venerdì 15 febbraio 2019

La bufala di Stalin che consegnò i comunisti ad Hitler




DI LUCA BALDELLI

Una delle più grandi bugie diffuse dalla propaganda antisovietica ed antistalinista in particolare, è quella dell’intesa Hitler-Stalin, che sarebbe stata cementata dal patto Ribbentrop-Molotov. Sembra ironia e barzelletta dover spiegare che chi distrusse il nazismo non può esser certo stato alleato di chi lo creò, eppure nel mondo borghese e capitalista succede di tutto, non a caso la droga e le sue intossicazioni sono frutto precipuo di questo mondo.
L’Urss riuscì, con quel patto sopra richiamato, ad ottenere tempo e modo per preparare la difesa contro l’assalto delle orde hitleriane, e questo dopo che le Nazioni occidentali “capitalistico-borghesi” e “liberali” avevano a più riprese rifiutato l’idea staliniana di un’alleanza antinazifascista europea e planetaria, pretendendo che l’Urss schierasse l’Esercito da sola e da sola si sacrificasse per tutti, istigando la Polonia (che tutto era meno che una Nazione pacifica) a sabotare ogni possibile intesa con l’Unione Sovietica, (vedasi qui) consegnando ad Hitler la Cecoslovacchia e la sua sovranità su un piatto d’argento, affinché un domani rivolgesse le sue armate contro il primo Stato mondiale degli operai e dei contadini. Da tutti questi bei pulpiti si è parlato e si parla di “alleanza” fra Hitler e Stalin, si sono inventate e si inventano storielle buone solo per i gonzi, si è cercato e si cerca di inquinare i cervelli e le coscienze. Si è così creata a tavolino la storia dei “protocolli segreti” del Patto Ribbentrop-Molotov, dei quali abbiamo già parlato (rimando al mio saggio: IL PATTO MOLOTOV – RIBBENTROPP. VERO PATTO, FINTI PROTOCOLLIIL PATTO MOLOTOV – RIBBENTROPP. VERO PATTO, FINTI PROTOCOLLI), e si è pure tentato di far passare, con documenti sempre fasulli o scientemente distorti, l’idea di un’intesa tra NKVD e GESTAPO per gestire la partita degli “oppositori”, con le relative deportazioni ed i relativi “trasferimenti” da una Nazione all’altra di personaggi “scomodi” da internare.

Bugie invereconde, costruite su pezzi di carta oscenamente taroccati. Il principale tra essi, riguarda la presunta firma, a Mosca, in data 11 novembre 1938, di un patto tra il capo della GESTAPO (sic!) Heinrich Muller ed il responsabile per l’NKVD (sic!) Stepan Solomonovic Mamulov. Ai sensi di tale intesa, anteriore persino al Patto di non aggressione, i due organi di sicurezza si sarebbero scambiati informazioni su argomenti, persone e movimenti di reciproco interesse, adottando poi adeguate misure di volta in volta stabilite, come la consegna di comunisti tedeschi nelle mani della GESTAPO. Una falsificazione filologicamente maldestra, per chi mastica un po’ di storia e si prende la briga di andare a confrontare fonti e documenti: ora, nel documento la GESTAPO è indicata come “Direzione generale per la sicurezza dello NSDAP (il Partito nazionalsocialista, ndr)”, quando tale denominazione nemmeno esisteva e la GESTAPO era null’altro che la Polizia segreta di Stato (Geheime Staatspolizei), organo dell’apparato statale e non del Partito.

Non solo: Muller, nel giorno 11 novembre 1938, come testimoniano documenti inoppugnabili, si trovava non a Mosca a firmare l’inesistente accordo, ma in Germania a compiere la ricognizione dei danni arrecati dalla Notte dei Cristalli, il pogrom antiebraico al quale non furono estranei agenti provocatori da una parte e dall’altra. Quanto a Mamulov, nel 1938 era responsabile (udite udite!) del Dipartimento agricoltura del VK(b)P della Georgia; solo il 3 gennaio del 1939 avrebbe scalato i vertici della NKVD. Nel 1938, poteva firmare al massimo documenti riguardanti fertilizzanti e capi di bestiame, non certo documenti come quello costruito a tavolino dai falsificatori professionisti. Sulla base di questa patacca, (vedasi Accordo tra Gestapo e NKVD), si è esibito in pompa magna tutto un coro di pseudostorici, memorialisti, personaggi anche con un passato nobile, ma con un presente non altrettanto di…qualità. Tutti impegnati a dimostrare, senza un documento dettagliato che sia uno, senza un elenco di nomi uscito da archivi che si possano definire tali, senza il minimo riscontro, che Hitler e Stalin si sono scambiati prigionieri.

Possiamo certamente annoverare, tra i memorialisti che non ce l’hanno raccontata giusta, Margarete Buber-Neumann (1901- 1989). Ella, nella sua opera Prigioniera di Stalin ed Hitler (tradotto in Italia ed uscito per i tipi de “Il Mulino”, nel 1994) racconta delle sue peripezie e del suo internamento nel lager di Ravensbruck, dopo la sua consegna alla GESTAPO nel 1940, ad opera dell’NKVD. Ebbene, chi era Margarete Buber-Neumann? Attivista comunista sin dall’età di 20 anni, sposata in prime nozze con il figlio del grande filosofo ebreo Martin Buber, divorziò negli anni ’20 risposandosi poi con Heinz Neumann, rampollo di una famiglia borghese e comunista anch’egli.

Nel KPD, Neumann rappresentava l’ala più settaria e dogmatica, impegnata più a sabotare gli sforzi per un vasto fronte antinazista, in nome di un’impossibile autosufficienza, che a combattere l’avvento della peste bruna. Questo atteggiamento, speculare a quello rinunciatario e codardo dei socialtraditori della socialdemocrazia di destra, sarebbe costato molto alla Germania. Fuggiti dalla Germania con l’avvento di Hitler, Margarete Buber (nata Thuring) ed Heinz Neumann ripararono prima in Spagna, poi in Svizzera, quindi, cacciati dalle elvetiche contrade (sempre molto poco solidali con i comunisti e gli antifascisti veri, specie quando non portavano denari nelle banche…), in Unione Sovietica.

Qui Neumann sarebbe stato arrestato nel 1937, condannato a morte e giustiziato, mentre la sua compagna sarebbe stata deportata in un Gulag presso Karaganda (Kazakhstan). Questo, stando ai racconti ufficiali, poiché abbiamo visto, ad esempio per l’italiano Guarnaschelli, (Roma a Mosca: lo spionaggio fascista in URSS e il caso Guarnaschelli di Giorgio Fabre), che la fucilazione data per certa in alcuni documenti non ci fu mai, essendo il rifugiato in questione deceduto di morte naturale. Ad ogni modo, dando per buone le risultanze delle quali disponiamo, Neumann tutto fu meno che un perseguitato: nel 1932, dopo che l’Internazionale comunista aveva già condannato il suo gruppo di accoliti come settario e lontano da ogni applicazione delle direttive generali, Kaganovic scrisse a Stalin riguardo alle diversioni di questa schiera, ma il Piccolo Padre, comunque, ricercò pazientemente il dialogo anche con il Bordiga tedesco, incontrandolo a Soci nell’estate di quell’anno (vedasi lettera di Kaganovich a Stalin). Fu un dialogo tra sordi, ma nessuno può dire che, da parte di Stalin, non vi fu buona disposizione ad ascoltare le ragioni altrui. Il fatto è che Neumann, che era ostile in maniera viscerale al grande combattente antifascista e vera guida dei comunisti tedeschi, Ernest Thalmann, non sentì ragioni e proseguì sul suo sentiero distruttivo.
Ernest Thalmann
Nel 1934, stabilitosi a Mosca, cercò in ogni modo di seminare zizzania nel gruppo dirigente bolscevico ed in quello dell’Internazionale, attirandosi strali e sospetti che, poi, sfociarono nel suo arresto e nella sua eliminazione, nel 1938. Ora, rispetto alla “purga” del 1937/38, molto si è scritto, ed è sempre più chiaro che, in gran parte, fu un’azione efficace nell’eliminare quinte colonne e sabotatori, non fece milioni di morti, fu strumentalizzata, in alcuni casi, da settori trockisti, zinovevisti e bukhariniani per infangare Stalin e creare malcontento. Non a caso, poi l’implacabile giustizia sovietica colpì chi si era fatto scudo con l’esigenza di ripulire il Paese dalle spie e dai criminali per consumare vendette o per destabilizzare il sistema. Non sappiamo molto della sorte di Neumann e della fondatezza dei capi d’accusa su di lui pendenti, ma certamente con i suoi comportamenti e con la sua contiguità ad ambienti e gruppi che sotto sotto simpatizzavano per l’Asse, quando non lo facevano in maniera aperta (si veda l’atteggiamento tenuto da Bordiga, e lo si veda in una fonte al di sopra di ogni sospetto: https://www.avvenire.it/agora/pagine/bordiga- ) non gli giovò di certo.
Amadeo Bordiga

La sua compagna Margarete è un altro enigma, da questo punto di vista: ella ha raccontato di essere stata deportata dall’NKVD e di esser stata poi consegnata alla GESTAPO. Ora, a parte che se fosse stata davvero scomoda e se i Gulag fossero stati quelli che ha raccontati, certamente non sarebbe sopravvissuta, c’è anche da chiedersi per quale motivo reale fu consegnata alla Germania. Stalin protesse tutti i comunisti tedeschi riparati in Urss, altro che consegne e patti con la GESTAPO!

Questa è la storia e riguarda, direttamente o indirettamente, tra gli altri, Misha Wolf e Walter Ulbricht, due nomi non proprio secondari nel panorama comunista tedesco… Abbiamo però notizia di comunisti tedeschi che, invischiati a torto o a ragione in trame eversive nel 1937/38, presi di mira dalla NKVD (alcuni erano spie ed infiltrati fascisti sul serio, come testimoniano anche vicende di italiani chiarite dai documenti desecretati), chiesero ad un certo punto di essere rimpatriati. Ne fa fede un documento, nel quale due comunisti tedeschi, sui quali aleggia ben più che il sospetto di essere state spie naziste, chiesero la protezione dell’ambasciata tedesca per venir rimpatriati senza scontare le pene irrogate dalla giustizia sovietica. I loro nomi: Fritz Baltes e Fritz Vinter. Nessuno di loro, rimpatriato, avrebbe fatto un giorno di lager. Strana storia, per dei comunisti nella Germania di Hitler…

Potevano mancare gli "orrori" di Stalin?

Sulla Buber-Neumann, non possiamo dire altrettanto. Non vi sono prove di una sua attività a favore della GESTAPO, ma certamente vi sono elementi inquietanti: costei venne rimpatriata e, nel lager, diventò la segretaria particolare della SS Johanna Langefeld, supervisora di ben tre campi di concentramento (Auschwitz, Ravensbruck, Lichtenburg) e svolse servizi per la multinazionale Siemens, legata a doppio filo con il sistema militare-industriale del Reich. Un curriculum un po’ particolare, per una pericolosa comunista… Una comunista che sopravvive ed ottiene anzi incarichi, mentre attorno a sé le donne antifasciste e comuniste più pericolose e combattive cadono sotto ai colpi delle SS e delle malattie endemiche nel sistema concentrazionario (vedasi Buber-Neumann, Margarita e il libro della Buber-Neumann summenzionato): non solo la sua vecchia protettrice, la SS sadica e cinica Lagenfeld, la va a trovare e le racconta particolari e vicissitudini legati al lager, nel quale Grete aveva anche avuto un ruolo nel selezionare prigionieri ed era pure stata punita, successivamente, per vendetta, quando l’astro della Lagenfeld era declinato (vedasi Il cielo sopra l’inferno), ma la Buber-Neumann stessa, in prima persona, prende parte a tutte le crociate anticomuniste ed antisovietiche più chiassose, dal processo Kravchenko (sul quale ci soffermeremo in futuro), trionfo delle bufale antisovietiche sull’holodomor ed altre nefandezze inventate, alla militanza nel Congresso o Associazione per la libertà della cultura, creatura della CIA, come bene ha dimostrato uno studio condotto da Frances Stonor Saunders, La guerra fredda culturale



Ad ogni passo, l’ombra delle centrali anticomuniste, dei centri bellicisti antisovietici, va di pari passo con Margerete Buber-Neumann. Colei che ha diffuso, se non per prima in assoluto, per prima con maggiore evidenza, forza e capacità di penetrazione mediatica, il mito dell’accordo tra NKVD e GESTAPO, dello scambio di prigionieri tra Hitler e Stalin. Proprio lei, che nel lager era segretaria di quello zuccherino di Johanna.



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