certamente non di nostalgici ma di gente proiettata nel futuro. Il Programma del Partito non porta data… 
Programma del PCF 
Proseguo con un interessante articolo del 2016 di un ebreo anticomunista – Khaldei – che spiega dettagliando e documentando perché Putin non può fare nulla di diverso che costruire il socialismo, di quale tipo – sovietico o svedese, ne discutono su twitter gli analisti russi – si vedrà.
Putin sta costruendo il socialismo 
il terzo articolo, sempre di un anticomunista, pubblicato anno scorso continua ancora sulla falsariga del socialismo in costruzione in Russia.
In Russia si sta costruendo una nuova versione del socialismo
Il quarto articolo riguarda il dato statistico del Levada Center – agenzia statistica russa – che proprio recentemente ha certificato come il 66% dei russi vuole il ritorno all’URSS e al socialismo.
I russi vogliono il socialismo
Il quinto articolo spiega, naturalmente da un punto di vista anticomunista, perché Putin è per la socializzazione – capitalismo monopolistico di Stato – e non per il socialismo.
Perché Putin è per la socializzazione e non per il socialismo 
Nel sesto articolo Yuri Afonin, dirigente del PCFR, spiega perché i russi vogliono il ritorno al socialismo.
Yuri Afonin
Nel settimo pezzo Zyuganov celebra l’invio del 76° convoglio umanitario in Donbass da parte del PCFR. Naturalmente Zyuganov tratta anche molti altri temi di politica estera e interna, ponendo l’accento sul contropotere economico che i comunisti russi stanno già costituendo in Russia, e il Sovkhoz Lenin ne è un esempio, e di come il punto di forza dei comunisti russi sia oggi l’agricoltura e l’industria agro-alimentare.
Zyuganov, aiuti al Donbass
Verso il Natale dell’anno scorso Putin e Zyuganov hanno avuto un incontro ufficiale; oltre al resoconto stenografico di una parte di quello che si sono detti che si trova nella traduzione n° 8,
Incontro Putin/Zyuganov
nella traduzione n° 9 sono tradotti i 10 punti del PCFR che Zyuganov ha presentato a Putin durante l’incontro.
10 punti del PCFR
La decima traduzione riguarda un incontro di Putin con gli oligarchi avvenuto dopo l’incontro con Zyuganov e se ci fai caso nelle parole di Putin si legge chiaramente il segno lasciato da quanto aveva illustrato Zyuganov in precedenza.
Putin/oligarchi
L’ultima traduzione, la n°11 riguarda la richiesta di Putin per una nuova alleanza economica.
Nuova alleanza economica 
Lo so, il tutto è abbastanza lungo ma credo non ci sia altra maniera per cercare di capire costa sta avvenendo in Russia.