domenica 5 aprile 2020

L’UMANESIMO RIVOLUZIONARIO DI GUTTUSO TRA AVANGUARDIE, REALISMO SOCIALISTA ED IMPEGNO MILITANTE. RIFLESSIONI SU UNA TESTIMONIANZA DA UN VIAGGIO IN URSS.

Di Luca Baldelli

Tra la fine degli anni ’40 e l’inizio dei ’50, nutriti gruppi di militanti politici, sindacalisti, scienziati, medici, artisti, filosofi, e persino religiosi, si recarono in URSS, nel quadro di viaggi di solidarietà, conoscenza ed approfondimento della complessa realtà sovietica. Varie furono le testimonianze raccolte nell'ambito dell’editoria legata al movimento operaio: di certo, una delle più significative “pietre miliari” è rappresentata dal libro “Noi siamo stati nell’Urss”, stampato dalla casa editrice Macchia nella collana “Mondo nuovo”, curata dall’ Associazione Italia – Urss. Tale collana si fregiò di titoli assai interessanti: solo per citarne alcuni, “America” di Ilja Ehrenburg, “Nuove vie alla biologia” di T.D. Lysenko,Miciurin – Lysenko – Burbank trasformatori della natura” di A. Molodcikov. Accanto a tali testi, di rilevante importanza sia per la conoscenza della realtà del mondo capitalista che per la piena comprensione dei traguardi raggiunti dalla scienza e dalla cultura sovietiche, “Noi siamo stati nell'URSS” brilla ancora oggi per l’onestà intellettuale delle sue voci narranti, per il puntuale e preciso corredo di dati e riferimenti che, allora, contribuirono a rintuzzare e smentire le calunnie della propaganda antisovietica e che, ai nostri giorni, rappresentano un ausilio fondamentale, attualissimo, per demolire le fragili, mendaci eppur persistenti basi della storiografia apologetica del sistema borghese, la quale pretende di dipingere settanta e più anni di storia dell'Urss come un coacervo di errori, fallimenti o, peggio, crimini. Ci sembra giusto trattare – e lo faremo – una per una le testimonianze contenute nel testo in questione; cominciamo, per ora, dal racconto di un eccelso artista, epico vate istoriante su tela e non solo l’epopea del movimento operaio, contadino e comunista: Renato Guttuso. Classe 1911 (la sua nascita fu però denunciata solo nel 1912, per contrasti insanabili fra i suoi genitori, di orientamento liberale e progressista, e l’Amministrazione comunale di Bagheria), Guttuso, dopo un’iniziale militanza giovanile nei GUF (Gruppi Universitari Fascisti), fucine, in modo solo apparentemente paradossale, di talenti quasi tutti insofferenti nei confronti del fascismo regime, e quasi tutti futuri antifascisti, si iscrive al PCd’I clandestino nel 1940, assumendo su di sé tutti i rischi di una militanza cospirativa ferocemente combattuta dal regime. 

Renato Guttuso
A determinare tale svolta, una progressiva ma inarrestabile presa di coscienza rispetto alla reale situazione dell’Italia e del mondo, agevolata dalla conoscenza, a Roma (Città nella quale Guttuso si era trasferito nel 1937), di tutto un milieu artistico ed intellettuale ostile al fascismo, alla sua retorica insopportabile, al suo carattere guerrafondaio, non meno che al novecentismo, inteso come corrente culturale incarnante lo spirito di “ordine” e “disciplina” elevati a sistema, con contestuale ripudio reazionario della valenza positiva delle avanguardie e l’esaltazione, viceversa, dei loro contenuti più dozzinali e corrivi. Ad animare i fermenti, in questo stimolante crogiolo di spiriti liberi ed insubordinati, sono nomi come quelli di Mario Mafai, padre di quella che diverrà la nota giornalista Miriam e convinto militante comunista nel dopoguerra; Marino Mazzacurati, il quale sarà autore, con l’architetto Lusignoli, del “Monumento al partigiano” di Parma (1954-56) e di quello dedicato alle Quattro Giornate a Napoli; Toti Scialoja, pittore, poeta e scrittore, funambolo del pennello e della parola, che coniuga fede cattolica e militanza progressista; Antonello Trombadori, giovane critico d’arte, effervescente ed incontenibile figlio del pittore Francesco, nonché futuro elemento di punta del PCI, parlamentare per anni ed anni. 

Grazie a questi contatti, Guttuso matura dunque compiutamente la scelta antifascista, che lo espone a seri pericoli e minacce, a tal punto che l’artista è costretto a lasciare la Capitale per trasferirsi a Genova, centro nel quale prosegue nelle sue creazioni. 

Con la vittoria della Resistenza, la liberazione del Paese dal giogo nazifascista, l’avvento della Repubblica, Guttuso riprende il suo posto in piena libertà nelle fila del rinnovato universo culturale italiano, sposando nella maniera più appassionata e vibrante ispirazione e militanza, impegno per la diffusione e divulgazione del Bello, per il suo simposio artistico con il desiderio di riscatto delle masse oppresse. Nel febbraio del 1948 è tra i fondatori dell’ Alleanza per la difesa della cultura, il cui manifesto, pubblicato su “L’Unità” del 21 febbraio 1948, costituisce una prova di forte consapevolezza del compito dell’intellettuale progressista nell’Italia di allora: 

“E’ ora – vi si legge - che gli strumenti e i mezzi di espressione della cultura vengano sottratti all’arbitrio di interessi e di forze estranee. Solo una solidarietà organizzata delle forze della cultura con le aspirazioni e le energie di tutto il popolo può far sì che la voce dell’intelligenza riacquisti la sua autorità e la sua risonanza nel Paese:
  • per una cultura nazionale che, nella tradizione italiana, si apra ad un sincero e spregiudicato scambio con quelle delle altre nazioni, ma rigetti ogni invadenza ed esclusivismo di merci, straniere ad ogni cultura;
  • per la libertà della cultura contro ogni nuovo e rinascente tentativo di adescamento, di corruzione e di soffocamento burocratico; 
  • per la democrazia della cultura, che aperta al popolo, dalla scuola al libro al teatro, ne esprima la coscienza e le aspirazioni” (1) 
I funerali di Togliatti di Renato Guttuso
In tanti, in quel cruciale 1948, firmano, con Guttuso, a difesa della dignità e dello spessore della cultura: intellettuali di ogni tendenza e di diverse sensibilità, ma tutti uniti dal rifiuto dell’invadente colonialismo culturale americano, coi suoi sottoprodotti, e della cappa di conformismo, oleografia e menzogna creata dalla Dc al potere, specie dalla sua ala più reazionaria, che sarà capace di denunciare ed esecrare anche un capolavoro quale “Umberto D”, fedele ritratto delle ingiustizie e delle miserie dell’Italia postbellica, come un film disfattista e di “pessimo servigio alla sua Patria” (2). Se l’Alleanza per la difesa della cultura non è, a dispetto di quanto asserito dalla storiografia reazionaria e borghese, una sterile “cinghia di trasmissione” del PCI e del FRONTE POPOLARE (formazione unitaria del PCI e del PSI presentatasi all'epica tornata elettorale del 1948), nondimeno in essa i militanti comunisti e socialisti, o comunque riconducibili a quelle aree, senza impegnare altri di matrice liberale, radicale, cattolico-democratica o indipendente, bensì nel totale rispetto delle loro convinzioni e posizioni, guardano giustamente all'URSS come faro di libertà, emancipazione, fucina culturale. Guttuso, che tra l’altro disegna anche lo storico simbolo del PCI, è in testa a questa schiera e, tra la fine degli anni ‘40 e l’inizio degli anni ’50, si reca in Urss: l’incontro con la realtà del primo Paese con gli operai ed i contadini al potere è oltremodo positivo e foriero, per l’artista, di nuove impressioni, fecondi suggerimenti, vivaci stimoli. Egli ne riferisce, come abbiamo scritto, in un capitolo di “Noi siamo stati nell’URSS” dal titolo “Felice incontro con la vita e la cultura sovietica”. 
Vita e cultura: un binomio per Guttuso indissolubile, inscindibile; già in questo si coglie appieno la sua coscienza militante. Egli traccia subito una netta differenziazione tra i viaggi nell'emisfero capitalistico – borghese e quelli nell'emisfero socialista: 
“Il mondo capitalista – scrive – è pieno di sfumature tutte derivanti dal principio dello sfruttamento dell’uomo sull'uomo, sostanzialmente uguale in tutti i Paesi a struttura capitalistica. Sfumature, accenti, toni che debbono essere compresi nella loro realtà se non si vuole dare un giudizio di superficie. Il viaggiatore, per capire qualcosa del paese in cui va, dovrà rendersi conto di tante cose, oltre che dei costumi e dei caratteri particolari, egli dovrà rendersi conto del maggiore o minore indice di disoccupazione, della maggiore o minore diffusione della prostituzione, del maggiore o minore grado di aggressività degli sfruttatori, della maggiore o minore violenza dell’odio di razza, ecc… Per tutto questo ci vuole tempo. Ma quando il viaggiatore arriva in terra sovietica non vede un’altra faccia dello stesso prisma di ingiustizia e di sciagure, vede invece un prisma nuovo, ricco di infinite facce, ma limpido ed aperto allo sguardo dell’uomo che dei suoi occhi e della sua ragione si serve secondo l’onestà e la coscienza. Qui non c’è bisogno di troppo tempo per capire che non c’è lo sfruttamento capitalistico, che non c’è disoccupazione, che non c’è prostituzione, che non c’è odio di razza”.
Ecco dunque che lo sguardo intuitivo e speculativo dell’uomo di cultura, del militante, coglie un’indubbia evidenza, che è foriera di tante altre conseguenze e situazioni le quali, a cascata, originano proprio dal carattere socialista dello Stato e dall’assenza di ogni struttura e sovrastruttura capitalistico – borghese. In Urss regna un umanesimo rivoluzionario, che vibra possente nelle corde di Guttuso, e che pervade ogni aspetto della vita associata, aprendo una porta alla speranza delle masse oppresse di tutto il mondo. Per l’artista, si tratta dell’ ambiente migliore che egli possa desiderare, perché lo libera da ogni condizionamento economico e da ogni distorsione degradante dei “gusti” e delle “mode” dal capitalismo determinati: 
“Nella vita e nella società sovietica – scrive l’artista – ogni uomo trova gli elementi utili alla soluzione dei suoi propri problemi, oltre alla soluzione dei problemi generali che riguardano la vita degli uomini. Tutti sanno quanti e quali sono i problemi di un uomo di cultura nei paesi a struttura capitalistica (Quando parlo di ‘uomini di cultura’ mi riferisco a coloro che della cultura hanno una concezione attiva ed umana, non agli snob dei vari specialismi, e non agli amici della morte, della corruzione, della sfiducia). E quanti e quali problemi si presentino oggi ad un pittore: come la funzione dell’artista sia stata dalla società borghese respinta ai margini, annientata”. 
In Urss, Guttuso giunge alla piena consapevolezza di quanto profondo sia il ruolo della cultura, tutta, come fronte di lotta tra socialismo e capitalismo e quanto sia, per il potere borghese, essenziale, vitale, tenere le briglie del mondo della cultura, per procedere, a riverbero e rimando, sul condizionamento e sulla propulsione della struttura economica: 
“là – si legge nelle sue pagine – ho capito perché uno dei fronti di lotta più duri è quello della cultura. E perché l’argomento della cultura è per i nemici del socialismo l’argomento principale”. 
Colpite i Bianchi con il cuneo rosso di El Lissitzky


Guttuso mette in luce, con molta acutezza, come, subito dopo la Rivoluzione d’Ottobre, vi fosse, tra i poeti, gli scrittori, i cineasti, gli artisti in genere dell’occidente, una forte fascinazione per il mito rivoluzionario bolscevico, per la sua epopea ed i suoi protagonisti nel campo culturale e creativo. Egli poggia le sue considerazioni su dati di fatto: il suprematismo di El Lissitzky e Malevic, con le sue influenze e gli apporti di Tatlin, Larionov ed altri ancora; il costruttivismo di Rodchenko, Gabo, Ginzburg; la poesia di Majakovskij, Pasternak, Bloch e di altri ancora: tutto questo ribollente catino politico, umano e culturale, che in terra di Russia e in Urss poi trovò la sua arena, influenzò non poco i futuristi, i dadaisti e tutte quelle avanguardie che, come vulcani, specie nei primissimi anni ’20 eruttavano lava creatrice quasi in ogni parte dell’Europa occidentale, da quella ex asburgica e mitteleuropea fino a quella latina e mediterranea. Qual era, però, la ragione profonda di una “moda” così penetrante, invasiva e pervasiva? Guttuso è quanto mai profondo e calzante nel rispondere a tale complesso interrogativo, nella misura in cui non solo ribadisce e sottolinea la differenza tra “intellettualisti”, sensibili al potere suadente dell’arte in sé e per sé, e uomini di cultura, preoccupati sempre di coniugare sperimentazione artistica e consapevole militanza politica e sociale, ma, allargando il campo di osservazione e di indagine, coglie anche un elemento storico – culturale innegabile, aderente all’intellettualismo: alla base di quella sorta di ipnosi per le avanguardie russe e sovietiche, vi era 

“l’illusione che nel Paese del socialismo vi fosse il clima più adatto all'espansione di tutto l’anarchismo, l’esasperato individualismo, l’avanguardismo in senso deteriore, che caratterizzano l’intellettuale medio nella società capitalistico – borghese; c’era inoltre la sensazione che la Rivoluzione d’Ottobre fosse un’avventura spietata, un disperato romanticismo (C’era in sostanza una interpretazione ‘esistenzialista’ ante-litteram, della Rivoluzione d’Ottobre). Sulla durata di questa avventura i più saggi tra i ‘simpatizzanti’ non si facevano illusioni e ne prevedevano una rapida liquidazione”. 

Ecco, dunque, che la Rivoluzione, secondo la perspicace riflessione di Guttuso, era vista da una parte consistente delle avanguardie occidentali non nel suo portato di rivolgimento radicale, di affrancamento di milioni di uomini e donne dalla schiavitù capitalistico- borghese e feudale, laddove ambo le forme convivevano nel vecchio edificio zarista, bensì come un “soprammobile”, un oggetto d’arredo, un vezzo, un ammennicolo da esposizione buono solo per soddisfare l’infinito narcisismo di individui distaccati dal corpo sociale, quando non logorati dal vizio, o a suggerire sogni esotici, onirici voli di evasione dalle catene di un’interiorità malata e solipsistica. Di certo, quasi nessuno dei fieri paladini delle avanguardie occidentali avrebbe sottoscritto l’appello – esortazione di Majakovskij 
“le strade siano i nostri pennelli, le piazze le nostre tele”; 
molto meglio i salotti, le conventicole della finta trasgressione, i “bei gesti” anche eroici, anche di rottura con realtà sonnolente e becere, ma alieni da ogni solido fondamento radicato nel sentire delle masse. Se tutto ciò era un dato di fatto, nel senso della direttrice Europa – URSS, allo stesso modo il ragionamento valeva per l’URSS e per settori di quelle correnti che, all'interno di quel Paese, guardavano ai fermenti dell’avanguardia occidentale, con occhi certamente non rivolti ad alcunché di costruttivo: 

“Infine c’era il fatto – scrive Guttuso – che nel periodo cosiddetto del comunismo di guerra, accanto ai valori nuovi, come appunto Maiakovski, trovarono posto altri elementi che in realtà erano cascami dell’ ‘avanguardismo’ cosmopolita”. 

Dunque, l’artista sottolinea come, accanto al fervore schiettamente innovativo della parte migliore delle avanguardie sovietiche, con le loro audaci creazioni e sperimentazioni, radicate nel vivido retaggio della cultura nazionale russa, vi sia stato, fino al definitivo consolidamento del potere sovietico, un nutrito stuolo di artisti ed intellettuali denigranti quel retaggio e tutti orientati ad idolatrare un occidente decadente ed invadente rispetto alla corretta e giusta valorizzazione della ricchissima, oseremmo dire proteiforme cultura russa, sia nella sua accezione tradizionale, popolare che in quella più “elevata” ed “accademica”. L’umanesimo di Guttuso, unito al carattere non settoriale né tecnico - specialistico della sua riflessione, identifica il momento della cesura con tale decadentismo deteriore, presente ad oriente e ad occidente, e ne coglie esattamente le implicazioni, in Europa ed in URSS: esso si registra
“quando il potere sovietico cominciò a mettere le sue radici in profondità, quando l’influenza ideologica della cultura della borghesia nella sua fase di decadenza cominciò a spegnersi; quando la cultura divenne un’arma, come disse Stalin, per la costruzione del socialismo, quando si operò quella trasformazione della ‘qualità’ in quantità per una nuova ‘qualità’, e la cultura da proprietà e piacere di pochi divenne proprietà di tutti”. 
In quel momento, 
“cominciò contro la cultura sovietica la grande offensiva. E allora anche parecchi degli ‘amici’ di prima divennero violenti nemici della nuova cultura sovietica e si sentirono depositari dei ‘valori eterni della cultura’, contro una cultura e un’arte create dall'uomo e a servizio dell’uomo”. 
Ecco dunque che il consolidamento delle articolazioni dello Stato e del Partito, l’avvio dei Piani quinquennali, la salda guida di Stalin, portano ad una nuova linfa artistica, con la ripulitura di ogni tipo di creazione dai germi dell’individualismo, dell’autocompiacimento borghese, dalla sudditanza nei riguardi dell’occidente. A questo punto, assistiamo al naturale smascherarsi degli intellettualisti europei ed occidentali, i quali passano, nei riguardi del sistema sovietico, da una simpatia poggiante sul malinteso ad un’ostilità fondata, viceversa, sulla più piena consapevolezza della natura del primo Paese con gli operai ed i contadini al potere. Allo stesso modo, in URSS il filisteismo borghese, il cosmopolitismo snazionalizzante, dinanzi a questa nuova temperie, fondata sulla più ampia partecipazione e spinta delle classi popolari, sono costretti a battere in ritirata. Con tale passaggio, con tale cesura, la cultura sovietica viene ad acquistare gambe e braccia sempre più robuste e vede fiorire, in tutta la sua originalità e potenza, il realismo socialista. Nelle arti figurative come nella musica, nella letteratura come nel cinema, esso si afferma come esaltazione di una nuova concezione del mondo, che fa tesoro della parte più positiva dell’eredità della Proletkul’t, della RAPP (Associazione russa degli scrittori proletari) e di altri cenacoli sorti con la sincera intenzione di andare, per dirla coi populisti ottocenteschi, “verso il popolo”, eliminando o contenendo al massimo, però, le incrostazioni anarcoidi, spiritualiste, velleitarie delle origini. Un nuovo filone che è espressione di una visione del mondo non meccanicistica, non positivistica, tanto meno di genuflessione della produzione artistica a diktat e stereotipi, come la critica borghese ha sempre, falsamente, sostenuto. L’opera letteraria, musicale, pittorica, cinematografica, scultorea, non diventano mere “sovrastrutture” meccaniche della base economica strutturale socialista in evoluzione, ma si fanno potenti, lucidi specchi degli sforzi eroici di tutta la società sovietica, con le sue contraddizioni, i suoi sentimenti, i suoi successi, sulla via dell’edificazione del socialismo. Non vi sono trionfalismi retorici ed ampollosi, né vi è decadimento dell’estetica, nei capolavori del realismo socialista, bensì un rinnovato impulso che esalta come mai prima il senso del Bello legandolo al Vero, e, quindi, ricongiungendo finalmente la filosofia ed il pensiero creatore all'eredità del Platonismo, della classicità più autentica e sempre attuale. Nelle opere di prosa e poesia di Majakovskij, Fadeev, Ostrovskij, Fedin, Simonov, Scholokhov, in quelle pittoriche di Brodskij, Nalbandyan, Gerasimov, Favorskij, in quelle scultoree di Vera Mukhina, in quelle musicali di Dunaevskij, qualcuno può seriamente ravvedere solo lo strepito dei martelli pneumatici, il bagliore degli altiforni, la lotta per gli ammassi nei kolkhoz, o uno stile coartato dalla propaganda e dall'oleografia, e non piuttosto un’eleganza e ricchezza di forme ed espressioni, di soggetti e tinte, di panorami e situazioni? Qualcuno può seriamente affermare che l’uomo ritratto in queste creazioni è un robot freddo ed inumano o non piuttosto una persona a tutto tondo che lotta, si interroga, vive, ha passioni, valori ed anche contraddizioni? O forse che per qualcuno la riflessione interiore deve essere solo pessimismo sconfortante, la vita solo salotti e belletti, la fiducia nel domani un atto di fede da coniugare, senza troppe illusioni, all'ottativo? Altro interrogativo: ci troviamo dinanzi ad un filone tutto sovietico e per niente aperto a “contaminazioni” ed apporti stranieri? Nemmeno per sogno: a parte il fatto che basterebbe leggersi Feuchtwanger per rendersi conto di quanto il popolo sovietico, nei “terribili” (per la propaganda borghese falsa e bugiarda) anni ’30 conoscesse a fondo gli scrittori occidentali, il realismo socialista vede vibrare nelle sue corde (e vale anche il viceversa, beninteso!) Faulkner ed Hemingway, Dos Passos e Steinbeck, Verga e Capuana, persino (orrore, per i dogmatici!) il Pirandello delle maschere, laddove queste vengono evidenziate nel filisteismo, nell'ipocrisia dei burocrati e dei ceti spossessati e tirate giù vigorosamente dalla consapevolezza comunista e proletaria, marxista – leninista, della valenza di critica ed autocritica nei nuovi rapporti umani che la società socialista reca con sé. Con ciò intendiamo asserire che non vi furono libri, tele, pellicole, rappresentazioni teatrali e composizioni musicali di scarso valore, mediocri? Certo che ve ne furono, ed un popolo come quello sovietico, che leggeva, frequentava teatri, si recava al cinema più di qualsiasi altro popolo al mondo (basta dare un’occhiata ai dati statistici in merito, per appurare come stessero le cose) ne discuteva in circoli aperti, nei tanti incontri con gli autori, nella miriade di iniziative disseminate ovunque nello sconfinato suo Paese, con franchezza e spirito costruttivo, offrendo suggerimenti e spunti: un panorama che, nei sistemi capitalistici, era ristretto a pochi, elitari circoli. 
“Una scienza a servizio dell’uomo, una letteratura priva di ogni aspetto di lusinga, di corruzione. Una scienza e un’arte dirette a migliorare gli uomini ed aumentare la loro fiducia in sé stessi”. 
Questo vede, con sincerità ed obiettività, Guttuso nel suo viaggio in URSS. 

Se il realismo socialista costituì, senza dubbio, un modello per tantissimi artisti ed uomini di cultura di tutto il mondo, esso non pretese mai di rappresentare un punto di arrivo da copiare pedissequamente: intanto, non aveva canoni assoluti ed invasivi da proporre o, peggio, imporre, se non il riferimento alla concreta situazione sociale, economica e spirituale dei lavoratori. Come tale, poteva incrociare l’analisi intimistica così come la lotta per la realizzazione dei piani quinquennali, le mobilitazioni per gli scioperi e la presa di coscienza dell’operaio alla catena, la condizione del bracciante agricolo così come quella del piccolo artigiano oppresso da banche e monopoli, la famiglia operaia nel sistema socialista ed in quello borghese-capitalistico. Nessun limite, nessun paletto assoluto e coercitivo, ma infinite possibilità, tante quante ve ne sono nella vita di un uomo e, proprio per questo, nessuna “carta carbone” da raccomandare agli artisti ed intellettuali che all'URSS guardavano. Guttuso pone all'attenzione del lettore anche questo elemento, ed anzi lo rinvigorisce, nella sua riflessione, riallacciandolo alla questione del rapporto con la cultura popolare e tradizionale russa, che è e resta, per il realismo socialista, non un qualcosa da respingere come anacronistico, tramontato, sterile, ma, al contrario, un caposaldo da integrare e valorizzare, recuperare ed anzi inverare nei suoi lati positivi e sempre propulsivi, nel quadro della costruzione della nuova società socialista. Non è, questo, un forte nesso con la riflessione gramsciana sul nazionalpopolare? La cultura sovietica, nel suo essere universale, parla certamente al mondo, ma non soffoca le altre voci, le altre sensibilità, le altre culture, come invece fa il mercato infetto dei cascami d’Oltreatlantico: 
“anche nel campo della cultura – scrive Guttuso – il Paese del socialismo è il paese più avanzato al mondo. Cosa significa questo? Significa forse che bisogna imitare Repine invece di Cezanne? O Gorki invece di Proust? O Sciolokov invece di Faulkner? La ‘cultura’ borghese suole muoversi negli ‘ambiti’ del gusto ufficiale, e non esiste tirannia peggiore ed ufficialità peggiore di questi ‘ambienti culturali’ di moda. Abbiamo visto e vediamo tanti uomini annientarsi e distruggersi in questi ambienti, convinti con ciò di avere trovato la propria libertà. Per questi gruppi intellettuali il problema si pone proprio così: o Cezanne o Repine. Ed è, s’intende, un modo servile e imbecille di porre il problema (…) E’ stato Stalin che contro il cosmopolitismo della forma e contro la distruzione dei contenuti ha detto per la prima volta che l’arte deve essere nazionale nella forma e socialista nel contenuto. E il nostro Gramsci ci aveva insegnato il significato delle ‘spinte nazionali’, attraverso le quali si costruisce il socialismo. La cultura sovietica ci insegna appunto che è quando si dimenticano i caratteri nazionali che l’artista esprime un gergo cosmopolita senza radici e senza ragioni”. 
E’ da questo complesso di verità e constatazioni che nasce, vive e si alimenta, con Guttuso ed altri, non un “realismo socialista” italiano che sarebbe stato, nel suo sorgere per gemmazione e procedere per grottesche scopiazzature, nient’altro che la riproposizione meccanica di una corrente sovietica, utile a nessuno, men che meno alla cultura sovietica ed alla sua proiezione internazionale, bensì il fiume impetuoso e limpido della pittura neorealista, originale, nazionale e popolare ad un tempo, coi suoi Guttuso ed i suoi Birolli, i suoi Vedova ed i suoi Turcato, coi suoi Sassu e le sue Anna Salvatore. E tutto ciò non per caso né per estemporanea grazia, ma per la natura intrinseca del realismo socialista, per il suo rispetto per ogni positiva, finanche caleidoscopica specificità, a differenza della pseudo-arte usa e getta del capitalismo. Mentre infatti il realismo socialista conduce all'esaltazione dei caratteri nazionali radicati e costruttivi di ogni cultura, l’industria del consumismo culturale occidentale, che astrae dagli intellettuali ed artisti di valore, anzi li combatte e li ostracizza, o ne fa oggetti da business travisando la loro valenza e la loro presa sul reale, massifica, livella verso il basso, impone una koinè svilente e deteriore, un coacervo di riti che, come rulli compressori, spianano ogni specificità…E lo fa coi “Rocky” e coi “Rambo”, diremmo oggi per andare avanti rispetto alla narrazione guttusiana, ma interpretandone in pieno il senso e l’orientamento, non meno che con i “Mac Donald’s” e con la letteratura da supermercato. Con fenomenologie, insomma, straniere ad ogni vera cultura, per riprendere un’espressione efficace del citato manifesto dell’Alleanza per la difesa della cultura del 1948. Contro tale cosmopolitismo deteriore, e pure finto e contraddittorio rispetto alla propria etimologia e semantica (non ha senso definirsi cittadino ed intellettuale del mondo, se il mondo è uno e livellato nell'onnipervasività senza alternative dell’americanismo), l’argomentare di Guttuso è quantomai attuale, dopo ben 70 anni. Anzi, lo è oggi come forse mai lo è stato, oltretutto ribadito e rinnovato da tutta una serie di altre prese di posizione dell’artista (3). Esso ci consegna l’onestà intellettuale e la passione civile e politica di un grande uomo, compagno, artista, originale e fecondo, mai conformista e chiuso dietro pretesche ed ipocrite clausure, ma aperto anche alla mondanità senza mai perdere se stesso. Un personaggio a tutto tondo, che parlò e parla col pennello ma anche, come abbiamo visto, con altri mezzi. Tutti da ascoltare.

NOTE

Assai utili questi testi, sia pure diversissimi tra loro, ma tutti concorrenti nel tracciare un profilo a tutto tondo dell’artista.

domenica 22 marzo 2020

ANNO 2020. ITALIA. ATTO TERZO. MISURE ECONOMICHE URGENTI.




A cura della redazione Noicomunisti, articolo di Danila Cucurnia e Guido Fontana Ros




Il 21 marzo 2020: l'Unione Europea annuncia che "Il patto di stabilità" è sospeso.
Ursula Von der Leyen avrebbe commentato: 
"ora il bilancio italiano può gestire la crisi. Fine degli egoismi."



Stiamo assistendo ad un colpo di stato strisciante!



La delibera del Consiglio dei ministri che instaura uno stato di eccezione è del 31 gennaio 2020! E il 3 febbraio Conte assicurava che andava tutto bene: "... la cautela è già alta, non servono altre misure.".

La realtà è che abbiamo una pandemia in corso ed è stato perso tempo prezioso; sono state sospese le libertà fondamentali garantite dalla Costituzione e il Parlamento di fatto è chiuso, nonostante l'appello a tenerlo aperto in questo momento di crisi gravissima.

                                 Valerio Malvezzi - Economista


I provvedimenti finora presi dal governo in materia economica per il sostegno al reddito e al mondo del lavoro sono indecorosi ed inefficaci.

Neppure all'indomani dell'annuncio della UE della sospensione del Patto di Stabilità, patto peraltro mai osservato da Francia e Germania, il governo è stato in grado di indicare seriamente quante risorse mette a disposizione del paese, in che modo e dove intenda reperirle.

Proprio nel momento in cui il governo italiano potrebbe usufruire di questa sospensione, continua invece a fare riferimento al MES come via d'uscita dalla crisi.

Stanno forse approfittando del fatto che il popolo italiano è, o a questo punto è stato messo, in condizioni di non poter manifestare il proprio dissenso? Vedete come si stia montando la questione delle "fake news"...

Stiamo forse assistendo ad un "esperimento sociale" dove si testa fin dove può arrivare la nostra sopportazione?

La verità è che il governo italiano non ha assolutamente idea di come muoversi per far fronte a questa emergenza, che non è solamente sanitaria, ma economica e sociale; oppure è ovvio che continua a rispondere agli interessi di Germania e Francia (terrorizzate dall'idea di una ITALEXIT), e non al popolo italiano.

Valerio Malvezzi, economista, spiega come impediranno l'uscita dell'Italia dalla UE firmando il MES:



Prima o poi questa emergenza sanitaria finirà e prima o poi usciremo di casa.

Terneremo al lavoro? Torneremo alla vita di prima? Faremo finta che nulla sia accaduto? Ci annebbieranno con nuove armi di distrazione di massa come le Olimpiadi o il campionato di calcio o chissà cos'altro, sperando nella oramai risaputa indole degli italiani a dimenticare le tragedie nel giro di un paio di mesi, una volta recuperata la possibilità di abbandonare i balconi e tornare a fare "vita sociale"...uscire a mangiare una pizza, posto che la nostra pizzeria di fiducia non sia andata nel frattempo fallita. E come affronteremo quindi il problema di milioni di disoccupati, cassintegrati e centinaia di migliaia di piccole e medie imprese fallite? E pensiamo forse di poter continuare ad avere una sanità ridotta in questo stato?

Certamente non sarà questo governo a darci della garanzie per il futuro. Ad esempio non sono stati bloccati le rate dei mutui... ma se la gente non lavora e non guadagna come può pagare le rate? Non serve a nulla posticiparle, vanno bloccate e lo Stato dovrà saldare quelle scadute per tutto il tempo necessario per uscire dalla crisi.

Finalmente è stata presa la decisione di bloccare le attività produttive non essenziali, ma gli operai devono vigilare che vengano davvero mantenute aperte solo le attività realmente essenziali e che venga loro garantita la retribuzione. Non bisogna mai più delegare nulla ai sindacati confederali.

Che venga firmato il MES o no, la sostanza della questione non cambia; così come nulla è cambiato dopo la sospensione del Patto di Stabilità: non sarà questo governo a prendere provvedimenti; se firmeranno il MES sarà solo un crimine in più di cui faremo pagare il conto.

Il nostro obiettivo finale deve essere quello di riprenderci la sovranità nazionale, uscire dalla UE e dalla NATO, essere uniti in un fronte patriottico!

IL MOMENTO PER INTERVENIRE E' ADESSO!



  • RIAPERTURA IMMEDIATA DEL PARLAMENTO
  • CHIUSURA DELLA BORSA 
  • STANZIAMENTO IMMEDIATO DI CIFRE CONGRUE PER FRONTEGGIARE LA CRISI E FAR RINASCERE LA NAZIONE (La Germania per cominciare stanzia 550 miliardi, la Gran Bretagna 450, la Francia 350, la Spagna 200 e noi...?)
  • EMISSIONE DI TITOLI DI STATO CHE LA BCE DEVE COMPRARE, SIAMO O NON SIAMO UNO DEGLI STATI FONDATORI DELLA UE?
  • EMISSIONE DI MINI BOT, VALE A DIRE BUONI ORDINARI DEL TESORO DI PICCOLO TAGLIO. La ricchezza delle famiglie italiane ammontava nel 2017 a 9.743 miliardi di euro, con almeno 1400 miliardi di liquidità (vuol dire denaro contante depositato in banca). Quindi siamo un paese povero? Sappiamo bene da chi è detenuta la ricchezza...

Lo stato d'animo degli italiani:

                          Mario Sancinelli, sfogo di un Bergamasco

GOVERNO DI BLOCCO POPOLARE

MISURE DI SOSTEGNO AL LAVORO

 ELIMINAZIONE DELLA DISOCCUPAZIONE

FUORI DALL'UE

FUORI DALLA NATO

































mercoledì 18 marzo 2020

ANNO 2020. ITALIA. ATTO SECONDO. ANDRA' TUTTO BENE?


A cura della Redazione di Noicomunisti, articolo di Danila Cucurnia e Guido Fontana


Attraverso il COVID-19 ci costringono a restare in casa, a limitare i rapporti interpersonali, ci impediscono eventualmente di manifestare il nostro dissenso (pensate a cosa accadrebbe se dovesse passare il MES).

Ce ne stiamo chiusi in casa, terrorizzati dal contagio per noi e per i nostri cari. E abbiamo adottato dei "metodi di sopravvivenza" per farci coraggio l'un l'altro, per non sentici rinchiusi, reclusi, sperando che questi giorni trascorrano velocemente. Ci si ritrova sui social per un "videoparty", ognuno da casa propria, si cantano canzoni al balcone o si accendono lumi, in flash mob suggestivi, emozionanti...commoventi (mi piacerebbe sapere chi decide cosa dobbiamo fare ogni giorno alle 18...che sia una nuova arma di DISTRAZIONE di massa?). 

Senza il COVID-19 a nessuno sarebbe mai venuto in mente di affacciarsi al balcone e cantare a squarciagola; i programmi televisivi ci fanno riscoprire l'arte, la cultura...teatro e cinema...e quanto sia bello stare in casa e cucinare, giocare a carte, a Monopoli...già...il caro vecchio buon Monopoli che ci ha insegnato come vincere facendo soldi...ma è solo un gioco. Insomma, stanno cercando in tutti i modi di convincerci che stare reclusi in casa è bello, sì, è una cosa che ci piace...per una settimana, un mese...ma poi basta. 

Perché gli spettacoli si vanno a vedere in teatro, i film si guardano al cinema con gli amici o con la famiglia, i concerti si ascoltano e si condividono nelle sale e negli stadi...e così via. Qualcuno consiglia che potremmo approfittarne per leggere un buon libro. Probabilmente chi dà questo consiglio non è solito alla pratica della lettura e crede sia qualcosa di inusuale come cantare o ballare sul balcone. Ci salutiamo con un "Andrà tutto bene", vogliamo cederci e vogliamo credere che ad aprile tutto sarà risolto. Ma davvero andrà tutto bene? se non verranno presi provvedimenti urgenti seri e permanenti per cambiare lo stato di cose presenti, se non approfittiamo di questo momento per pretendere ciò che ci spetta, ciò che ci hanno tolto, torneremo ad essere in balia del potere e dimenticheremo presto questa "orribile avventura". 

E quindi no, potrebbe essere che non andrà tutto bene. 

Non vi abituate a tutte queste novità: potrebbero diventare una prassi. 

Con la scusa del "ce lo chiede l'Europa", abbiamo dato fondo a tutte le nostre risorse, abbiamo fatto in modo che la sanità pubblica venisse demolita al punto da non riuscire oggi a dare soccorso ai tanti malati, non solo quelli colpiti da COVID19. 

Adesso che le risorse servono a noi l'Europa ci ha voltato le spalle. 

E' il momento di capire che al balcone dobbiamo mettere striscioni con scritto: 
CHIUSURA IMMEDIATA DELLA BORSA!

  • NO AL MES!
  • FUORI DALLA UE!
  • FUORI DALLA NATO!
  • RIVOGLIAMO LA NOSTRA SOVRANITA' NAZIONALE!
  • RIENTRO IMMEDIATO DELLE NOSTRE RISERVE AUREE!
  • NAZIONALIZZAZIONE DELLA SANITA' CON CREAZIONE DI OSPEDALI DI QUARTIERE
  • BANCA D'ITALIA SOTTO IL CONTROLLO DELLO STATO ITALIANO
  • MINI BOT A CIRCOLAZIONE SOLO NAZIONALE E VENDUTI NEGLI UFFICI POSTALI
  • RAFFORZAMENTO DELLE RELAZIONI CON PAESI DELLA VIA DELLA SETA
  • SOSPENSIONE IMMEDIATA DEI TRATTATI EUROPEI (SCHENGEN, FISCAL COMPACT, MES ECC.)
  • BLOCCO DELLA VENDITA DELLE AZIONI DI AZIENDE ITALIANE CHE CON IL CROLLO DELLA BORSA FALLIRANNO E SARANNO SVENDUTE, CHIUSE, REGALATE (VEDI GRECIA, VEDI IRI)

Tutto questo non sarà fatto da questo governo, ma sarà fatto solo da un governo di blocco popolare o se preferite un governo di salvezza nazionale o da un fronte patriottico. 


ANNO 2020. ITALIA. ATTO PRIMO. CHE FARE. COSA DOVREBBE FARE ORA IL GOVERNO ITALIANO? NOI CHIEDIAMO A GRAN VOCE CHE VENGANO PRESI QUESTI PROVVEDIMENTI: 


1. MISURE URGENTI PER LA SANITA': 

  • Moltiplicare gli investimenti nella sanità imponendo anche un'imposta patrimoniale del 10% ai più ricchi per finanziarla. 
  • Requisire le strutture della sanità privata (come stanno facendo in Spagna). 
  • Utilizzare gli ospedali militari e gli ospedali da campo. 
  • Rientro immediato di tutti i nostri militari impegnati nelle missioni all'estero e porli a servizio del popolo. Risparmieremo enormi cifre da investire nella sanità. 
  • Chiudere le frontiere consentendo solamente il rientro dei cittadini italiani. 
  • Chiudere le produzioni non indispensabili e i servizi non di prima necessità in tutta Italia, senza alcuna perdita salariale per i lavoratori.

2. MISURE ECONOMICHE URGENTI: 

  • Stanziare cifre congrue, per i piccoli imprenditori, per gli artigiani e per le piccole imprese. 
  • Bloccare i mutui, i canoni, le tariffe energetiche e le imposte per almeno 3 mesi. 
  • Chiudere la Borsa. 
  • Impedire seriamente la fuga di capitali all'estero. 

3. MISURE SOCIALI URGENTI: 

  • Adibire il patrimonio edilizio nazionale in disuso comprese le proprietà ecclesiastiche senza indennizzo, ad abitazione per i senzatetto e per gli sfrattati. 
  • Predisporre un piano di assunzione di lavoratori da parte dello Stato per lavori socialmente utili. Non è il momento delle divisioni fra le forze autenticamente popolari e patriottiche! Dobbiamo fare fronte comune superando le sigle di appartenenza! 

Una volta finita l'emergenza non possiamo né dobbiamo dimenticare. Non possiamo tornare alla vita e al mondo come lo abbiamo vissuto fino ad oggi. 

Non dobbiamo! 

Tutti coloro che vogliono il bene di questa nazione sono con noi. 



ANNO 2020. ITALIA. ATTO PRIMO. CHE FARE.


A cura della Redazione di Noicomunisti, articolo di Danila Cucurnia e Guido Fontana




Ci eravamo talmente abituati alle fake news e alle false flag che da principio non avevamo tutti creduto al Covid-19. Purtroppo ci troviamo ad affrontare una fase della guerra fra il blocco nero (gli anglosionisti e la UE pur con i loro conflitti interimperialisti minori), e gli stati antimperialisti (fra cui spiccano Federazione Russa e Cina).


Con questa azione criminale, il blocco nero ha di fatto dato luogo ad una nuova fase di questa guerra mondiale; oltre alle guerre locali, alle primavere colorate, alle guerre commerciali, ora abbiamo la guerra batteriologica.

In questo primo nostro scritto non ci dilungheremo su come si sia arrivati a questo punto: al momento diamo per scontato che tutti abbiano coscienza di chi sia stato a demolire la sanità pubblica fino ad essere in condizioni di dover scegliere a chi salvare la vita e a chi no. Quindi è vero che per ora la sanità, la tutela della salute di tutti devono essere la priorità, ma è anche giunto il momento di chiedere il conto. Mai come adesso i popoli si trovano di fronte ad un'occasione unica: poter cambiare lo stato di cose presenti; i capitalisti e i loro tirapiedi nei governi sono in grave affanno.

Di fronte a questa situazione nel mondo ci sono due atteggiamenti: 
  • Quello dei paesi capitalisti è rappresentato da chi, in nome del denaro e del profitto, rischia di pagare un alto tributo di vite umane; questo è esemplificato dalla scelta della Gran Bretagna di lasciar "sfogare" l'epidemia, scelta basata su una discussa "immunità di gregge (1)". 
  • l'atteggiamento dei paesi socialisti dove la salute e la vita degli esseri umani viene messa al primo posto, esemplificato dal discorso del 20 gennaio 2020 da parte del Presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping. 

E' IL MOMENTO DI SCEGLIERE DA CHE PARTE STARE. 
ORA PIU' CHE MAI: SOCIALISMO O BARBARIE

MA VEDIAMO QUALI MISURE INTENDONO ADOTTARE GLI ALTRI STATI PER FAR FRONTE ALL'IMMINENTE CATASTROFE ECONOMICA: 

  • La Germania ha deciso di stanziare 550miliardi di euro ed ha espresso l'intenzione di rinazionalizzare le produzioni strategiche, andando contro le pluridecennali indicazioni europee. Ma dove prenderanno questi soldi? Li stamperanno? Li prenderanno dalla BCE? Se così fosse sarebbero anche soldi versati alla BCE dall'Italia (90 miliardi di euro versati alla comunità europea, che se avessimo messi da parte, avremmo qui adesso per far fronte a questa emergenza). 
  • Negli USA, la FED ha creato dal nulla milioni di dollari e ha abbassato quasi allo zero il tasso di interesse, al contempo acquistando titoli di stato americani . Insomma la FED ha agito come dovrebbe agire una Banca Centrale in tempo di crisi, ma secondo la Lagarde la Banca centrale europea non servirebbe a questo... Una domandina alla FED: dove sono finite le nostre riserve auree? 
  • E in Italia? Cosa fa il governo? Quanto stanzia? Quali misure intraprende per evitare il crollo totale della nostra economia? Abbiamo chiesto alla Commissione Europea la possibilità di sforare i limiti di bilancio di 3 miliardi e mezzo, in seguito alle proteste di Mattarella per la dichiarazione della Lagarde, legate all'aumento dello spread, la Commissione europea ci ha poi concesso di superare il limite di bilancio di 25 miliardi e mezzo (probabilmente meno del 30% di cui abbiamo realmente bisogno). Possiamo affermare che ci sia stato un voltafaccia da parte della UE nei confronti dell'Italia? Oppure è semplicemente la verità che viene a galla? In realtà siamo sempre stati i polli da spennare per ingrassare Germania e Francia; questo naturalmente con la complicità della nostra ultra servile classe dirigente; complicità che si configura come un vero e proprio tradimento nei confronti degli interessi del popolo italiano. A poco vale la dichiarazione di solidarietà del Presidente Trump, con tanto di frecce tricolori come sfondo, vale invece parecchio l'aumento dei dazi sull'importazione dei prodotti agricoli italiani. L'Italia, come Trump aveva minacciato, è stata castigata per essersi avvicinata alla Via della seta. 

In questa crisi da chi sono arrivati i primi aiuti concreti? Dai paesi socialisti o sulla via del socialismo: Cina, Cuba e Venezuela





COSA DOVREBBE FARE ORA IL GOVERNO ITALIANO? 
NOI CHIEDIAMO A GRAN VOCE CHE VENGANO PRESI QUESTI PROVVEDIMENTI: 


1. MISURE URGENTI PER LA SANITA': 

  • Moltiplicare gli investimenti nella sanità imponendo anche un'imposta patrimoniale del 10% ai più ricchi per finanziarla. 
  • Requisire le strutture della sanità privata (come stanno facendo in Spagna). 
  • Utilizzare gli ospedali militari e gli ospedali da campo. 
  • Rientro immediato di tutti i nostri militari impegnati nelle missioni all'estero e porli a servizio del popolo. Risparmieremo enormi cifre da investire nella sanità. 
  • Chiudere le frontiere consentendo solamente il rientro dei cittadini italiani. 
  • Chiudere le produzioni non indispensabili e i servizi non di prima necessità in tutta Italia, senza alcuna perdita salariale per i lavoratori. 

2. MISURE ECONOMICHE URGENTI: 

  • Stanziare cifre congrue, per i piccoli imprenditori, per gli artigiani e per le piccole imprese. 
  • Bloccare i mutui, i canoni, le tariffe energetiche e le imposte per almeno 3 mesi. 
  • Chiudere la Borsa. 
  • Impedire seriamente la fuga di capitali all'estero. 

3. MISURE SOCIALI URGENTI: 

  • Adibire il patrimonio edilizio nazionale in disuso comprese le proprietà ecclesiastiche senza indennizzo, ad abitazione per i senzatetto e per gli sfrattati. 
  • Predisporre un piano di assunzione di lavoratori da parte dello Stato per lavori socialmente utili. 

Non è il momento delle divisioni fra le forze autenticamente popolari e patriottiche! 
Dobbiamo fare fronte comune superando le sigle di appartenenza! 
Una volta finita l'emergenza non possiamo né dobbiamo dimenticare. Non possiamo tornare alla vita e al mondo come lo abbiamo vissuto fino ad oggi. 
Non dobbiamo! 
Tutti coloro che vogliono il bene di questa nazione sono con noi.




(1) Immunità di gregge spiegata bene

giovedì 2 gennaio 2020

L'Internazionale

Di Danila Cucurnia e Guido Fontana Ros

 

La versione in uso in Italia

Perché ripetere, magari copiando, quando una cosa è ben spiegata da qualcun altro? Ecco perché riportiamo integralmente dal sito Rock e Martello l'ottimo articolo di Gianni Lucini che ci fornisce un quadro accurato di come questa versione dell'Internazionale sia stata adottata in Italia:

l 1° maggio 1921 il giornale “L’Ordine Nuovo”, diretto da Antonio Gramsci, pubblica per la prima volta una versione italiana de L’Internazionale firmata da Bergeret che fa storcere il naso ai puristi perché non troppo aderente al testo originario francese. La scelta non è casuale. Scriverà infatti Antonio Gramsci nei "Quaderni del carcere" che i canti popolari non sono quelli scritti e ragionati a tavolino, ma quelli che il popolo adotta come suoi "perché conformi alla sua maniera di pensare e di sentire". L'analisi gramsciana del canto popolare, infatti, ha da sempre alla base un ragionamento guida: «ciò che contraddistingue il canto popolare, nel quadro di una nazione e della sua cultura, non è il fatto artistico, né l'origine storica, ma il suo modo di concepire il mondo e la vita in contrasto con la società ufficiale». Se non si comprende il senso profondo di questa concezione che è politica, ma non solo, si finisce per non capire la ragione per cui, tra le tante versioni italiane de L'internazionale", alcune delle quali sicuramente più aderenti all'originale francese di Eugène Pottier, "L'Ordine Nuovo" pubblichi il testo firmato Bergeret, uno pseudonimo che a detta di Raffaele Mario Offidani (Spartacus Picenus), ma anche di Cesare Bermani, nasconde il nome di Umberto Zanni, uno dei collaboratori della "Rassegna popolare del socialismo". Non è una traduzione originale letterariamente corretta, ma, come si diceva a quei tempi, una "traduzione libera" che vince nell'ottobre 1907 il concorso bandito dal giornale "L'Asino" per le migliori parole italiane dell'inno e viene adottata dal Partito Socialista Italiano. Non ci sono dubbi che altre versioni fossero più fedeli al testo francese scritto da Eugène Pottier, nel giugno 1871, mentre era nascosto a Parigi per sfuggire alla repressione contro la Comune. È il caso di quella che inizia "Su! Sofferenti della terra!", considerata oggi come una sorta di versione anarchica del canto e pubblicata con almeno tre titoli diversi: L'Internazionale, Su, sofferenti! e Germinal. Altri testi hanno avuto riconoscimenti ufficiali come quella che inizia con "Sorgete, o miseri del mondo!", di Spartacus Picenus, cioè Raffaele Mario Offidani, adottata nel 1919 come inno della Federazione italiana giovanile socialista. Tuttavia solo quella di Bergeret è divenuta davvero un canto popolare nel senso che Gramsci attribuiva a questa parola. Ha superato il tempo e la stessa struttura testuale, che oggi risulta arcaica nella sua costruzione, per diventare patrimonio di tutti al punto che, se si segue il criterio introdotto da Lomax, che stabilisce una divisione netta tra la ricostruzione storico filologica e lo stato di fatto, non è errato considerarla ormai un brano "tradizionale" e come tale indicarlo. La musica poi ha travalicato le frontiere del tempo, dello spazio e dei generi musicali fino a entrare anche nella storia del rock con le versioni del britannico Billy Bragg e degli italiani Area.




Il testo in italiano

Compagni avanti, il gran Partito
noi siamo dei lavoratori.
Rosso un fiore in petto c'è fiorito
una fede ci è nata in cuor.
Noi non siamo più nell'officina,
entro terra, dai campi, al mar
la plebe sempre all'opra china
Senza ideale in cui sperar.
Su, lottiamo! l'ideale
nostro alfine sarà
l'Internazionale
futura umanità!
Su, lottiamo! l'ideale
nostro al fine sarà
l'Internazionale
futura umanità!
Un gran stendardo al sol fiammante
dinanzi a noi glorioso va,
noi vogliam per esso giù infrante
le catene alla libertà!
Che giustizia venga noi chiediamo:
non più servi, non più signor;
fratelli tutti esser vogliamo
nella famiglia del lavor.
Su, lottiamo! l'ideale
nostro alfine sarà
l'Internazionale
futura umanità!
Su, lottiamo! l'ideale
nostro alfine sarà
l'Internazionale
futura umanità!
Lottiam, lottiam, la terra sia
di tutti eguale proprietà,
più nessuno nei campi dia
l'opra ad altri che in ozio sta.
E la macchina sia alleata
non nemica ai lavorator;
così la vita rinnovata
all'uom darà pace ed amor!
Su, lottiamo! l'ideale
nostro alfine sarà
l'Internazionale
futura umanità!
Su, lottiamo! l'ideale
nostro fine sarà
l'Internazionale
futura umanità!
Avanti, avanti, la vittoria
è nostra e nostro è l'avvenir;
più civile e giusta, la storia
un'altra era sta per aprir.
Largo a noi, all'alta battaglia
noi corriamo per l'Ideal:
via, largo, noi siam la canaglia
che lotta pel suo Germinal!
Su, lottiamo! l'ideale
nostro alfine sarà
l'Internazionale
futura umanità!
Su, lottiamo! l'ideale
nostro fine sarà
l'Internazionale
futura umanità!

 l_internazionale

 

La versione originaria in francese

Da Wikipedia:


Le parole originali furono scritte in francese dallo scrittore Eugène Pottier (1816-1887) nel 1871 per celebrare la Comune di Parigi. Pierre de Geyter (1848-1932) scrisse la musica nel 1888. Fino a quella data il testo veniva generalmente cantato sull'aria della Marsigliese. Ne esistono anche versioni anarchiche, cantate sia sulla musica tradizionale, sia sulla Marsigliese.[1]

L'Internazionale divenne l'inno del socialismo di ispirazione rivoluzionaria internazionale, come specifica il suo ritornello: C'est la lutte finale / Groupons-nous et demain / L'Internation

In molte nazioni europee L'Internazionale fu illegale all'inizio del XX secolo a causa della sua immagine rivoluzionaria e delle sue liriche d'ispirazione insurrezionalista, sebbene, in passato come al giorno d'oggi, sia stata e sia invece usata anche da partiti e individui che intendevano ed intendono raggiungere il socialismo mediante una via democratica e non insurrezionalista.ale / Sera le genre humain. ("È la lotta finale / Raggruppiamoci e domani / l'Internazionale / Sarà il genere umano"). La canzone è stata tradotta in innumerevoli lingue, e tradizionalmente è cantata col pugno sinistro alzato in segno di saluto.


Il testo in francese

Da Wikipedia


Debout, les damnés de la terre
Debout, les forçats de la faim!
La raison tonne en son cratère
C'est l'éruption de la fin.
Du passé faisons table rase
Foules, esclaves, debout, debout
Le monde va changer de base
Nous ne sommes rien, soyons tout!
C'est la lutte finale groupons-nous, et demain (bis)
Internationale sera le genre humain
Il n'est pas de sauveurs suprêmes
Ni Dieu, ni César, ni tribun,
Producteurs, sauvons-nous nous-mêmes
Décrétons le salut commun
Pour que le voleur rende gorge
Pour tirer l'esprit du cachot
Soufflons nous-mêmes notre forge
Battons le fer quand il est chaud.
C'est la lutte finale Groupons-nous, et demain (bis)
L'Internationale Sera le genre humain
L'état comprime et la loi triche
L'impôt saigne le malheureux
Nul devoir ne s'impose au riche
Le droit du pauvre est un mot creux
C'est assez, languir en tutelle
L'égalité veut d'autres lois
Pas de droits sans devoirs dit-elle
Egaux, pas de devoirs sans droits.
C'est la lutte finale Groupons-nous, et demain (bis)
L'Internationale Sera le genre humain
Hideux dans leur apothéose
Les rois de la mine et du rail
Ont-ils jamais fait autre chose
Que dévaliser le travail
Dans les coffres-forts de la bande
Ce qu'il a crée s'est fondu
En décrétant qu'on le lui rende
Le peuple ne veut que son dû.
C'est la lutte finale Groupons-nous, et demain (bis)
L'Internationale Sera le genre humain
Les rois nous saoulaient de fumées
Paix entre nous, guerre aux tyrans
Appliquons la grève aux armées
Crosse en l'air, et rompons les rangs
S'ils s'obstinent, ces cannibales
A faire de nous des héros
Ils sauront bientôt que nos balles
Sont pour nos propres généraux.
C'est la lutte finale Groupons-nous, et demain (bis)
L'Internationale Sera le genre humain.
Ouvriers, paysans, nous sommes
Le grand parti des travailleurs
La terre n'appartient qu'aux hommes
L'oisif ira loger ailleurs
Combien, de nos chairs se repaissent
Mais si les corbeaux, les vautours
Un de ces matins disparaissent
Le soleil brillera toujours.
C'est la lutte finale, Groupons-nous, et demain (bis)
L'Internationale, Sera le genre humain.

 linternat


La versione sovietica

Sempre da Wikipedia:

La sua versione russa fu invece l'Inno Nazionale dell'U.R.S.S. dal 1917 al 1944, quando, sostituita dal nuovo Inno dell'Unione Sovietica (la musica che vinse il concorso è del generale Aleksandr Aleksandrov), L'Internazionale divenne l'inno di partito del Partito Comunista dell'Unione Sovietica. Fu inizialmente tradotta da Aron Koc (vero nome: Arkadij Jakovlevič Koc) nel 1902 e fu pubblicata a Londra da Жизнь (Žizn',Vita), rivista per immigrati russi. La prima versione russa era formata da tre strofe e il ritornello, poi fu estesa e rimaneggiata.

Il miracolo irlandese

Di Luca Baldelli


Le sirene neoliberiste hanno cantato, per due decenni abbondanti, le magnifiche sorti e progressive del liberismo in salsa celtica dell’Irlanda. Un laissez faire quasi assoluto, che negli anni ’90 ha generato un aumento vertiginosi dei prezzi degli immobili residenziali (un appartamento veniva a costare, in quegli anni, e per tutti i primi anni 2000, l’equivalente di 3/400.000 euro). Dopo la sbornia speculativa e smithiana, la realtà della dinamica economica, in assenza di qualsiasi ruolo di razionale di programmazione da parte dello Stato, si è incaricata, anche lassù, di svelare come sotto al vestito non ci fosse nulla, se non ottimismo mal riposto e fiducia sconsiderata nella fantomatica “mano invisibile”, un arto in realtà molto evidente nel suo dare a chi aveva già è nel suo togliere a chi già aveva poco.
L’economia irlandese, drogata dalle perversioni di Smith, Friedman e compagnia, è collassata su se stessa, lasciando sul terreno, come sempre, morti e feriti tra i ceti subalterni, che mai avevano beneficiato di alcun miracolo, e tra la classe media che si era illusa di poter raggiungere il livello economico dei grandi percettori di reddito, per l’antico suo vizio di avere la puzza al naso nei riguardi dei proletari e degli operai e di orientarsi sempre verso chi intende distruggerla per concentrare ricchezza. Il primo frutto di questo collasso è stato proprio il crollo del mercato immobiliare, crollo del quale però lo Stato, fedele fino all’ultimo, nella.maniera più demenziale possibile, ai principi che avevano generato la catastrofe, non ha approfittato per ricalibrare scelte di azione e per affermare un ruolo non solo auspicabile, ma NECESSARIO, di pianificazione. Al contrario, lo Stato ha acquisito intere aree edificabili da istituti di credito ed attività economiche minati dalle insolvenze e dalle spericolate contorsioni speculative del “ventennio d’oro” e…cosa ha fatto? Non vi ha costruito o non vi ha agevolato l’edificazione di case popolari che avrebbero dato una risposta, la sola efficace e risolutiva, ai tanti senzatetto generati dagli anni del “boom” e dai contraccolpi successivi, ma ha rivenduto le aree ad agenzie orientate verso la costruzione di appartamenti e dimore di lusso, a beneficio dei soli ricchi, dei percettori parassitari o meno di alti redditi, ovvero di coloro i quali proprio non avevano bisogno di INTERVENTI STATALI. 
Risultato? I senzatetto sono aumentati a dismisura e si è arrivati al paradosso per il quale i poveri si stipano in camere d’albergo ed i ricchi acquistano appartamenti edificati, col concorso primario dello Stato, sui terreni dove, per logica, etica e pure convenienza a lungo termine, sarebbero dovuti nascere appartamenti per i poveri, i proletari e per il ceto medio impoverito, proletarizzato dai ricchi. Si dimostra dunque, ancora una volta, che non è vero che il liberismo non tollera alcun tipo di azione da parte dello Stato: esso, al contrario, non può fare a meno di un ruolo completamente “alla rovescia” dello Stato e dei pubblici poteri, assenti nella programmazione a beneficio della collettivita’ ma sempre presenti quando si tratta di redistribuire benefici a chi già ne ha tanti, arricchendo i facoltosi ed impoverendo ulteriormente lavoratori e ceto medio piccolo-borghese.  
Oggi vi sono almeno 50.000 senza tetto e quasi 100.000 famiglie in lista per una casa popolare o per una soluzione minima e necessitata di aiuto sociale in campo locativo. In questi giorni, si parla di ripartenza dell’economia irlandese, ma siamo alle solite, ed anzi emergerà in maniera ancora più evidente il danno prodotto dal neoliberismo: i prezzi delle case, fino ad ora scesi, ma,.come abbiamo visto, non al punto da renderli abbordabili da chi è a reddito fisso o si situa nei ranghi del ceto medio-basso anche con un lavoro autonomo, torneranno a salire ed allora ai senzatetto presenti se ne aggiungeranno altri ancora, visto il prevedibile ed anzi logicamente consequenziale balzo verso l’alto dei canoni di affitto e dei tassi dei mutui (questa tendenza è già visibile). E così la demenza del capitalismo è ancora una volta oscenamente evidente a chi la vuol vedere: i poveri negli alberghi a cinque stelle, in dieci per camera, oppure pigiati in condomini falangisti; i ricchi, invece, al caldo e ben protetti con tre, quattro, cinque case a testa. Aggiungiamoci che la “ripresa” che si dice in corso sta avvenendo per il traino delle esportazioni da parte delle multinazionali, presenti in Irlanda per via del regime fiscale ultrapermissivo e leggero, voluto dai governanti (a spese dei servizi sociali e dei lavoratori) e la frittata è fatta: un’economia eterodiretta ed uno Stato volutamente privatosi dei minimi strumenti di controllo ed allocazione delle risorse, genererà nuove crisi, nuovi crolli, sempre pagati dai poveri…a meno che…non venga una Rivoluzione… Ma questa è un’altra storia.
La mano invisibile del mercato