venerdì 22 novembre 2013

Contro il soggettivismo nelle scienze naturali

REDAZIONE NOICOMUNISTI

A cura della redazione di Noicomunisti e del gruppo Marxismo-Leninismo Forum Free(Hanno collaborato i compagni Elia Ansaloni, Danila Cucurnia, Simone Donnini, Guido Fontana, Davide Spagnoli, Andrej Zdanov ora Francesco Alarico della Scala su Facebook aka D. R.)
Perché pubblichiamo questo “vecchio” articolo di Jurji Zdanov?(vedere più sotto la biografia di questo compagno sovietico)


Essenzialmente per 2 motivi:


1) Testimonia la profonda e a tratti drammatica dialettica sviluppatasi all'interno della comunità scientifica sovietica: due vere e proprie weltanschaung (visione del mondo) contrapposte

2) Rende manifesto l'indissolubile legame del marxismo con il pensiero scientifico attraverso il materialismo dialettico.

Questo articolo si compone di:



  • Note sintetiche sul materialismo dialettico
  • Biografia di Jurij Zdanov
  • Introduzione e inquadramento dello scritto di Jurij Zdanov
  • Scritto di Jurij Zdanov



Breviario minimo di materialismo dialettico


(a cura di Guido Fontana)



Cos'è il materialismo dialettico?



Il materialismo dialettico è innanzitutto un metodo.

Un metodo? E per fare cosa?

Un metodo per interpretare la natura e il mondo e per fare qualcosa di più...

Qualcosa di più?
Sì, agire (intendiamoci sul termine di agire: attraverso la scienza comprendiamo le leggi della natura da cui possiamo ricavarne delle predizioni statisticamente valide cui possiamo conformare il nostro agire) sulla natura, nel mondo, per cambiare la società umana e attraverso di essa l'uomo.

Bene, ma cosa significa materialismo?

Materialismo è un orientamento della filosofia (la filosofia essenzialmente è un tentativo di dare una spiegazione ai problemi più generali dell'universo, per quelli meno generali vi è la scienza).
Il materialismo è la spiegazione scientifica dell'universo.

Vi è un altro orientamento filosofico alternativo al materialismo?

Sì, è l'idealismo.
Quando gli uomini cominciarono a interrogarsi sull'esistente si trovarono di fronte al fatto che esistono cose che possiamo toccare e realtà che non possiamo toccare: i nostri pensieri, le nostre emozioni, insomma “materia” e “spirito”.

Cos'è lo “spirito”?

Lo “spirito” o il “pensiero” sono il risultato dell'interazione con noi degli oggetti materiali attraverso le sensazioni (il fuoco brucia, l'acqua bagna...) e delle idee che non ci vengono da oggetti materiali (l'idea di bene, quella di male, l'dea di Dio, l'idea dell'infinito...)

E la “materia”?

La “materia” è ciò che le nostre percezioni ci mostrano e ci presentano, in pratica è quello che ci circonda, che è esterno a noi, che è altro da noi.
Quale di questi due elementi prevale? Lo “spirito” o la “materia”? O anche lo “spirito o pensiero” oppure “l'essere”? O ancora, la “volontà” o la “possibilità”?
Se pensiamo che a prevalere debba essere il pensiero siamo “idealisti”, se invece a prevalere è l'”essere” allora siamo “materialisti”.
Siamo idealisti se al problema del rapporto fra materia e pensiero diamo una risposta NON scientifica, se invece diamo una risposta scientifica siamo materialisti.

Ma prima non si è parlato di “materialismo dialettico”? “dialettico” che cosa vuol dire?

Dialettica deriva dal greco dialego, che significa conversare, pole­mizzare. Nell'antichità classica (con il termine classico ci si riferisce alla cultura greca e in filosofia al pensiero di 3 grandi pensatori come Socrate, Platone e Aristotele) era un metodo per raggiungere la “verità” attraverso un dialogo fra 2 concezioni contrapposte, cercando di far emergere le contraddizioni nelle tesi dell'altro.
Nel caso di “materialismo dialettico” invece si indica il metodo scientifico di indagare l'esistente tenendo presente che i fenomeni naturali sono perpetuamente in moto e sono il risultato dell'interazione di forze contrapposte.

Non c'è anche un'altra specificazione di materialismo? Cos'è il materialismo storico?

Il materialismo storico non è null'altro che l'applicazione del metodo del materialismo dialettico all'ambito sociale e storico.

Questo metodo ha permesso di scoprire qualcosa di nuovo nella storia?

Sì. La scoperta è che il motore della storia è la lotta di classe.

Ma allora non è vero che gli uomini agiscono perché sono spinti da idee?

Sì, ma bisogna considerare da dove provengano queste idee.

Da dove?

Queste idee provengono dalle loro condizioni materiali di esistenza.

Queste condizioni materiali di esistenza da cosa sono determinate?

Le condizioni materiali sono determinate dall'appartenenza di classe.
Si può prendere in considerazione una quantità di classi, ma sono 2 ad essere principalmente in lotta: borghesia e proletariato.
Quindi alla base delle idee vi è l'appartenenza di classe.

Molto bene, ma tutto questo discorso alla fine cosa c'entra con la pubblicazione dell'articolo di Jurij Zdanov? 

Come sarà spiegato più dettagliatamente, in un altro testo nel prosieguo del presente articolo, in URSS negli anni '30, si assiste a un particolare sviluppo dell'epistemologia (una branca della filosofia che si occupa di indagare quali sono le condizioni che determinano la conoscenza e quali sono i metodi che permettono di raggiungerla).
Questo particolare sviluppo arrivò a sostenere che anche il contenuto della ricerca scientifica dovesse avere un contenuto di classe. Infatti, se in matematica ammettiamo che, 2+2=4, cambia il risultato se a fare questa addizione è un proletario o un borghese?

Per chi voglia approfondire:







e cercare una qualsiasi edizione di Materialismo ed empiriocriticismo di Lenin...

e come accenno all'indissolubile legame fra marxismo e scienza, i Padri del marxismo si occupavano anche di matematica e di fisica

http://www.fisicamente.net/SCI_FIL/index-682.htm




NOTA BIOGRAFICA 

(a cura di Andreij Zdanov ora Francesco Alarico della Scala aka D. R.)


Jurij Andreevič Zdanov, figlio del noto dirigente del partito e dello Stato sovietico A.A. Zdanov, nacque a Tver il 20 agosto 1919. Laureatosi in chimica all'Università statale di Mosca nel 1941, prestò servizio militare nell'Esercito Rosso per tutta la durata della grande guerra patriottica. Dal 1945 lavorò come assistente presso l’Università statale di Mosca e nel 1947 fu cooptato nel Comitato Centrale del P.C.(b). Nel 1948, ottenuto il titolo di Dottore in scienze filosofiche con una tesi su «Il concetto di omologia in chimica organica», rivolse dure critiche all'indirizzo della teoria biologica di T.D. Lysenko nel suo discorso del 10 aprile sulle «Questioni del darwinismo contemporaneo». Tuttavia, la sessione estiva della VASCHNIL (L'Accademia Lenin delle scienze agrarie dell'URSS) confermò il supporto del partito alla tendenza mičuriniana(Tendenza neolamarckista della biologia sovietica, guidata da Lysenko e qui. Prende il nome da Mičurin, scienziato sovietico che aveva contestato le conclusioni della genetica mendeliana e al quale Lysenko si ispirava), facente capo a Lysenko, e Jurij, sottostando alla disciplina di partito, fece autocritica («Pravda», 7 agosto 1948). Malgrado questo evento, seguito pochi giorni dopo dalla morte del padre, l’ascesa di Jurij Zdanov continuava. Nell'aprile 1949 sposò la figlia di Stalin, Svetlana Allilueva, dalla quale ebbe una figlia, Ekaterina; il matrimonio durò fino al 1952. Il 28 settembre 1949, poco dopo il centenario della nascita dell’accademico I.P. Pavlov, Jurij Zdanov propose a Stalin di generalizzare l’eredità teorica del grande scienziato materialista e di criticare i rappresentanti delle correnti soggettiviste; questo obiettivo fu conseguito con la sessione congiunta dell’Accademia delle Scienze dell’URSS e dell’Accademia delle Scienze mediche dell’URSS nell'estate del 1950. Espulso dal CC del partito nel 1953, dopo la morte di Stalin, Jurij fu rettore dell’Università statale di Rostov (intestata a M. Suslov nel 1982) dal 1957 al 1988. In questo periodo egli si dedicò prevalentemente all'attività scientifica, proseguendo al contempo la collaborazione con il CC del partito e ricoprendo incarichi politici minori, occupandosi soprattutto dei problemi dell’educazione. Nel 1983 ricevette il premio di Stato dell’URSS per la sua opera sulla «Creazione di un modello matematico di simulazione dell’ecosistema del Mar d’Azov». Negli anni della Perestroika Jurij Zdanov si impegnò attivamente nella difesa del socialismo e della sua storia dagli attacchi dei gorbacioviani, polemizzando in particolare con il loro ideologo J. Karjakin. Dopo il crollo dell’URSS, lavorò come scienziato fino alla morte, sopraggiunta il 19 dicembre 2006.



Introduzione

(a cura di Andreij Zdanov ora Francesco Alarico della Scala aka D. R. in collaborazione con Davide Spagnoli)

Perché ripubblicare oggi un articolo di Jurij Zdanov, scritto oltre cinquant'anni fa?




In effetti, secondo un’opinione ormai consolidata, la ricerca scientifica è un continuo processo di sviluppo, dove il nuovo prende il posto del vecchio. Da questa giusta idea di fondo si potrebbe dedurre che i suoi contenuti siano ormai stati superati dallo sviluppo della scienza, visto che l’articolo che pubblichiamo tratta di questioni connesse con le scienze naturali e che esso è cronologicamente «vecchio».
Questa errata deduzione non è neppure nuova, già da oltre un secolo gli avversari ideologici del materialismo dialettico asseriscono che le scienze naturali moderne, la teoria della relatività e la meccanica quantistica in particolare, confuterebbero gli assunti del marxismo. Nel 1908 Lenin scrisse un intero libro, Materialismo ed empiriocriticismo, per controbattere questa tesi.

Tuttavia – ci dicono i nostri avversari – anche l’opera di Lenin è invecchiata, oggi la scienza ha raggiunto nuove vette e non è più possibile impostare i problemi alla maniera di Lenin.

No, «la questione rimane proprio come Lenin la pose nel 1908» (E.V. Il’enkov, La dialettica leninista e la metafisica del positivismo, Izdatel’stvo politicheskojj literatury, 1980, p. 6).
A nostro avviso, infatti, non si tratta di difendere le vecchie forme del materialismo premarxista, che traeva i propri concetti dalla meccanica classica e che perciò è detto, appunto, materialismo meccanicistico.

Dalla fisica macroscopica si sapeva che la materia è tutto ciò che occupa uno spazio ed ha una massa; questo concetto, proprio di una specifica scienza naturale, veniva elevato dai materialisti alla dignità di concetto filosofico e ontologico universale: la materia è solo quella che corrisponde alla definizione datane dai fisici.


Di fronte a tesi del genere, i rappresentanti dell’idealismo filosofico ebbero buon gioco, durante la crisi della fisica d’inizio Novecento, a proclamare che «la materia è scomparsa»: le nuove teorie fisiche misero in crisi i concetti, prima ritenuti più che mai solidi, della fisica precedente e affossarono così anche quelle vecchie forme del materialismo.


Completamente diversa ed opposta è stata la sorte del materialismo dialettico. I suoi teorici furono sempre molto attenti a distinguere il concetto di materia proprio delle specifiche scienze naturali da quello filosofico e ontologico. Nel definire che cos'è la materia, dal punto di vista della filosofia, noi dobbiamo prendere in esame i risultati di tutte le scienze positive – considerate nel loro sviluppo storico – ed astrarne una definizione comune, una definizione che descriva la forma fondamentale semplice della materia. Mediante questo procedimento, si pervenne al seguente concetto: la materia è ciò che esiste indipendentemente dalla nostra coscienza e che si riflette in essa. In questo modo, prendendo atto del carattere storico e relativo di ogni concetto desunto da una scienza positiva particolare e in un dato momento storico, il materialismo dialettico si pose al riparo dalle tempeste della crisi della fisica che avevano distrutto le altre forme del materialismo.

Ma sarebbe un grave errore mettersi a dormire sugli allori e credere di essersi premuniti per l’eternità contro gli attacchi dei nemici ideologici. Fin da subito essi hanno svolto un solerte lavoro atto a dimostrare l’inconsistenza fattuale del concetto di materia, a «dimostrare» che quella che ci mostrano le sensazioni non è una realtà oggettiva, ma una realtà modificata dall'osservatore. In funzione di questo proposito si è più volte tentato di travisare le teorie fisiche che implicano un ruolo attivo del soggetto nell'osservazione, vale a dire la teoria della relatività di Einstein e il principio d’indeterminazione di Heisenberg; per brevità ci occuperemo ora solo della prima.




Secondo la teoria della relatività un corpo in moto dalla velocità vicina a quella della luce ha una determinata lunghezza dal punto di vista di un osservatore che si muove insieme ad esso, e ne ha un’altra rispetto a un osservatore in quiete. Dunque, la lunghezza viene percepita in modo diverso da osservatori diversi; e ciò vale non soltanto per la lunghezza del corpo in movimento, ma anche per la traiettoria, la massa, la durata, ecc. Gli esponenti dell’idealismo soggettivo interpretarono tutto ciò come una conferma della loro tesi, secondo cui il soggetto (l’osservatore umano) modifica in qualche modo l’oggetto osservato o almeno ne ha un’immagine distorta dalla propria attività. Perfino lo stesso Einstein, come mostra la citazione riportata da J. Zdanov, giungeva a conclusioni del genere. In realtà, questa interpretazione è viziata da una confusione di fondo tra i concetti di «relativo» e di «soggettivo» e tra quelli, ad essi complementari, di «assoluto» e di «oggettivo». La soggettività attiene alla coscienza umana. Ora, nell'esempio sopracitato, l’intervento della coscienza non è affatto necessario, poiché la relatività delle determinazioni (massa, lunghezza, traiettoria, durata, ecc.) non è legata alla presenza di diversi osservatori umani, ma di diversi sistemi di riferimento; le determinazioni risulterebbero diverse in rapporto a diversi sistemi di riferimento, indipendentemente dalla presenza di soggetti umani che «si trovino presso di questi». Questa considerazione, la cui paternità appartiene al matematico sovietico A.D. Aleksandrov (Matematico sovietico che contribuì a confutare le obiezioni dei filosofi Maksimov e Kuznetsov alla teoria della relatività, mostrando la compatibilità di quest'ultima col materialismo dialettico.), ci consente di confutare la tesi degli idealisti soggettivi e di difendere il materialismo dialettico, ammettendo ad un tempo la relatività degli enti materiali e la loro oggettività.

Questo è uno dei numerosi esempi delle schermaglie che si combattevano (e che tuttora si combattono, seppur in sordina) attorno ai più moderni risultati delle scienze positive e alla loro interpretazione filosofica. J. Zdanov, celebre chimico ed esponente del materialismo dialettico, si impegna in parecchi di questi scontri, seguendo però un filo conduttore unico: la presa d’atto del fatto che l’umanità associata non è un passivo osservatore del mondo esterno, bensì ne fa essa stessa parte; che la ricerca scientifica è un processo di natura complessa e contraddittoria, un lungo cammino in cui ad ogni passo ci s’imbatte nei limiti storici della conoscenza umana e dei suoi strumenti, limiti che verranno sormontati nel prosieguo dello sviluppo storico; che, da ultimo, non è scientificamente corretto lasciarsi intimorire da questi limiti, assolutizzarli e ricavarne deduzioni generali sull'«inconoscibilità» o sulla «soggettività» degli elementi studiati.



Lo scritto di J. Zdanov presenta anche una seconda peculiarità: è completamente permeato dallo spirito di partito, che ad alcuni potrebbe parere il vetusto relitto di un’epoca ormai tramontata e, perfino, una diavoleria «totalitaria» e limitatrice della libertà di ricerca. In realtà, il carattere di partito nella filosofia e nella cultura in genere è determinato dal fatto che, in una società di classi antagoniste come la nostra, ogni concezione filosofica, gnoseologica, ecc. reca un marchio di classe, è in qualche modo influenzata dalla lotta di classe e dal suo riflesso ideologico. A rigor di logica, non è possibile sottrarsi alla partiticità; ci si può tutt'al più illudere di essersi posti al di sopra delle parti in lotta e di essere neutrali. Lo scienziato, come pure qualsiasi persona, che è conscio del carattere di classe delle proprie convinzioni e lo proclama apertamente, si distingue dal (falso) super partes proprio per la sua libertà, poiché, con buona pace dei «liberi pensatori» oggi così di moda, la libertà non consiste nel credere in un’illusoria «indipendenza dalla lotta di classe», ma nella presa di coscienza di questa lotta e nella consapevole partecipazione al suo svolgimento sul fronte ideologico.

Resta da chiarire ancora una questione: quale rapporto intercorre tra le scienze naturali e il principio della partiticità, tra una ricerca scientifica ritenuta obiettiva e il carattere di parte della coscienza sociale? Il terreno sul quale i muoviamo è abbastanza infiammabile perché i nostri avversari possano accendere un fuoco di paglia attorno al cosiddetto «caso Lysenko». Lysenko – ci dicono – asseriva che la sua biologia aveva un carattere di classe proletario, mentre quella morganiana era una scienza borghese; dunque, in linea con questo ragionamento, per un borghese 2 + 2 fa 4 e per un proletario fa 5? Tratteremo brevemente la questione sia dal punto di vista storico che da quello ideologico, facendo luce sul «caso Lysenko» ed esponendo la tesi marxista sul problema che c’interessa.



Lysenko e i suoi seguaci, effettivamente, sostenevano il carattere di classe del contenuto della scienza, ma i nostri nemici hanno poco da cantar vittoria in proposito. Innanzi tutto, si trattava di una tesi condivisa anche dai seguaci della genetica mendeliana. «Sappiamo bene che tutta la scienza è scienza di classe», dichiarava l’insigne genetista N.P. Dubinin alla Conferenza sulla genetica e la selezione organizzata dalla rivista «Sotto la bandiera del marxismo» nell'ottobre 1939 (citato in M. Polanyi, La logica della libertà, Rubbettino Editore, 2002, p. 179). Del carattere, corretto o meno, di questa tesi accenneremo dopo. Per ora basti dire che essa dominò i dibattiti scientifici negli anni ’30, nei quali il partito bolscevico non era granché coinvolto, sebbene appoggiasse la tendenza micuriniana, ovvero quella che sortiva i migliori risultati nella pratica e consentiva di incrementare la produzione agricola. La situazione nell'estate del 1948, quando si tenne la sessione dell’Accademia Lenin di Scienze Agricole dell’URSS (VASHNIL), era profondamente mutata: il governo sovietico aveva stanziato maggiori investimenti per lo sviluppo della scienza, anche per sopperire alle esigenze create dalla guerra fredda, e il partito interveniva direttamente nelle discussioni scientifiche, come quella sulla filosofia del 1947 o quella sulla linguistica del 1950, cui presero parte rispettivamente Andrei Zdanov e Stalin. Quest’ultimo non intervenne direttamente nel dibattito sulla biologia, ma lesse il rapporto che Lysenko avrebbe poi pronunciato alla sessione e vi apportò parecchie correzioni manoscritte: l’intera seconda sezione del rapporto, intitolata «La falsa base della biologia borghese», fu tagliata; ovunque gli aggettivi «borghese» e «proletaria», riferiti alla scienza e alla concezione del mondo, furono espunti e sostituiti con altre parole («idealista», «reazionaria», ecc.); laddove Lysenko aveva scritto che «ogni scienza ha una base di classe», Stalin annotò: «Ah, ah, ah […] e la matematica? E Darwin?». Si intuisce facilmente, specie da quest’ultimo beffardo commento, quale fosse l’opinione di Stalin in merito al «carattere di classe del contenuto della scienza».


I fatti sopra illustrati sono ammessi e documentati anche da fonti antisovietiche (cfr., per es., Žores-Roy Medevedev, Stalin sconosciuto, Feltrinelli, 2006, p. 216). D'altronde, anche leggendo l’opera di Stalin sulla linguistica, si nota come la sua prospettiva non sia affatto quella manichea sostenuta da Lysenko prima del 1948, e come le sue tesi sulla lingua possano in una certa misura applicarsi anche alla scienza; «gli strumenti della produzione, al pari della lingua, manifestano una specie di indifferenza verso le classi e possono servire egualmente le differenti classi della società, sia vecchie che nuove», scrive Stalin (Il marxismo e la linguistica, Edizioni Rinascita, 1952, p. 47).

Le scienze naturali si presentano ai nostri occhi in una forma duplice: come forza produttiva della società e come parte della coscienza sociale. Osservate sotto il primo aspetto, considerandole cioè come cognizioni che sono d’aiuto all'uomo nell'attività produttiva, esse sono del tutto avulse dall'influenza della lotta di classe e possono servire ad entrambe le classi in lotta. Ma se le analizziamo in quanto elementi della coscienza sociale, come conoscenze che si inquadrano in una data concezione del mondo, dalle quali si traggono determinate deduzioni e attraverso le quali si sostengono determinate tesi estranee al campo delle scienze naturali stesse, la situazione è del tutto differente, come dimostra anche la nostra esposizione del dibattito attorno alle conseguenze della teoria della relatività. Le nozioni scientifiche che l’uomo assimila vengono inevitabilmente a contatto con tutta una serie di idee direttamente influenzate dalle dinamiche di classe, per esempio le idee religiose, i sistemi filosofici, ecc., che le influenzano e ne sono a loro volta influenzate. Di questi fatti è assai difficile dubitare, alla luce di riscontri particolarmente espliciti, come il tentativo, compiuto da papa Pio XII nel suo discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze del 22 novembre 1951, di «dimostrare» l’esistenza di Dio servendosi della teoria del Big Bang.

Da ultimo, è opportuno segnalare anche le deformazioni che l’influsso della lotta di classe ingenera nella forma dello sviluppo scientifico. A tutti è noto che il ramo più sviluppato della tecnologia nei paesi capitalistici è quello militare, a scapito di altri settori più utili alla vita della società; la stessa rete Internet nacque originariamente come un sistema di difesa e controspionaggio messo a punto dagli USA in vista di un eventuale «riscaldamento» della guerra fredda. In questo ed altri fatti non si può non vedere l’influenza degli interessi dell’imperialismo – i quali non possono essere soddisfatti in un clima perpetuamente pacifico – che hanno artificialmente concentrato la ricerca scientifica nel settore militare, dirottandovi massicci investimenti.

E’ proprio alle tematiche che abbiamo brevemente accennato, usualmente messe in ombra dall'ideologia borghese, che Jurij Zdanov ed altri autori sovietici ci insegnano a prestar attenzione. Si tratta non di argomenti storici, ormai superati e senza un valore per il presente, bensì di fenomeni permanenti della vita spirituale della società antagonistica, che meritano dunque da parte nostra un’attenta disamina con lo sguardo rivolto al futuro non meno che al passato.

Da «Problemas», n. 47, luglio 1953:


Contro il soggettivismo nelle scienze naturali

Jurij Zdanov

(traduzione dal portoghese a cura di Elia Ansaloni)

L’opera di I. V. Stalin, Problemi economici del socialismo nell’U.R.S.S., è di considerevole importanza nello sviluppo della scienza materialista d’avanguardia, per la lotta contro le varie manifestazioni di punti di vista non scientifici, idealistici, tanto nelle scienze naturali quanto nelle scienze sociali.
Stalin mostra infatti, nella sua opera, l’errore della posizione di certi economisti che negavano il carattere oggettivo delle leggi scientifiche e si proponevano di presentare le cose come se le leggi della scienza potessero essere abolite o trasformate dalla volontà umana. Tali punti di vista conducono direttamente al labirinto dell’idealismo soggettivo. Stalin, criticandoli, sottolinea in questi termini la posizione di principio della teoria marxista:
“Il marxismo intende le leggi della scienza, — si tratti di leggi delle scienze naturali o di leggi dell’economia politica, — come un riflesso di processi obiettivi che si svolgono indipendentemente dalla volontà degli uomini. Gli uomini possono scoprire queste leggi, conoscerle, studiarle, tenerne conto nelle loro azioni, utilizzarle negli interessi delle società, ma non possono cambiarle o abolirle. Tanto meno essi possono formare o creare nuove leggi della scienza”.
Questa profonda definizione rappresenta, in una forma chiara e concisa, la conclusione essenziale che si può ricavare dallo sviluppo della scienza. Essa sottolinea che i fenomeni naturali e sociali sono governati da leggi; mette in evidenza il carattere obiettivo delle leggi scientifiche e la conoscibilità di queste leggi; è diretta contro la contemplazione passiva delle leggi, contro la loro trasformazione in feticci. Allo stesso tempo, Stalin sferra un colpo notevole contro tutte le manifestazioni di soggettivismo nazionale nella scienza.

* * *

I grandi fondatori della scienza marxista-leninista difesero e svilupparono, nel corso delle decadi, questa concezione del carattere delle leggi scientifiche e smascherarono gli idealisti di ogni risma. Ora, una delle forme nelle quali si manifesta la concezione idealista del mondo è il soggettivismo nella scienza, lo sforzo per privare le leggi della natura e della società del loro contenuto oggettivo, per sostituire il metodo scientifico oggettivo delle conoscenza con un metodo soggettivo qualsiasi.
Un esempio classico di lotta contro i punti di vista soggettivi nella scienza è il modo con cui Lenin e Stalin smascherarono i liberali narodniki, i socialisti-rivoluzionari, gli anarchici, gli empiriocriticisti. I narodniki, con il loro capo Mikhailovskij, negavano, come si sa, che i metodi oggettivi fossero applicabili allo studio dei fenomeni della vita sociale. Distaccavano i fenomeni sociali dall'insieme dei “processi storici naturali” ed esigevano la creazione di un metodo particolare, un “metodo soggettivo in sociologia”. Questo metodo avrebbe considerato i fenomeni storici dal punto di vista delle idee e degli obiettivi dell’uomo, dei suoi desideri, dei suoi sentimenti, delle sue aspirazioni. Con questo, i narodniki eludevano la questione di sapere da dove vengono le idee e gli obiettivi sociali, manifestavano una totale incomprensione del carattere determinante della posizione sociale degli uomini in relazione ai loro sentimenti, ai loro pensieri e desideri. Mostrando l’errore di questo punto di vista, Lenin scrisse:
Charles Darwin
“Come Darwin mise fine alla concezione secondo la quale le specie animali e quelle vegetali non avevano nessun legame tra loro, erano prodotti del caso, «creazioni di dio», ed erano immutabili, — e per la prima volta portò la biologia su un terreno del tutto scientifico, stabilendo la variabilità delle specie e la loro successione, — così Marx mise termine alla concezione che considerava la società come un aggregato meccanico di individui, che ammette cambiamenti di tutti i generi secondo la volontà di chi ne è a capo (o, ciò che è lo stesso, secondo la volontà della società e del governo), sorge e si trasforma accidentalmente, e per la prima volta portò la sociologia su un terreno scientifico, stabilendo il concerto di formazione economico-sociale come complesso di determinati rapporti di produzione e stabilendo che lo sviluppo di queste formazioni è un processo storico-naturale”.
(Da Lenin Che cosa sono gli amici del popolo e come lottano con i socialdemocratici 1894)
Senza la sconfitta del soggettivismo in sociologia, non sarebbe stata possibile la creazione di una scienza sociale autenticamente materialista, né tanto meno la previsione scientifica, che è la base della politica dei Partiti Comunisti: il soggettivismo anzi condannò i suoi sostenitori a vagare nel caos delle casualità, ad impigliarsi nelle utopie, e li condusse, infine, all'avventurismo nel campo politico.

* * *

La lotta contro le differenti manifestazioni del soggettivismo ha ugualmente una grande importanza nel campo delle scienze naturali. In tutti i campi essenziali delle scienze della natura, l’affermazione di un metodo di ricerca dal carattere scientifico conseguente, oggettivo, condusse ad una lotta feroce contro quella forma di idealismo che è il punto di vista soggettivo.
È nota la lotta che K. A. Timiriaziev condusse contro il cosiddetto metodo “psicologico” dei vitalisti fito-psicologici in botanica. I partigiani di questa varietà del soggettivismo dissertavano sulla memoria, sulle tendenze dei vegetali, sul loro psichismo; tentavano così di spiegare la crescita dei vegetali tramite la tendenza istintiva dello stelo a dirigersi verso la luce.
La fisiologia dell’attività nervosa superiore rappresenta egualmente un settore importante sul fronte della battaglia della scienza materialista d’avanguardia contro il soggettivismo. Questa scienza deve i propri successi attuali ad I. P. Pavlov. Quando Pavlov pronunciò il suo celebre discorso Le scienze naturali e il cervello, nel quale difendeva il metodo oggettivo in fisiologia, Timiriaziev gli scrisse:
“È necessario per me combattere costantemente contro quei botanici, giovani o vecchi, russi o tedeschi, i quali auspicano che i fisiologi ricusino «le rigide regole del pensiero delle scienze naturali» e sostituiscano questo sistema di regole con una certa «fito-psicologia» che, fortunatamente, non esiste. Ma ora che posso dire che un grande fisiologo di nazionalità russa come voi considera come una missione scacciare il metodo psicologico dalla sua ultima roccaforte nella fisiologia, sento che da oggi in poi avrò un terreno solido sotto i piedi per continuare a resistere loro”.
Nelle sue opere Pavlov mette infatti l’accento per diverse volte sulla sterilità del cosiddetto metodo soggettivo, sulla futilità dei ragionamenti banali sull'anima: esiste una analisi materialista conseguente, rigorosa, oggettiva di tutti gli aspetti del comportamento dell’uomo e degli animali, senza nel frattempo chiudere gli occhi davanti alla difficoltà di questi obbiettivi. Critica i metodi dei soggettivisti, che forgiano ipotesi sui sentimenti o sui desideri degli animali o intendono edificare la fisiologia e la psicologia sulla base dell’introspezione.

Ivan Pavlov
“Il metodo soggettivo nello studio di tutti i fenomeni, scrive Pavlov, data dal primo essere umano, e a che cosa ci ha portato? A nulla. Tutto ciò che è stato immaginato tramite questo metodo, deve essere ricacciato e sostituito con qualcosa di nuovo”.
Allo stesso modo, il metodo oggettivo di Pavlov fu preso di mira dagli aperti attacchi degli scienziati inclini all'idealismo. Così come i narodniki, facendo riferimento al carattere specifico dei fenomeni sociali, intendevano rigettare il metodo scientifico oggettivo in sociologia, altri, in fisiologia, si appoggiavano al carattere specifico dell’attività nervosa superiore dell’uomo per presentare un’esigenza identica. A seguito delle deformazioni soggettiviste nella fisiologia sussistono ancora idee — dalle quali molti ancora non si sono liberati — sull'“anima”, la “psiche”, considerate come entità misteriose e inconoscibili, alle quali non si possono applicare le normali procedure della ricerca rigorosamente scientifica e oggettiva.
Gli avversari più attivi della fisiologia pavloviana, come l’accademico L. A. Orbeli, l’accademico I. S. Beritov, il professor P. K. Anokhin e alcuni altri fisiologi, attirarono la critica del mondo scientifico durante la sessione congiunta dell’Accademia delle Scienze dell’U.R.S.S. e dell’Accademia delle Scienze mediche dell’U.R.S.S., nel 1950, consacrata alle questioni della fisiologia. Travisando l’insegnamento di Pavlov, Orbeli dichiarò il metodo oggettivo limitato ed unilaterale, e per “superare” questa limitazione, propose di completarlo con il metodo soggettivo. Di conseguenza, egli scrisse: “Per stabilire le leggi fondamentali dell’attività del sistema nervoso centrale, i fisiologi devono ricorrere tanto al metodo oggettivo come al metodo soggettivo”.
Osserviamo che tra i fisiologi esistono ancora punti di vista simili.
I fisiologi materialisti considerano la liquidazione dei residui del soggettivismo come il loro compito essenziale; non è possibile lavorare con successo per uno sviluppo fecondo della fisiologia pavloviana se questo compito non viene adempiuto.
La penetrazione dei punti di vista soggettivisti ha causato anche un grande pregiudizio alla chimica. Qui, idee simili incontrarono la loro espressione originale nella cosiddetta teoria della mesomeria (o della risonanza) opposta nei propri principi alla teoria di A. M. Butlerov. Butlerov mostrò che gli scienziati, tramite l’osservazione, l’esperienza e la riflessione, sono in condizione di conoscere le relazioni che esistono oggettivamente tra gli atomi nelle molecole e di esprimerle in formule di struttura. Se, studiando la struttura delle combinazioni, la teoria della struttura chimica di Butlerov parte da relazioni chimiche reali, oggettive, dal canto loro i teorici della risonanza propongono di considerare le differenti rappresentazioni grafiche che si possono stabilire per una determinata combinazione, partendo da diversi dogmi sulla valenza degli atomi, e di seguire le formule così stabilite. Di conseguenza si dichiara che la vera struttura della molecola è la media (mesomerica o risonante) delle diverse formule stabilite graficamente, formule che, come si sa, non esprimono realtà alcuna. Uno degli autori di questa teoria pseudo-scientifica, il chimico americano Wheland, lo riconosce:
“La teoria della risonanza è una concezione speculativa di nessun grado più alta rispetto alle altre teorie fisiche. Essa non riflette nessuna proprietà interna della molecola in sé, è un metodo matematico creato dal fisico o dal chimico per comodità”.
Dopo aver così dichiarato che la risonanza è una finzione priva di significato fisico, Wheland esamina con una non minore serietà la questione “dell’influenza della risonanza sulle proprietà fisiche e chimiche delle molecole”!
Questa maniera di concepire i risultati della scienza come comodi metodi di descrizione dei fatti è l’argomento — preso in prestito dalla filosofia positivista — del soggettivismo in chimica. Non è nuovo incontrare chimici agnostici che difendono la tesi per la quale la scienza non può conoscere l’essenza delle reazioni chimiche né la struttura delle molecole, che le formule chimiche hanno come unica funzione quella di descrivere comodamente le trasformazioni chimiche! Ma è un’arbitrarietà scientifica indicare una sola sostanza e, simultaneamente, dieci, cento formule chimiche, appesantendo così di difficoltà il percorso che porta alla sintesi delle combinazioni chimiche. Precipitati dal loro cieco soggettivismo nel dominio del caos e delle casualità, i teorici della risonanza invitano i chimici a seguire il loro “miracoloso istinto”, la loro “intuizione” — ma, per dirla tutta, questo significa abbandonarsi alla scienza che conviene loro.
I teorici sovietici ingaggiano una lotta contro la teoria della risonanza; nel frattempo, le radici soggettiviste di questa teoria non sono state ancora messe allo scoperto.
Ugualmente, lo sviluppo della fisica moderna procede nella lotta contro le manifestazioni del soggettivismo in questo ramo della scienza. I punti di vista soggettivisti furono introdotti in fisica, come negli altri domini delle scienze naturali, dall'onda turbolenta del kantismo, l’arma principale dalla reazione imperialista sul fronte scientifico. Nel suo Materialismo ed empiriocriticismo, Lenin già aveva sottoposto ad una critica impietosa i punti di vista soggettivisti dei machisti, degli empiriocriticisti e di alcuni fisici che essi avevano traviato.
Nella fisica contemporanea del mondo borghese si fa sentire fortemente la tendenza all'allontanamento dal metodo oggettivo di ricerca. Così, il celebre fisico N. Bohr afferma che nel campo della fisica atomica “non è possibile giustificare una separazione rigorosa tra l’oggetto ed il soggetto”.
Bohr ed Einstein a Leida

L’astronomo inglese Eddington scrive che le leggi e le costanti della fisica sono interamente soggettive e possono essere dedotte (a priori). Un altro fisico, P. Jordan, arriva ad affermare che il ricercatore, in un esperimento fisico, non studia la realtà oggettiva, ma che “prepara una realtà fisica”. Questo punto di vista trova eco nella letteratura scientifica sovietica, in particolare nei lavori del fisico Markov; questi può così sostenere che la realtà fisica della teoria dei quanti contiene in sé un elemento d’intervento attivo da parte dell’uomo, che è subordinata all'attività umana; afferma che l’introduzione della nozione di attività umana nel concetto della realtà fisica mostra la forza e l’efficacia della conoscenza scientifica. In realtà, tale punto di vista colpisce il contenuto della fisica, priva la pratica di un giusto orientamento e, in questo modo, limita la forza della conoscenza umana.
Un’interpretazione erronea, soggettiva, è spesso data ai risultati della teoria fisica della relatività. I teorici della relatività rappresentano le categorie di spazio, tempo e causalità come forme dell’intuizione inseparabili dalla coscienza. In uno dei suoi lavori sulla teoria della relatività, per esempio, Einstein afferma: “per ciascun uomo esiste un tempo soggettivo personale”.
Questa asserzione e molte altre dello stesso genere attestano il disordine che regna nella mente dei fisici sedotti dalla filosofia machista, che li devia da un metodo di ricerca rigorosamente scientifico ed oggettivo. Malgrado i punti di vista dei soggettivisti, dei machisti, degli agnostici, i risultati ottenuti dalla fisica moderna dimostrano il carattere oggettivo della scienza, la conoscibilità delle leggi naturali, la capacità della scienza di penetrare i segreti più profondi del sistema dell’universo.

* * *

La lotta della scienza materialista d’avanguardia contro le teorie soggettiviste e le teorie idealiste è, in sintesi, una delle espressioni della lotta implacabile che la storia vede svilupparsi tra le classi, tra la classe operaia e la borghesia, tra il socialismo e il capitalismo. Per difendere i propri interessi di classe, la reazione imperialista, sotto l’egida della borghesia americana, utilizza qualsiasi teoria reazionaria idealista, oscurantista, per quanto insignificante, purché serva alla sua lotta contro il materialismo. Nel campo della scienza, la reazione maschera con vesti sfarzose le più recenti manifestazioni del positivismo e del machismo, e inveisce contro la realtà oggettiva, contro la concezione materialistica del mondo, contro la conoscibilità dei fenomeni della natura e della società.
Non bisogna chiudere gli occhi davanti al fatto che tali punti di vista possono penetrare nella scienza sovietica. Con l’aiuto degli artifici della terminologia, diversi autori nell'U.R.S.S. tentano di rappresentare truffaldinamente questi punti di vista come materialisti, nello stesso modo in cui, a suo tempo, un feroce nemico del marxismo, Bogdanov, tentò di far passare per marxista il suo orientamento machista. Nelle condizioni attuali dell’Unione Sovietica, il soggettivismo contemporaneo si caratterizza per la tendenza a “correggere”, a “completare” il metodo scientifico oggettivo, appoggiandosi al carattere specifico, all'originalità qualitativa di questo o di quel fenomeno studiato.
In tutti i rami della conoscenza, il soggettivismo è il nemico della vera scienza. Il soggettivismo e la scienza sono incompatibili. Non esiste in realtà alcun “metodo soggettivo” sul quale si possa realmente basare lo sviluppo della scienza. La scienza conosce un metodo di ricerca soltanto, il quale è rigorosamente oggettivo; soltanto questo è fecondo e ha dimostrato ovunque la sua efficacia: in sociologia come in fisica, in fisiologia come chimica, in psicologia come in geologia. Questo non vuol dire, ovviamente, che ciascun ramo della conoscenza non possieda i propri processi di ricerca e le sue specifiche modalità di applicazione delle leggi. Nei suoi lavori Il marxismo e la linguistica e Problemi economici del socialismo nell'U.R.S.S., Stalin ha mostrato l’estrema importanza delle leggi specifiche dei fenomeni sociali; ha messo in risalto che ignorare questo carattere specifico sarebbe un grave errore. Ma il carattere specifico proprio di ciascun fenomeno esige un’analisi oggettiva, partendo dalle posizioni della scienza materialista.
L’impiego del metodo scientifico permette così di scoprire le leggi della natura e della società, senza il riconoscimento e lo studio delle quali nessuna scienza può svilupparsi. Sulla base delle conoscenze acquisite si sviluppa la pratica umana, l’utilizzo delle forze della natura nell'interesse della società e la limitazione dell’azione distruttiva degli elementi. Nella sua opera Problemi economici del socialismo nell'U.R.S.S., Stalin indica:
“Di conseguenza, quando si parla dell’«assoggettamento» delle forze della natura o delle leggi economiche, del «dominio» su di esse e così via, non si vuol affatto dire con questo che gli uomini possano «distruggere» le leggi della scienza o «formarle». Al contrario, con questo si vuol dire solamente che gli uomini possono scoprire le leggi, conoscerle, impadronirsene, imparare ad applicarle con perfetta cognizione di causa, utilizzarle nell'interesse della società e in tal modo assoggettarle, raggiungere il dominio su di esse”.
La conoscenza delle leggi oggettive dello sviluppo della società permette al Partito di condurre con sicurezza il popolo sovietico verso il comunismo. La conoscenza delle leggi oggettive serve come base per la grandiosa trasformazione della natura che si realizza nell'Unione Sovietica. Un ruolo eminente nella realizzazione di questi compiti spetta alla scienza sovietica.
L’opera di Stalin Problemi economici del socialismo nell'U.R.S.S. ispirerà i lavoratori scientifici nel proseguire la lotta per una scienza d’avanguardia, materialista, nel loro lavoro creativo nell'interesse del popolo.













































giovedì 14 novembre 2013

Alitalia: dalla privatizzazione alla vendita.

REDAZIONE NOICOMUNISTI

Di Danila Cucurnia




Si torna a parlare i questi giorni della vendita, dopo la privatizzazione, di una importante azienda nazionale operante in un settore strategico: il trasporto aereo.

Perché strategico? Perché il fatto di avere una compagnia aerea italiana crea un indotto che moltiplica di 4 volte ogni euro investito.
Molti si chiedono come mai un'azienda che un tempo era tra le prime per volume di passeggeri e rotte coperte, si sia potuta ridurre ad essere un'azienda che produce solo deficit.
Indubbiamente molti fattori endogeni ed esogeni hanno condotto a questo stato di cose: Alitalia (Prima della privatizzazione - Dopo la privatizzazione), fondata nel 1946, conobbe fino all'inizio degli anni '70 un periodo ininterrotto di crescita; questo periodo d'oro, dovuto sia ad una buona amministrazione, sia dal fatto di essere una controllata IRI, che quindi attingeva a finanziamenti pubblici, era dovuto al fattore strutturale della fase espansiva dell'economia capitalista del dopoguerra (il miracolo italiano); ma quando arrivano la crisi petrolifera, che fa salire alle stelle il prezzo del carburante e la diffusione del liberismo selvaggio in economia, con la conseguente deregulation (allo slogan “più mercato meno stato” Jimmy Carter dice infatti che il problema del trasporto aereo in crisi è la troppa “regulation”), si apre la strada ad una concorrenza scatenata e senza regole che fa la prima grande vittima: la PanAM.

Alitalia comincia ad entrare in crisi e l'esasperazione delle lotte sindacali interne non aiutano a sfatare l'opinione che l'azienda italiana vada fallendo non perché sia male amministrata, ma perché è un'azienda pubblica.


Negli anni '90 si cerca di reagire investendo molto, ma il risultato è disastroso: bilanci in grave passivo e tensioni sindacali a dismisura.
Nel 1996 l’azionista, ovvero lo Stato, nomina come Amministratore Delegato, Domenico Cempella, da sempre in Alitalia, che commenta: «Trovai una situazione che si può descrivere così: debiti per 3mila miliardi, patrimonio netto 150 miliardi, 10 anni di perdite e una situazione interna abbastanza difficile perché c’erano delle forti lotte intestine fra sindacati. Era un prodotto che non stava sul mercato, l’Alitalia era veramente tecnicamente fallita».

Infatti, mentre in Europa si reagisce alla situazione attraverso piani industriali, investimenti e alleanze ( la deregulation ci mette 15 anni ad arrivare e le compagnie di bandiera perdono il monopolio dei voli nazionali ed europei, arrivano le imprese private che aumentano i voli e diminuiscono i prezzi insieme a qualità e sicurezza. Ciò significa dire addio ai soldi pubblici), in Italia si sta fermi, anzi, la situazione è ancora più grave in quanto l'Alitalia oramai deve coprire i debiti causati dallo Stato attraverso l'uso politico ed elettorale, anziché imprenditoriale, della compagnia nazionale.
Vi sono infatti voli quasi sempre vuoti perché funzionali ai vari politici che devono viaggiare velocemente da Roma a Milano...da Sicilia a Roma...etc etc


E cosa fa Cempella per risanare la situazione?
Cempella riorganizza l'azienda nel giro di due anni: la risana, riesce a pagare i debiti e ad avere utili e propone di far entrare i lavoratori, attraverso la cessione di azioni ai dipendenti, nel consiglio di amministrazione, trovando la durissima opposizione dei sindacati, prima della CGIL e poi degli altri. 
Cempella si rende conto che Alitalia è troppo grande per competere sulle rotte nazionali con le compagnie low cost ed è troppo piccola per competere con i giganti internazionali; propone quindi una fusione con una compagnia che sia complementare ad Alitalia: la KLM (compagnia di bandiera olandese), che possiede i velivoli mancanti ad Alitalia, la quale in compenso ha le rotte che KLM non ha.

Sembra che tutto proceda e che KLM sia favorevole alla fusione anche perché il governo italiano sta investendo per realizzare un grande aeroporto a Malpensa. Per la posizione geografica al centro dell'Europa, Malpensa, si presta a diventare un grande HUB internazionale.
Ma questo tentativo di risanamento viene bloccato da interessi economici della Francia e della Germania che intervengono a Strasburgo accusando Alitalia di concorrenza sleale in quanto gode di finanziamenti statali, contrariamente a quanto stabilito dalle convenzioni (accusa in palese malafede in quanto sia il governo francese che quello tedesco finanziano le proprie compagnie di bandiera, ma evidentemente questo non vale per l'Italia)

A questa situazione si aggiunge il blocco interno bipartisan: la trasformazione di Malpensa in un HUB internazionale viene ostacolata dal centro-destra di Albertini, che preferirebbe dirottare gli investimenti su Linate e dal sindaco di Roma Rutelli, centro-sinistra, che teme un declassamento dell'aeroporto di Fiumicino; tutto questo per non perdere consensi politici. Il colpo di grazia ad Alitalia viene dato da Massimo Dalema che, nominato Presidente del Consiglio, blocca i lavori di Malpensa causando il fallimento del progetto di fusione: pur di uscire dal marasma italiano, gli olandesi di KLM, pagano una pesantissima penale ad Alitalia rischiando loro stessi il fallimento. A quel punto Cempella se ne va sbattendo la porta.



Non ci dilungheremo sul truffaldino tentativo di una cordata nazional-popolare, come quella dei “capitani coraggiosi” alla Colaninno, questa volta capeggiata però da Berlusconi, che mise insieme, nel 2008, il fior fiore dei "prenditori" italiani, da Marcegaglia a Benetton, Riva, Ligresti, Caltagirone per finire a Passera della banca Intesa San Paolo. Naturalmente la pensata straordinaria fu quella di spezzare l'Alitalia in 2 tronconi: una, la "bad company" cioè la parte caricata dai debiti, dagli esuberi ecc, rimase in mano a, indovinate un po', allo stato, quella buona, la "good company" andò alla cordata dei nostri prenditori...
Il giochetto nel 2008 costò circa 3 miliardi di euro ai cittadini italiani, un bel prezzo per mantenere il tricolore sulle ali.
Quindi dal 2008 ai nostri giorni, l'Alitalia ha continuato  a creare debiti.
Sono di questi giorni le notizie di trattative con vari possibili acquirenti da Air France-KLM a Aeroflot passando per la compagnia di bandiera di Abu Dhabi. La storia si ripete con i soliti 2 schieramenti: i patrioti con le solite cordate di prenditori con l'eventuale ingresso delle FS o di Poste Italiane e gli esterofili alla ricerca di acquirenti esteri. In realtà entrambi gli schieramenti rappresentano le 2 facce della stessa medaglia. Quella del capitalismo nel suo aspetto peggiore, quello finanziario cioè quello dedito al saccheggio e alla rapina della ricchezza collettiva della nazione.














giovedì 7 novembre 2013

Dzerzinskij nella Rivoluzione d'Ottobre

REDAZIONE NOICOMUNISTI

di Valter Rossi



Non sarà mai un evento rituale la commemorazione della Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre. Nonostante sia trascorso quasi un secolo, tutte le riflessioni prodotte, a cominciare da quelle dei padri della stessa rivoluzione, lasciano ancora spazio a considerazioni ulteriori sul significato e sulla portata di questo evento che ha cambiato per sempre il corso della storia. Per la prima volta infatti l’umanità ha sperimentato la possibilità di costruire un ordinamento sociale liberato dallo sfruttamento. E’ stato grazie al partito rivoluzionario di Lenin, che ha applicato la forza dirompente della teoria marxiana, che la questione della soppressione delle classi e la costruzione di una società socialista, nella prospettiva del comunismo, ha trovato una formazione organizzata che l’’ha svolta in prassi. Non poteva essere una cosa semplice, e non poteva essere neppure affrontata senza incorrere in errori, ma la storia ha dimostrato che questa forza liberata dalla rivoluzione proletaria del 1917 ha guadagnato alla causa del progresso e dell’emancipazione di tutti gli uomini conquiste indiscutibili, dalle quali sarà impossibile prescindere, salvo non far precipitare il mondo in un nuovo evo moderno. 
La Rivoluzione d’Ottobre rappresenta la frattura con tutto il vecchio ordinamento stratificato nei secoli, è il punto di partenza di un percorso di liberazione, è la pietra miliare di una strada che l’umanità sarà chiamata ancora a riprendere per liberarsi dal giogo delle forze selvagge del capitale.
La propaganda di questo sistema criminale tenta ovviamente di infangare questa esperienza, ma è la stessa realtà che si incarica di smentire gli apologeti della democrazia fondata sul terrore, sullo sfruttamento e sull'usura, sull'abbrutimento. Se l’umanità vorrà ritrovare una propria ragione di essere dovrà riprendere proprio la questione affrontata dai rivoluzionari del secolo scorso, per sbarazzarsi definitivamente del mostro del capitalismo.

Al recupero dell’esperienza positiva del movimento comunista rivoluzionario, nonostante taluni insuccessi ed errori, devono essere impegnate tutte le energie dei comunisti, poiché è nel glorioso Ottobre Rosso che si fondono teoria e prassi del marxismo-leninismo.
Sulla figura di Lenin, sul suo ruolo determinante per forgiare e guidare il partito che ha diretto questa rivoluzione epocale, brilla la luce eterna del proletariato, che riconosce in lui il suo dirigente supremo. Vi sono però altre personalità che hanno dato il loro importante contributo per la riuscita della rivoluzione e per il consolidamento del potere sovietico. Una di queste è Felix Dzerginskij, che per gli incarichi che ha ricoperto potrebbe ben rappresentare l’immagine della Rivoluzione d’Ottobre. Per la Russia rivoluzionaria, per i comunisti di tutto il mondo, incarna la figura del militante impegnato con abnegazione nel partito per la diffusione del pensiero marxista , per l’attività di agitazione tra le masse, pagata con persecuzioni e reclusioni nelle prigioni zariste. Diventò protagonista nella direzione dell’Ottobre e assunse il compito di dirigere l’organo di sicurezza, la VCK (1), per affrontare una controrivoluzione spietata negli atti di terrorismo, sabotaggio, diversione, per contrastare e debellare le macchinazioni degli imperialisti per soffocare nel sangue la Repubblica dei Soviet. Dzerginskij assunse anche posizioni contrarie a quelle espresse da Lenin, ma fece sempre autocritica, con sincerità. Questo dimostra come la pratica della critica e dell’autocritica serva a sviluppare e cementare l’unità del partito. 

Per la propaganda borghese, per i nemici del proletariato e gli agenti della borghesia, Dzerginskij raffigurava l’icona della repressione arbitraria, della crudeltà gratuita che avrebbe mosso i comunisti in ogni circostanza, era insomma il “boia rosso”. 
Dzerginskij, come Stalin, e in fondo come tutti i dirigenti comunisti che hanno concorso allo sviluppo dell’Urss, sì è guadagnato l’odio della borghesia per la sua inflessibile azione rivoluzionaria. A solo un dirigente “comunista” gli imperialisti hanno riconosciuto umanità e competenza: Gorbaciov, perché ha tradito e ha guidato la distruzione dell’Unione Sovietica.
Ricordiamo il 7 novembre, anniversario della Rivoluzione d’Ottobre, come la data della trasformazione rivoluzionaria che porterà all’abbattimento del capitalismo, onoriamo Lenin, i dirigenti del partito e tutti i rivoluzionari, e il popolo, che primi al mondo hanno avviato e realizzato una società nuova, socialista.
Un altro mondo possibile esisteva già, non dimentichiamolo!

(1) La VCK o Vecheka o CEKA, vale a dire la Commissione straordinaria per tutta la Russia incaricata di contrastare la controrivoluzione e il sabotaggio.Fu Istituita per impulso di Lenin come organo del potere degli operai e dei contadini per difendere la sicurezza della Repubblica Sovietica.

lunedì 21 ottobre 2013

La questione dei dissidenti spiegata da Yuri Andropov

REDAZIONE NOICOMUNISTI


Pubblichiamo un interessante documento digitalizzato e introdotto da  Andrej Zdanov (pseudonimo)


Il suono della parola «dissidente» evoca nella coscienza dei più quell'immagine stereotipata e romantica che le fonti di disinformazione della borghesia ci hanno demagogicamente propinato per decenni, e tuttora ci impongono (alcuni hooligan del capitalismo ancora oggi creano siti a sostegno del «dissenso» nei paesi socialisti ormai crollati ma che, a quanto pare, incutono ancora timore nelle loro anime meschine; ecco un esempio:www.italian-samizdat.com/),l’immagine dell'«intellettuale» perseguitato dai potenti unicamente «per le sue idee». Questa fotografia completamente alterata dal photoshop dei mass media capitalistici non riflette fedelmente la realtà e questo dovrebbe esser chiaro ad ogni comunista cosciente. Ciononostante l’enorme flusso di «informazioni» deformate e, in molti casi, completamente false, così come l’assenza di una egemonia culturale comunista nell'odierna fase storica, creano non poche difficoltà nel rispondere agli attacchi del nemico. Un efficace rimedio a questa debolezza è costituito dalle spiegazioni fornite dai dirigenti sovietici, in questo caso dall'allora presidente del KGB Yuri Andropov, per lunghi anni direttamente coinvolto nella lotta contro i «dissidenti» e al medesimo tempo capace di osservare i fatti col distacco e col realismo che si convengono all'analisi scientifica marxista. Le sue parole sono altresì in grado di chiarire alcune questioni, come quella del carattere monolitico della società sovietica e della «lotta di classe sotto il socialismo», non di rado oggetto di divergenze con i compagni maoisti e hoxhaisti. Buona lettura, compagni.




Dal Rapporto presentato alla riunione solenne tenuta a Mosca in occasione del 100° anniversario della nascita di F.E. Dzeržynskij (9 settembre 1977) da Yuri Andropov



[…]


Compagni,


nel momento in cui il nostro paese si volge verso il passato per commemorare il sessantesimo anniversario della Rivoluzione socialista d’ottobre, non possiamo dimenticare che la formidabile attività creativa del popolo sovietico si è svolta nel contesto di una lotta incessante contro le forze che si frapponevano sulla via dello sviluppo socialista della nostra patria, tentando in tutti i modi di impedirci di costruire la vita nuova, sforzandosi di strangolare il paese dei Soviet. Ingerenze, blocco economico, complotti controrivoluzionari, aggressione nazista, ricatto economico: ecco alcune sfide che abbiamo raccolto e affrontato vittoriosamente. La realtà ha mostrato l’invincibilità del sistema sovietico, la volontà inflessibile del popolo sovietico di difendere le conquiste della Rivoluzione d’ottobre. 
Tuttavia, i nemici del socialismo non hanno ancora rinunciato ai loro tentativi di boicottare il nuovo regime, o per lo meno di complicare il suo sviluppo, visto che è diventato impossibile abbatterlo con la forza delle armi. Essi combattono il socialismo nella politica e nell'economia, nonché con i loro servizi segreti, usando lo spionaggio e fomentando il deviazionismo, compreso quello ideologico. 
I servizi speciali dell’imperialismo tentano di travisare in modo vergognoso gli scopi e la natura stessa della politica del PCUS e dello Stato sovietico e di nuocere alla realtà sovietica. Essi svolgono in campo ideologico azioni di sabotaggio, puntando sul cosiddetto deviazionismo ideologico. Vogliono erodere e smantellare la convinzione comunista dei sovietici, imporci punti di vista e una morale estranei al socialismo e tentare infine di ottenere cambiamenti politici e sociali nella società sovietica, a vantaggio dell’imperialismo. 
Tutto ciò fa purtroppo parte del mondo così duro in cui viviamo. Ecco perché anche oggi dobbiamo essere molto vigili e prendere tutte le misure indispensabili per neutralizzare le azioni di sabotaggio dei nemici del socialismo. Il partito considera questo un dovere non solo degli organi di sicurezza dello Stato, ma anche di tutte le organizzazioni sociali di Stato, di tutti i comunisti e di tutti i cittadini del nostro paese. 
Abbiamo motivi validi per considerare una conquista fondamentale l’unità ideologica e politica della società sovietica. La storia non aveva mai conosciuto un sistema sociale come il nostro, in grado di far convivere quasi in un’unica famiglia tutte le classi e tutti i gruppi sociali di una società, tutte le nazionalità e le etnie di un paese. Questo si è verificato perché l’unità ideologica e politica è divenuta una delle principali fonti di forza della società sovietica. Da qui si spiegano gli attacchi violenti da parte degli avversari del socialismo a questa unità. Da qui anche l’incredibile chiasso organizzato dalla propaganda occidentale intorno alla famosa questione «dei diritti e delle libertà», alla questione detta dei «dissidenti». Lo stesso termine di «dissidente» (colui che la pensa in un modo diverso) è un’abile trovata propagandistica, che mira a indurre in errore l’opinione pubblica. Utilizzando questo termine, la propaganda borghese spera di dare a intendere che il sistema sovietico non lascia ai suoi cittadini la libertà di pensarla come vogliono e perseguita tutti coloro «che la pensano diversamente», vale a dire che dissentono dalla linea ufficiale. Questo quadro non ha assolutamente nulla a che vedere con la realtà. 

Nel corso di un recente intervento, il compagno Leonid Brežnev ha chiaramente enunciato la posizione del partito a questo proposito. «Non è proibito da noi pensare diversamente dalla maggioranza, né valutare in maniera critica questi o quegli aspetti della vita sociale», ha detto. «Siamo riconoscenti ai compagni che muovono critiche fondate con il fine di far progredire le cose. Coloro che muovono critiche sbagliate vengono da noi considerati semplicemente persone fuorviate». 
Signori ideologi borghesi, vorremmo attirare la vostra attenzione sull'articolo 49 della nuova Costituzione dell’Unione Sovietica. Vi si trova chiaramente enunciato il diritto dei cittadini dell’Unione Sovietica a muovere critiche e a proporre suggerimenti. Vi è detto molto esplicitamente che le vessazioni nei confronti di chi muove delle critiche sono proibite. 
La cosa è diversa quando un pugno di individui che si sono estraniati dalla nostra società si impegnano in attività antisovietiche, violano le leggi, forniscono informazioni calunniose all'Occidente, diffondono dicerie infondate e tentano di provocare comportamenti antisociali. Questi rinnegati non possono godere di nessun appoggio all'interno del paese. Per questo motivo non si azzardano a intervenire nelle fabbriche, nei kolchoz e nelle amministrazioni. Se lo facessero, verrebbero subito allontanati. I «dissidenti» sono nemici del socialismo che hanno fatto appello alla stampa occidentale, ai servizi diplomatici, ai servizi segreti o simili. Tutti sanno che esiste una professione di «dissidente» generosamente remunerata con valuta pregiata e altre elemosine: il che, alla fine, non è molto diverso dal sistema con cui i servizi segreti imperialisti retribuiscono i loro agenti. 
Alcuni esponenti occidentali pongono questa domanda che credono sottile: Come spiegate l’esistenza di «dissidenti» dopo sessant’anni di potere sovietico? 
Questa domanda è «sottile» solo a prima vista. In effetti, sarebbe aberrante supporre che tra i sovietici (più di 260 milioni di persone) non vi fosse nessuno che, su questo o quel problema, la pensa diversamente dalla grande maggioranza. 
Gli scritti di Marx e di Lenin e la realtà ci insegnano che l’educazione dell’uomo nuovo richiede moltissimo tempo e moltissimi sforzi, che è molto più facile realizzare mutamenti sociali ed economici anche profondi. Ma l’elemento più importante è un altro: l’educazione dell’uomo nuovo nei paesi socialisti non si fa sottovuoto, ma nel contesto di una lotta ideologica e politica sempre più aspra in campo internazionale. Sessant’anni di vita nuova sono poca cosa rispetto a millenni trascorsi sotto il segno di una mentalità e di una morale scaturita dalla proprietà privata; non è dunque il caso di stupirsi se esistono nella nostra società persone che non si adattano ai princìpi collettivi del socialismo. Abbiamo il diritto di considerare un successo che queste persone siano sempre più rare. 
Che ogni decisione fondamentale in materia di politica interna ed estera (il nuovo progetto di Costituzione, per esempio) sia oggetto di un dibattito nazionale; che la politica del partito venga intesa dal popolo sovietico come una questione che gli attiene profondamente; che praticamente il 100 per cento degli elettori voti in favore di questa politica; tutto questo non è forse una testimonianza eloquente dell’unità ideologica e politica della nostra società? 
Questo non significa che nel socialismo avanzato non possano esservi individui le cui azioni non si inscrivono né nell'ambito morale, né in quello giuridico, della società sovietica. Le ragioni del fenomeno sono diverse: smarrimento politico o ideologico, fanatismo religioso, deviazionismo nazionalista, rancori e fallimenti personali – vissuti come sottovalutazione da parte della società dei meriti e delle possibilità di un singolo individuo – infine instabilità psichica. Abbiamo a che fare con tutti questi casi. L’edificazione della nuova società, della nuova civiltà comunista è un processo complesso e difficile. Non potrebbe essere altrimenti. 
Come abbiamo già detto, noi ci sforziamo di aiutare coloro che sbagliano, di far loro cambiare opinione e di portarli a correggere i loro errori. Ma quando alcuni di questi «dissidenti» intraprendono azioni che violano le leggi sovietiche, è necessario utilizzare altri metodi. Anche se poco numerose, queste persone esistono ancora nel nostro paese, così come esistono, purtroppo, ladri, colpevoli di concussione, speculatori e altri tipi di delinquenti comuni. Tutti costoro danneggiano la nostra società e per questo devono essere puniti conformemente alle leggi sovietiche. 
E che non ci si rimproveri di mancare di umanità in questi casi. Noi riteniamo che dar prova di umanità significhi difendere gli interessi della società e porre termine all'attività criminale di coloro che impediscono ai sovietici di vivere e lavorare con tranquillità e nella sicurezza. 
Devo dire a questo proposito che nel nostro paese i cittadini condannati per attività antisovietiche non sono stati mai così poco numerosi come oggi, da quando esiste il potere sovietico. Si tratta di eccezioni. Questa situazione è il logico riflesso dei processi politici e socio-economici di rafforzamento dell’unità della società sovietica. 
Ecco in che cosa consiste realmente la questione dei «dissidenti». Differisce dal quadro che ne dà la propaganda borghese come il giorno dalla notte. […] 

(Yuri Andropov, Sulla strada del socialismo, Mondadori, 1984, pp. 229-233)