REDAZIONE NOICOMUNISTI
A cura della redazione di Noicomunisti e del gruppo Marxismo-Leninismo Forum Free(Hanno collaborato i compagni Elia Ansaloni, Danila Cucurnia, Simone Donnini, Guido Fontana, Davide Spagnoli, Andrej Zdanov ora Francesco Alarico della Scala su Facebook aka D. R.)
Perché pubblichiamo questo “vecchio” articolo di Jurji Zdanov?(vedere più sotto la biografia di questo compagno sovietico)
Essenzialmente per 2 motivi:
1) Testimonia la profonda e a tratti drammatica dialettica sviluppatasi all'interno della comunità scientifica sovietica: due vere e proprie weltanschaung (visione del mondo) contrapposte
2) Rende manifesto l'indissolubile legame del marxismo con il pensiero scientifico attraverso il materialismo dialettico.
Questo articolo si compone di:
Questo articolo si compone di:
- Note sintetiche sul materialismo dialettico
- Biografia di Jurij Zdanov
- Introduzione e inquadramento dello scritto di Jurij Zdanov
- Scritto di Jurij Zdanov
Breviario minimo di materialismo dialettico
(a cura di Guido Fontana)
Il materialismo dialettico è innanzitutto un metodo.
Un metodo? E per fare cosa?
Un metodo per interpretare la natura e il mondo e per fare qualcosa di più...
Qualcosa di più?
Sì, agire (intendiamoci sul termine di agire: attraverso la scienza comprendiamo le leggi della natura da cui possiamo ricavarne delle predizioni statisticamente valide cui possiamo conformare il nostro agire) sulla natura, nel mondo, per cambiare la società umana e attraverso di essa l'uomo.
Bene, ma cosa significa materialismo?
Materialismo è un orientamento della filosofia (la filosofia essenzialmente è un tentativo di dare una spiegazione ai problemi più generali dell'universo, per quelli meno generali vi è la scienza).
Il materialismo è la spiegazione scientifica dell'universo.
Vi è un altro orientamento filosofico alternativo al materialismo?
Sì, è l'idealismo.
Quando gli uomini cominciarono a interrogarsi sull'esistente si trovarono di fronte al fatto che esistono cose che possiamo toccare e realtà che non possiamo toccare: i nostri pensieri, le nostre emozioni, insomma “materia” e “spirito”.
Lo “spirito” o il “pensiero” sono il risultato dell'interazione con noi degli oggetti materiali attraverso le sensazioni (il fuoco brucia, l'acqua bagna...) e delle idee che non ci vengono da oggetti materiali (l'idea di bene, quella di male, l'dea di Dio, l'idea dell'infinito...)
E la “materia”?
La “materia” è ciò che le nostre percezioni ci mostrano e ci presentano, in pratica è quello che ci circonda, che è esterno a noi, che è altro da noi.
Quale di questi due elementi prevale? Lo “spirito” o la “materia”? O anche lo “spirito o pensiero” oppure “l'essere”? O ancora, la “volontà” o la “possibilità”?
Se pensiamo che a prevalere debba essere il pensiero siamo “idealisti”, se invece a prevalere è l'”essere” allora siamo “materialisti”.
Siamo idealisti se al problema del rapporto fra materia e pensiero diamo una risposta NON scientifica, se invece diamo una risposta scientifica siamo materialisti.
Dialettica deriva dal greco dialego, che significa conversare, polemizzare. Nell'antichità classica (con il termine classico ci si riferisce alla cultura greca e in filosofia al pensiero di 3 grandi pensatori come Socrate, Platone e Aristotele) era un metodo per raggiungere la “verità” attraverso un dialogo fra 2 concezioni contrapposte, cercando di far emergere le contraddizioni nelle tesi dell'altro.
Nel caso di “materialismo dialettico” invece si indica il metodo scientifico di indagare l'esistente tenendo presente che i fenomeni naturali sono perpetuamente in moto e sono il risultato dell'interazione di forze contrapposte.
Non c'è anche un'altra specificazione di materialismo? Cos'è il materialismo storico?
Il materialismo storico non è null'altro che l'applicazione del metodo del materialismo dialettico all'ambito sociale e storico.
Questo metodo ha permesso di scoprire qualcosa di nuovo nella storia?
Sì. La scoperta è che il motore della storia è la lotta di classe.
Ma allora non è vero che gli uomini agiscono perché sono spinti da idee?
Sì, ma bisogna considerare da dove provengano queste idee.
Da dove?
Queste idee provengono dalle loro condizioni materiali di esistenza.
Queste condizioni materiali di esistenza da cosa sono determinate?
Le condizioni materiali sono determinate dall'appartenenza di classe.
Si può prendere in considerazione una quantità di classi, ma sono 2 ad essere principalmente in lotta: borghesia e proletariato.
Quindi alla base delle idee vi è l'appartenenza di classe.
Molto bene, ma tutto questo discorso alla fine cosa c'entra con la pubblicazione dell'articolo di Jurij Zdanov?
Come sarà spiegato più dettagliatamente, in un altro testo nel prosieguo del presente articolo, in URSS negli anni '30, si assiste a un particolare sviluppo dell'epistemologia (una branca della filosofia che si occupa di indagare quali sono le condizioni che determinano la conoscenza e quali sono i metodi che permettono di raggiungerla).
Questo particolare sviluppo arrivò a sostenere che anche il contenuto della ricerca scientifica dovesse avere un contenuto di classe. Infatti, se in matematica ammettiamo che, 2+2=4, cambia il risultato se a fare questa addizione è un proletario o un borghese?
Per chi voglia approfondire:
e cercare una qualsiasi edizione di Materialismo ed empiriocriticismo di Lenin...
e come accenno all'indissolubile legame fra marxismo e scienza, i Padri del marxismo si occupavano anche di matematica e di fisica
http://www.fisicamente.net/SCI_FIL/index-682.htm
NOTA BIOGRAFICA
(a cura di Andreij Zdanov ora Francesco Alarico della Scala aka D. R.)
Jurij Andreevič Zdanov, figlio del noto dirigente del partito e dello Stato sovietico A.A. Zdanov, nacque a Tver il 20 agosto 1919. Laureatosi in chimica all'Università statale di Mosca nel 1941, prestò servizio militare nell'Esercito Rosso per tutta la durata della grande guerra patriottica. Dal 1945 lavorò come assistente presso l’Università statale di Mosca e nel 1947 fu cooptato nel Comitato Centrale del P.C.(b). Nel 1948, ottenuto il titolo di Dottore in scienze filosofiche con una tesi su «Il concetto di omologia in chimica organica», rivolse dure critiche all'indirizzo della teoria biologica di T.D. Lysenko nel suo discorso del 10 aprile sulle «Questioni del darwinismo contemporaneo». Tuttavia, la sessione estiva della VASCHNIL (L'Accademia Lenin delle scienze agrarie dell'URSS) confermò il supporto del partito alla tendenza mičuriniana(Tendenza neolamarckista della biologia sovietica, guidata da Lysenko e qui. Prende il nome da Mičurin, scienziato sovietico che aveva contestato le conclusioni della genetica mendeliana e al quale Lysenko si ispirava), facente capo a Lysenko, e Jurij, sottostando alla disciplina di partito, fece autocritica («Pravda», 7 agosto 1948). Malgrado questo evento, seguito pochi giorni dopo dalla morte del padre, l’ascesa di Jurij Zdanov continuava. Nell'aprile 1949 sposò la figlia di Stalin, Svetlana Allilueva, dalla quale ebbe una figlia, Ekaterina; il matrimonio durò fino al 1952. Il 28 settembre 1949, poco dopo il centenario della nascita dell’accademico I.P. Pavlov, Jurij Zdanov propose a Stalin di generalizzare l’eredità teorica del grande scienziato materialista e di criticare i rappresentanti delle correnti soggettiviste; questo obiettivo fu conseguito con la sessione congiunta dell’Accademia delle Scienze dell’URSS e dell’Accademia delle Scienze mediche dell’URSS nell'estate del 1950. Espulso dal CC del partito nel 1953, dopo la morte di Stalin, Jurij fu rettore dell’Università statale di Rostov (intestata a M. Suslov nel 1982) dal 1957 al 1988. In questo periodo egli si dedicò prevalentemente all'attività scientifica, proseguendo al contempo la collaborazione con il CC del partito e ricoprendo incarichi politici minori, occupandosi soprattutto dei problemi dell’educazione. Nel 1983 ricevette il premio di Stato dell’URSS per la sua opera sulla «Creazione di un modello matematico di simulazione dell’ecosistema del Mar d’Azov». Negli anni della Perestroika Jurij Zdanov si impegnò attivamente nella difesa del socialismo e della sua storia dagli attacchi dei gorbacioviani, polemizzando in particolare con il loro ideologo J. Karjakin. Dopo il crollo dell’URSS, lavorò come scienziato fino alla morte, sopraggiunta il 19 dicembre 2006.
Introduzione
(a cura di Andreij Zdanov ora Francesco Alarico della Scala aka D. R. in collaborazione con Davide Spagnoli)Perché ripubblicare oggi un articolo di Jurij Zdanov, scritto oltre cinquant'anni fa?
In effetti, secondo un’opinione ormai consolidata, la ricerca
scientifica è un continuo processo di sviluppo, dove il nuovo prende
il posto del vecchio. Da questa giusta idea di fondo si potrebbe
dedurre che i suoi contenuti siano ormai stati superati dallo
sviluppo della scienza, visto che l’articolo che pubblichiamo
tratta di questioni connesse con le scienze naturali e che esso è
cronologicamente «vecchio».
Questa errata deduzione non è neppure nuova, già da oltre un secolo gli avversari ideologici del materialismo dialettico asseriscono che le scienze naturali moderne, la teoria della relatività e la meccanica quantistica in particolare, confuterebbero gli assunti del marxismo. Nel 1908 Lenin scrisse un intero libro, Materialismo ed empiriocriticismo, per controbattere questa tesi.
Tuttavia – ci dicono i nostri avversari – anche l’opera di Lenin è invecchiata, oggi la scienza ha raggiunto nuove vette e non è più possibile impostare i problemi alla maniera di Lenin.
No, «la questione rimane proprio come Lenin la pose nel 1908» (E.V. Il’enkov, La dialettica leninista e la metafisica del positivismo, Izdatel’stvo politicheskojj literatury, 1980, p. 6).
A nostro avviso, infatti, non si tratta di difendere le vecchie forme del materialismo premarxista, che traeva i propri concetti dalla meccanica classica e che perciò è detto, appunto, materialismo meccanicistico.
Dalla fisica macroscopica si sapeva che la materia è tutto ciò che occupa uno spazio ed ha una massa; questo concetto, proprio di una specifica scienza naturale, veniva elevato dai materialisti alla dignità di concetto filosofico e ontologico universale: la materia è solo quella che corrisponde alla definizione datane dai fisici.
Di fronte a tesi del genere, i rappresentanti dell’idealismo filosofico ebbero buon gioco, durante la crisi della fisica d’inizio Novecento, a proclamare che «la materia è scomparsa»: le nuove teorie fisiche misero in crisi i concetti, prima ritenuti più che mai solidi, della fisica precedente e affossarono così anche quelle vecchie forme del materialismo.
Completamente diversa ed opposta è stata la sorte del materialismo dialettico. I suoi teorici furono sempre molto attenti a distinguere il concetto di materia proprio delle specifiche scienze naturali da quello filosofico e ontologico. Nel definire che cos'è la materia, dal punto di vista della filosofia, noi dobbiamo prendere in esame i risultati di tutte le scienze positive – considerate nel loro sviluppo storico – ed astrarne una definizione comune, una definizione che descriva la forma fondamentale semplice della materia. Mediante questo procedimento, si pervenne al seguente concetto: la materia è ciò che esiste indipendentemente dalla nostra coscienza e che si riflette in essa. In questo modo, prendendo atto del carattere storico e relativo di ogni concetto desunto da una scienza positiva particolare e in un dato momento storico, il materialismo dialettico si pose al riparo dalle tempeste della crisi della fisica che avevano distrutto le altre forme del materialismo.
Questa errata deduzione non è neppure nuova, già da oltre un secolo gli avversari ideologici del materialismo dialettico asseriscono che le scienze naturali moderne, la teoria della relatività e la meccanica quantistica in particolare, confuterebbero gli assunti del marxismo. Nel 1908 Lenin scrisse un intero libro, Materialismo ed empiriocriticismo, per controbattere questa tesi.
Tuttavia – ci dicono i nostri avversari – anche l’opera di Lenin è invecchiata, oggi la scienza ha raggiunto nuove vette e non è più possibile impostare i problemi alla maniera di Lenin.
No, «la questione rimane proprio come Lenin la pose nel 1908» (E.V. Il’enkov, La dialettica leninista e la metafisica del positivismo, Izdatel’stvo politicheskojj literatury, 1980, p. 6).
A nostro avviso, infatti, non si tratta di difendere le vecchie forme del materialismo premarxista, che traeva i propri concetti dalla meccanica classica e che perciò è detto, appunto, materialismo meccanicistico.
Dalla fisica macroscopica si sapeva che la materia è tutto ciò che occupa uno spazio ed ha una massa; questo concetto, proprio di una specifica scienza naturale, veniva elevato dai materialisti alla dignità di concetto filosofico e ontologico universale: la materia è solo quella che corrisponde alla definizione datane dai fisici.
Di fronte a tesi del genere, i rappresentanti dell’idealismo filosofico ebbero buon gioco, durante la crisi della fisica d’inizio Novecento, a proclamare che «la materia è scomparsa»: le nuove teorie fisiche misero in crisi i concetti, prima ritenuti più che mai solidi, della fisica precedente e affossarono così anche quelle vecchie forme del materialismo.
Completamente diversa ed opposta è stata la sorte del materialismo dialettico. I suoi teorici furono sempre molto attenti a distinguere il concetto di materia proprio delle specifiche scienze naturali da quello filosofico e ontologico. Nel definire che cos'è la materia, dal punto di vista della filosofia, noi dobbiamo prendere in esame i risultati di tutte le scienze positive – considerate nel loro sviluppo storico – ed astrarne una definizione comune, una definizione che descriva la forma fondamentale semplice della materia. Mediante questo procedimento, si pervenne al seguente concetto: la materia è ciò che esiste indipendentemente dalla nostra coscienza e che si riflette in essa. In questo modo, prendendo atto del carattere storico e relativo di ogni concetto desunto da una scienza positiva particolare e in un dato momento storico, il materialismo dialettico si pose al riparo dalle tempeste della crisi della fisica che avevano distrutto le altre forme del materialismo.
Ma sarebbe un grave errore mettersi a dormire sugli allori e credere di essersi premuniti per l’eternità contro gli attacchi dei nemici ideologici. Fin da subito essi hanno svolto un solerte lavoro atto a dimostrare l’inconsistenza fattuale del concetto di materia, a «dimostrare» che quella che ci mostrano le sensazioni non è una realtà oggettiva, ma una realtà modificata dall'osservatore. In funzione di questo proposito si è più volte tentato di travisare le teorie fisiche che implicano un ruolo attivo del soggetto nell'osservazione, vale a dire la teoria della relatività di Einstein e il principio d’indeterminazione di Heisenberg; per brevità ci occuperemo ora solo della prima.
Secondo la teoria della relatività un corpo in moto dalla velocità vicina a quella della luce ha una determinata lunghezza dal punto di vista di un osservatore che si muove insieme ad esso, e ne ha un’altra rispetto a un osservatore in quiete. Dunque, la lunghezza viene percepita in modo diverso da osservatori diversi; e ciò vale non soltanto per la lunghezza del corpo in movimento, ma anche per la traiettoria, la massa, la durata, ecc. Gli esponenti dell’idealismo soggettivo interpretarono tutto ciò come una conferma della loro tesi, secondo cui il soggetto (l’osservatore umano) modifica in qualche modo l’oggetto osservato o almeno ne ha un’immagine distorta dalla propria attività. Perfino lo stesso Einstein, come mostra la citazione riportata da J. Zdanov, giungeva a conclusioni del genere. In realtà, questa interpretazione è viziata da una confusione di fondo tra i concetti di «relativo» e di «soggettivo» e tra quelli, ad essi complementari, di «assoluto» e di «oggettivo». La soggettività attiene alla coscienza umana. Ora, nell'esempio sopracitato, l’intervento della coscienza non è affatto necessario, poiché la relatività delle determinazioni (massa, lunghezza, traiettoria, durata, ecc.) non è legata alla presenza di diversi osservatori umani, ma di diversi sistemi di riferimento; le determinazioni risulterebbero diverse in rapporto a diversi sistemi di riferimento, indipendentemente dalla presenza di soggetti umani che «si trovino presso di questi». Questa considerazione, la cui paternità appartiene al matematico sovietico A.D. Aleksandrov (Matematico sovietico che contribuì a confutare le obiezioni dei filosofi Maksimov e Kuznetsov alla teoria della relatività, mostrando la compatibilità di quest'ultima col materialismo dialettico.), ci consente di confutare la tesi degli idealisti soggettivi e di difendere il materialismo dialettico, ammettendo ad un tempo la relatività degli enti materiali e la loro oggettività.
Questo è uno dei numerosi esempi delle schermaglie che si combattevano (e che tuttora si combattono, seppur in sordina) attorno ai più moderni risultati delle scienze positive e alla loro interpretazione filosofica. J. Zdanov, celebre chimico ed esponente del materialismo dialettico, si impegna in parecchi di questi scontri, seguendo però un filo conduttore unico: la presa d’atto del fatto che l’umanità associata non è un passivo osservatore del mondo esterno, bensì ne fa essa stessa parte; che la ricerca scientifica è un processo di natura complessa e contraddittoria, un lungo cammino in cui ad ogni passo ci s’imbatte nei limiti storici della conoscenza umana e dei suoi strumenti, limiti che verranno sormontati nel prosieguo dello sviluppo storico; che, da ultimo, non è scientificamente corretto lasciarsi intimorire da questi limiti, assolutizzarli e ricavarne deduzioni generali sull'«inconoscibilità» o sulla «soggettività» degli elementi studiati.
Lo scritto di J. Zdanov presenta anche una seconda peculiarità: è completamente permeato dallo spirito di partito, che ad alcuni potrebbe parere il vetusto relitto di un’epoca ormai tramontata e, perfino, una diavoleria «totalitaria» e limitatrice della libertà di ricerca. In realtà, il carattere di partito nella filosofia e nella cultura in genere è determinato dal fatto che, in una società di classi antagoniste come la nostra, ogni concezione filosofica, gnoseologica, ecc. reca un marchio di classe, è in qualche modo influenzata dalla lotta di classe e dal suo riflesso ideologico. A rigor di logica, non è possibile sottrarsi alla partiticità; ci si può tutt'al più illudere di essersi posti al di sopra delle parti in lotta e di essere neutrali. Lo scienziato, come pure qualsiasi persona, che è conscio del carattere di classe delle proprie convinzioni e lo proclama apertamente, si distingue dal (falso) super partes proprio per la sua libertà, poiché, con buona pace dei «liberi pensatori» oggi così di moda, la libertà non consiste nel credere in un’illusoria «indipendenza dalla lotta di classe», ma nella presa di coscienza di questa lotta e nella consapevole partecipazione al suo svolgimento sul fronte ideologico.
Resta da chiarire ancora una questione: quale rapporto intercorre tra le scienze naturali e il principio della partiticità, tra una ricerca scientifica ritenuta obiettiva e il carattere di parte della coscienza sociale? Il terreno sul quale i muoviamo è abbastanza infiammabile perché i nostri avversari possano accendere un fuoco di paglia attorno al cosiddetto «caso Lysenko». Lysenko – ci dicono – asseriva che la sua biologia aveva un carattere di classe proletario, mentre quella morganiana era una scienza borghese; dunque, in linea con questo ragionamento, per un borghese 2 + 2 fa 4 e per un proletario fa 5? Tratteremo brevemente la questione sia dal punto di vista storico che da quello ideologico, facendo luce sul «caso Lysenko» ed esponendo la tesi marxista sul problema che c’interessa.
Lysenko e i suoi seguaci, effettivamente, sostenevano il carattere di classe del contenuto della scienza, ma i nostri nemici hanno poco da cantar vittoria in proposito. Innanzi tutto, si trattava di una tesi condivisa anche dai seguaci della genetica mendeliana. «Sappiamo bene che tutta la scienza è scienza di classe», dichiarava l’insigne genetista N.P. Dubinin alla Conferenza sulla genetica e la selezione organizzata dalla rivista «Sotto la bandiera del marxismo» nell'ottobre 1939 (citato in M. Polanyi, La logica della libertà, Rubbettino Editore, 2002, p. 179). Del carattere, corretto o meno, di questa tesi accenneremo dopo. Per ora basti dire che essa dominò i dibattiti scientifici negli anni ’30, nei quali il partito bolscevico non era granché coinvolto, sebbene appoggiasse la tendenza micuriniana, ovvero quella che sortiva i migliori risultati nella pratica e consentiva di incrementare la produzione agricola. La situazione nell'estate del 1948, quando si tenne la sessione dell’Accademia Lenin di Scienze Agricole dell’URSS (VASHNIL), era profondamente mutata: il governo sovietico aveva stanziato maggiori investimenti per lo sviluppo della scienza, anche per sopperire alle esigenze create dalla guerra fredda, e il partito interveniva direttamente nelle discussioni scientifiche, come quella sulla filosofia del 1947 o quella sulla linguistica del 1950, cui presero parte rispettivamente Andrei Zdanov e Stalin. Quest’ultimo non intervenne direttamente nel dibattito sulla biologia, ma lesse il rapporto che Lysenko avrebbe poi pronunciato alla sessione e vi apportò parecchie correzioni manoscritte: l’intera seconda sezione del rapporto, intitolata «La falsa base della biologia borghese», fu tagliata; ovunque gli aggettivi «borghese» e «proletaria», riferiti alla scienza e alla concezione del mondo, furono espunti e sostituiti con altre parole («idealista», «reazionaria», ecc.); laddove Lysenko aveva scritto che «ogni scienza ha una base di classe», Stalin annotò: «Ah, ah, ah […] e la matematica? E Darwin?». Si intuisce facilmente, specie da quest’ultimo beffardo commento, quale fosse l’opinione di Stalin in merito al «carattere di classe del contenuto della scienza».
I fatti sopra illustrati sono ammessi e documentati anche da fonti antisovietiche (cfr., per es., Žores-Roy Medevedev, Stalin sconosciuto, Feltrinelli, 2006, p. 216). D'altronde, anche leggendo l’opera di Stalin sulla linguistica, si nota come la sua prospettiva non sia affatto quella manichea sostenuta da Lysenko prima del 1948, e come le sue tesi sulla lingua possano in una certa misura applicarsi anche alla scienza; «gli strumenti della produzione, al pari della lingua, manifestano una specie di indifferenza verso le classi e possono servire egualmente le differenti classi della società, sia vecchie che nuove», scrive Stalin (Il marxismo e la linguistica, Edizioni Rinascita, 1952, p. 47).
Le scienze naturali si presentano ai nostri occhi in una forma duplice: come forza produttiva della società e come parte della coscienza sociale. Osservate sotto il primo aspetto, considerandole cioè come cognizioni che sono d’aiuto all'uomo nell'attività produttiva, esse sono del tutto avulse dall'influenza della lotta di classe e possono servire ad entrambe le classi in lotta. Ma se le analizziamo in quanto elementi della coscienza sociale, come conoscenze che si inquadrano in una data concezione del mondo, dalle quali si traggono determinate deduzioni e attraverso le quali si sostengono determinate tesi estranee al campo delle scienze naturali stesse, la situazione è del tutto differente, come dimostra anche la nostra esposizione del dibattito attorno alle conseguenze della teoria della relatività. Le nozioni scientifiche che l’uomo assimila vengono inevitabilmente a contatto con tutta una serie di idee direttamente influenzate dalle dinamiche di classe, per esempio le idee religiose, i sistemi filosofici, ecc., che le influenzano e ne sono a loro volta influenzate. Di questi fatti è assai difficile dubitare, alla luce di riscontri particolarmente espliciti, come il tentativo, compiuto da papa Pio XII nel suo discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze del 22 novembre 1951, di «dimostrare» l’esistenza di Dio servendosi della teoria del Big Bang.
Da ultimo, è opportuno segnalare anche le deformazioni che l’influsso della lotta di classe ingenera nella forma dello sviluppo scientifico. A tutti è noto che il ramo più sviluppato della tecnologia nei paesi capitalistici è quello militare, a scapito di altri settori più utili alla vita della società; la stessa rete Internet nacque originariamente come un sistema di difesa e controspionaggio messo a punto dagli USA in vista di un eventuale «riscaldamento» della guerra fredda. In questo ed altri fatti non si può non vedere l’influenza degli interessi dell’imperialismo – i quali non possono essere soddisfatti in un clima perpetuamente pacifico – che hanno artificialmente concentrato la ricerca scientifica nel settore militare, dirottandovi massicci investimenti.
E’ proprio alle tematiche che abbiamo brevemente accennato, usualmente messe in ombra dall'ideologia borghese, che Jurij Zdanov ed altri autori sovietici ci insegnano a prestar attenzione. Si tratta non di argomenti storici, ormai superati e senza un valore per il presente, bensì di fenomeni permanenti della vita spirituale della società antagonistica, che meritano dunque da parte nostra un’attenta disamina con lo sguardo rivolto al futuro non meno che al passato.
Da «Problemas», n. 47, luglio 1953:
Contro il soggettivismo nelle scienze naturali
Jurij Zdanov
(traduzione dal portoghese a cura di Elia Ansaloni)
L’opera di I. V. Stalin, Problemi economici del socialismo nell’U.R.S.S., è di considerevole importanza nello sviluppo della scienza materialista d’avanguardia, per la lotta contro le varie manifestazioni di punti di vista non scientifici, idealistici, tanto nelle scienze naturali quanto nelle scienze sociali.
Stalin mostra infatti, nella sua opera, l’errore della posizione di certi economisti che negavano il carattere oggettivo delle leggi scientifiche e si proponevano di presentare le cose come se le leggi della scienza potessero essere abolite o trasformate dalla volontà umana. Tali punti di vista conducono direttamente al labirinto dell’idealismo soggettivo. Stalin, criticandoli, sottolinea in questi termini la posizione di principio della teoria marxista:
“Il marxismo intende le leggi della scienza, — si tratti di leggi delle scienze naturali o di leggi dell’economia politica, — come un riflesso di processi obiettivi che si svolgono indipendentemente dalla volontà degli uomini. Gli uomini possono scoprire queste leggi, conoscerle, studiarle, tenerne conto nelle loro azioni, utilizzarle negli interessi delle società, ma non possono cambiarle o abolirle. Tanto meno essi possono formare o creare nuove leggi della scienza”.
Questa profonda definizione rappresenta, in una forma chiara e concisa, la conclusione essenziale che si può ricavare dallo sviluppo della scienza. Essa sottolinea che i fenomeni naturali e sociali sono governati da leggi; mette in evidenza il carattere obiettivo delle leggi scientifiche e la conoscibilità di queste leggi; è diretta contro la contemplazione passiva delle leggi, contro la loro trasformazione in feticci. Allo stesso tempo, Stalin sferra un colpo notevole contro tutte le manifestazioni di soggettivismo nazionale nella scienza.
* * *
I grandi fondatori della scienza marxista-leninista difesero e svilupparono, nel corso delle decadi, questa concezione del carattere delle leggi scientifiche e smascherarono gli idealisti di ogni risma. Ora, una delle forme nelle quali si manifesta la concezione idealista del mondo è il soggettivismo nella scienza, lo sforzo per privare le leggi della natura e della società del loro contenuto oggettivo, per sostituire il metodo scientifico oggettivo delle conoscenza con un metodo soggettivo qualsiasi.
Un esempio classico di lotta contro i punti di vista soggettivi nella scienza è il modo con cui Lenin e Stalin smascherarono i liberali narodniki, i socialisti-rivoluzionari, gli anarchici, gli empiriocriticisti. I narodniki, con il loro capo Mikhailovskij, negavano, come si sa, che i metodi oggettivi fossero applicabili allo studio dei fenomeni della vita sociale. Distaccavano i fenomeni sociali dall'insieme dei “processi storici naturali” ed esigevano la creazione di un metodo particolare, un “metodo soggettivo in sociologia”. Questo metodo avrebbe considerato i fenomeni storici dal punto di vista delle idee e degli obiettivi dell’uomo, dei suoi desideri, dei suoi sentimenti, delle sue aspirazioni. Con questo, i narodniki eludevano la questione di sapere da dove vengono le idee e gli obiettivi sociali, manifestavano una totale incomprensione del carattere determinante della posizione sociale degli uomini in relazione ai loro sentimenti, ai loro pensieri e desideri. Mostrando l’errore di questo punto di vista, Lenin scrisse:
Charles Darwin |
(Da Lenin Che cosa sono gli amici del popolo e come lottano con i socialdemocratici 1894)
Senza la sconfitta del soggettivismo in sociologia, non sarebbe stata possibile la creazione di una scienza sociale autenticamente materialista, né tanto meno la previsione scientifica, che è la base della politica dei Partiti Comunisti: il soggettivismo anzi condannò i suoi sostenitori a vagare nel caos delle casualità, ad impigliarsi nelle utopie, e li condusse, infine, all'avventurismo nel campo politico.
* * *
La lotta contro le differenti manifestazioni del soggettivismo ha ugualmente una grande importanza nel campo delle scienze naturali. In tutti i campi essenziali delle scienze della natura, l’affermazione di un metodo di ricerca dal carattere scientifico conseguente, oggettivo, condusse ad una lotta feroce contro quella forma di idealismo che è il punto di vista soggettivo.
È nota la lotta che K. A. Timiriaziev condusse contro il cosiddetto metodo “psicologico” dei vitalisti fito-psicologici in botanica. I partigiani di questa varietà del soggettivismo dissertavano sulla memoria, sulle tendenze dei vegetali, sul loro psichismo; tentavano così di spiegare la crescita dei vegetali tramite la tendenza istintiva dello stelo a dirigersi verso la luce.
La fisiologia dell’attività nervosa superiore rappresenta egualmente un settore importante sul fronte della battaglia della scienza materialista d’avanguardia contro il soggettivismo. Questa scienza deve i propri successi attuali ad I. P. Pavlov. Quando Pavlov pronunciò il suo celebre discorso Le scienze naturali e il cervello, nel quale difendeva il metodo oggettivo in fisiologia, Timiriaziev gli scrisse:
“È necessario per me combattere costantemente contro quei botanici, giovani o vecchi, russi o tedeschi, i quali auspicano che i fisiologi ricusino «le rigide regole del pensiero delle scienze naturali» e sostituiscano questo sistema di regole con una certa «fito-psicologia» che, fortunatamente, non esiste. Ma ora che posso dire che un grande fisiologo di nazionalità russa come voi considera come una missione scacciare il metodo psicologico dalla sua ultima roccaforte nella fisiologia, sento che da oggi in poi avrò un terreno solido sotto i piedi per continuare a resistere loro”.
Nelle sue opere Pavlov mette infatti l’accento per diverse volte sulla sterilità del cosiddetto metodo soggettivo, sulla futilità dei ragionamenti banali sull'anima: esiste una analisi materialista conseguente, rigorosa, oggettiva di tutti gli aspetti del comportamento dell’uomo e degli animali, senza nel frattempo chiudere gli occhi davanti alla difficoltà di questi obbiettivi. Critica i metodi dei soggettivisti, che forgiano ipotesi sui sentimenti o sui desideri degli animali o intendono edificare la fisiologia e la psicologia sulla base dell’introspezione.
Ivan Pavlov |
Allo stesso modo, il metodo oggettivo di Pavlov fu preso di mira dagli aperti attacchi degli scienziati inclini all'idealismo. Così come i narodniki, facendo riferimento al carattere specifico dei fenomeni sociali, intendevano rigettare il metodo scientifico oggettivo in sociologia, altri, in fisiologia, si appoggiavano al carattere specifico dell’attività nervosa superiore dell’uomo per presentare un’esigenza identica. A seguito delle deformazioni soggettiviste nella fisiologia sussistono ancora idee — dalle quali molti ancora non si sono liberati — sull'“anima”, la “psiche”, considerate come entità misteriose e inconoscibili, alle quali non si possono applicare le normali procedure della ricerca rigorosamente scientifica e oggettiva.
Gli avversari più attivi della fisiologia pavloviana, come l’accademico L. A. Orbeli, l’accademico I. S. Beritov, il professor P. K. Anokhin e alcuni altri fisiologi, attirarono la critica del mondo scientifico durante la sessione congiunta dell’Accademia delle Scienze dell’U.R.S.S. e dell’Accademia delle Scienze mediche dell’U.R.S.S., nel 1950, consacrata alle questioni della fisiologia. Travisando l’insegnamento di Pavlov, Orbeli dichiarò il metodo oggettivo limitato ed unilaterale, e per “superare” questa limitazione, propose di completarlo con il metodo soggettivo. Di conseguenza, egli scrisse: “Per stabilire le leggi fondamentali dell’attività del sistema nervoso centrale, i fisiologi devono ricorrere tanto al metodo oggettivo come al metodo soggettivo”.
Osserviamo che tra i fisiologi esistono ancora punti di vista simili.
I fisiologi materialisti considerano la liquidazione dei residui del soggettivismo come il loro compito essenziale; non è possibile lavorare con successo per uno sviluppo fecondo della fisiologia pavloviana se questo compito non viene adempiuto.
La penetrazione dei punti di vista soggettivisti ha causato anche un grande pregiudizio alla chimica. Qui, idee simili incontrarono la loro espressione originale nella cosiddetta teoria della mesomeria (o della risonanza) opposta nei propri principi alla teoria di A. M. Butlerov. Butlerov mostrò che gli scienziati, tramite l’osservazione, l’esperienza e la riflessione, sono in condizione di conoscere le relazioni che esistono oggettivamente tra gli atomi nelle molecole e di esprimerle in formule di struttura. Se, studiando la struttura delle combinazioni, la teoria della struttura chimica di Butlerov parte da relazioni chimiche reali, oggettive, dal canto loro i teorici della risonanza propongono di considerare le differenti rappresentazioni grafiche che si possono stabilire per una determinata combinazione, partendo da diversi dogmi sulla valenza degli atomi, e di seguire le formule così stabilite. Di conseguenza si dichiara che la vera struttura della molecola è la media (mesomerica o risonante) delle diverse formule stabilite graficamente, formule che, come si sa, non esprimono realtà alcuna. Uno degli autori di questa teoria pseudo-scientifica, il chimico americano Wheland, lo riconosce:
“La teoria della risonanza è una concezione speculativa di nessun grado più alta rispetto alle altre teorie fisiche. Essa non riflette nessuna proprietà interna della molecola in sé, è un metodo matematico creato dal fisico o dal chimico per comodità”.
Dopo aver così dichiarato che la risonanza è una finzione priva di significato fisico, Wheland esamina con una non minore serietà la questione “dell’influenza della risonanza sulle proprietà fisiche e chimiche delle molecole”!
Questa maniera di concepire i risultati della scienza come comodi metodi di descrizione dei fatti è l’argomento — preso in prestito dalla filosofia positivista — del soggettivismo in chimica. Non è nuovo incontrare chimici agnostici che difendono la tesi per la quale la scienza non può conoscere l’essenza delle reazioni chimiche né la struttura delle molecole, che le formule chimiche hanno come unica funzione quella di descrivere comodamente le trasformazioni chimiche! Ma è un’arbitrarietà scientifica indicare una sola sostanza e, simultaneamente, dieci, cento formule chimiche, appesantendo così di difficoltà il percorso che porta alla sintesi delle combinazioni chimiche. Precipitati dal loro cieco soggettivismo nel dominio del caos e delle casualità, i teorici della risonanza invitano i chimici a seguire il loro “miracoloso istinto”, la loro “intuizione” — ma, per dirla tutta, questo significa abbandonarsi alla scienza che conviene loro.
I teorici sovietici ingaggiano una lotta contro la teoria della risonanza; nel frattempo, le radici soggettiviste di questa teoria non sono state ancora messe allo scoperto.
Ugualmente, lo sviluppo della fisica moderna procede nella lotta contro le manifestazioni del soggettivismo in questo ramo della scienza. I punti di vista soggettivisti furono introdotti in fisica, come negli altri domini delle scienze naturali, dall'onda turbolenta del kantismo, l’arma principale dalla reazione imperialista sul fronte scientifico. Nel suo Materialismo ed empiriocriticismo, Lenin già aveva sottoposto ad una critica impietosa i punti di vista soggettivisti dei machisti, degli empiriocriticisti e di alcuni fisici che essi avevano traviato.
Nella fisica contemporanea del mondo borghese si fa sentire fortemente la tendenza all'allontanamento dal metodo oggettivo di ricerca. Così, il celebre fisico N. Bohr afferma che nel campo della fisica atomica “non è possibile giustificare una separazione rigorosa tra l’oggetto ed il soggetto”.
Bohr ed Einstein a Leida |
L’astronomo inglese Eddington scrive che le leggi e le costanti della fisica sono interamente soggettive e possono essere dedotte (a priori). Un altro fisico, P. Jordan, arriva ad affermare che il ricercatore, in un esperimento fisico, non studia la realtà oggettiva, ma che “prepara una realtà fisica”. Questo punto di vista trova eco nella letteratura scientifica sovietica, in particolare nei lavori del fisico Markov; questi può così sostenere che la realtà fisica della teoria dei quanti contiene in sé un elemento d’intervento attivo da parte dell’uomo, che è subordinata all'attività umana; afferma che l’introduzione della nozione di attività umana nel concetto della realtà fisica mostra la forza e l’efficacia della conoscenza scientifica. In realtà, tale punto di vista colpisce il contenuto della fisica, priva la pratica di un giusto orientamento e, in questo modo, limita la forza della conoscenza umana.
Un’interpretazione erronea, soggettiva, è spesso data ai risultati della teoria fisica della relatività. I teorici della relatività rappresentano le categorie di spazio, tempo e causalità come forme dell’intuizione inseparabili dalla coscienza. In uno dei suoi lavori sulla teoria della relatività, per esempio, Einstein afferma: “per ciascun uomo esiste un tempo soggettivo personale”.
Questa asserzione e molte altre dello stesso genere attestano il disordine che regna nella mente dei fisici sedotti dalla filosofia machista, che li devia da un metodo di ricerca rigorosamente scientifico ed oggettivo. Malgrado i punti di vista dei soggettivisti, dei machisti, degli agnostici, i risultati ottenuti dalla fisica moderna dimostrano il carattere oggettivo della scienza, la conoscibilità delle leggi naturali, la capacità della scienza di penetrare i segreti più profondi del sistema dell’universo.
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La lotta della scienza materialista d’avanguardia contro le teorie soggettiviste e le teorie idealiste è, in sintesi, una delle espressioni della lotta implacabile che la storia vede svilupparsi tra le classi, tra la classe operaia e la borghesia, tra il socialismo e il capitalismo. Per difendere i propri interessi di classe, la reazione imperialista, sotto l’egida della borghesia americana, utilizza qualsiasi teoria reazionaria idealista, oscurantista, per quanto insignificante, purché serva alla sua lotta contro il materialismo. Nel campo della scienza, la reazione maschera con vesti sfarzose le più recenti manifestazioni del positivismo e del machismo, e inveisce contro la realtà oggettiva, contro la concezione materialistica del mondo, contro la conoscibilità dei fenomeni della natura e della società.
Non bisogna chiudere gli occhi davanti al fatto che tali punti di vista possono penetrare nella scienza sovietica. Con l’aiuto degli artifici della terminologia, diversi autori nell'U.R.S.S. tentano di rappresentare truffaldinamente questi punti di vista come materialisti, nello stesso modo in cui, a suo tempo, un feroce nemico del marxismo, Bogdanov, tentò di far passare per marxista il suo orientamento machista. Nelle condizioni attuali dell’Unione Sovietica, il soggettivismo contemporaneo si caratterizza per la tendenza a “correggere”, a “completare” il metodo scientifico oggettivo, appoggiandosi al carattere specifico, all'originalità qualitativa di questo o di quel fenomeno studiato.
In tutti i rami della conoscenza, il soggettivismo è il nemico della vera scienza. Il soggettivismo e la scienza sono incompatibili. Non esiste in realtà alcun “metodo soggettivo” sul quale si possa realmente basare lo sviluppo della scienza. La scienza conosce un metodo di ricerca soltanto, il quale è rigorosamente oggettivo; soltanto questo è fecondo e ha dimostrato ovunque la sua efficacia: in sociologia come in fisica, in fisiologia come chimica, in psicologia come in geologia. Questo non vuol dire, ovviamente, che ciascun ramo della conoscenza non possieda i propri processi di ricerca e le sue specifiche modalità di applicazione delle leggi. Nei suoi lavori Il marxismo e la linguistica e Problemi economici del socialismo nell'U.R.S.S., Stalin ha mostrato l’estrema importanza delle leggi specifiche dei fenomeni sociali; ha messo in risalto che ignorare questo carattere specifico sarebbe un grave errore. Ma il carattere specifico proprio di ciascun fenomeno esige un’analisi oggettiva, partendo dalle posizioni della scienza materialista.
L’impiego del metodo scientifico permette così di scoprire le leggi della natura e della società, senza il riconoscimento e lo studio delle quali nessuna scienza può svilupparsi. Sulla base delle conoscenze acquisite si sviluppa la pratica umana, l’utilizzo delle forze della natura nell'interesse della società e la limitazione dell’azione distruttiva degli elementi. Nella sua opera Problemi economici del socialismo nell'U.R.S.S., Stalin indica:
“Di conseguenza, quando si parla dell’«assoggettamento» delle forze della natura o delle leggi economiche, del «dominio» su di esse e così via, non si vuol affatto dire con questo che gli uomini possano «distruggere» le leggi della scienza o «formarle». Al contrario, con questo si vuol dire solamente che gli uomini possono scoprire le leggi, conoscerle, impadronirsene, imparare ad applicarle con perfetta cognizione di causa, utilizzarle nell'interesse della società e in tal modo assoggettarle, raggiungere il dominio su di esse”.
La conoscenza delle leggi oggettive dello sviluppo della società permette al Partito di condurre con sicurezza il popolo sovietico verso il comunismo. La conoscenza delle leggi oggettive serve come base per la grandiosa trasformazione della natura che si realizza nell'Unione Sovietica. Un ruolo eminente nella realizzazione di questi compiti spetta alla scienza sovietica.
L’opera di Stalin Problemi economici del socialismo nell'U.R.S.S. ispirerà i lavoratori scientifici nel proseguire la lotta per una scienza d’avanguardia, materialista, nel loro lavoro creativo nell'interesse del popolo.
Grazie per questo interessante articolo !
RispondiEliminaUn'osservazione per quanto riguarda gli ibridi di risonanza: è vero che è un modello molto approssimativo e per ciò legato a componenti "soggettivistiche", ma se,congiunturalmente ai limiti cui giunge la scienza chimica nell'attuale stadio,non si riesce a stabilire a quale orbitale appartengano i doppietti elettronici delocalizzati,qual è il problema di rappresentare come astrazione,segmentazione del movimento non riproducibile nella sua totalità,più forme risonanti ?