lunedì 19 marzo 2018

URSS, agosto 1991. Il golpe di Eltsin e quello degli altri.

Di Luca Baldelli



La storiografia, in questo correttamente, fissa nei giorni 19 – 21 agosto del 1991 le date della fine dell’Unione Sovietica, anteponendola, cronologicamente, all’ammainamento della rossa bandiera dell’Urss sul pennone del Cremlino, alle ore 19,45 del 21 dicembre successivo. Il famoso “colpo di Stato“ estivo, dunque, rappresentò la fine di un’esperienza storica gloriosa durata 70 anni, fondata e sulla costruzione del socialismo in un solo Paese e sulla spinta internazionalista volta a liberare l’umanità dalle catene dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, dell’imperialismo, della rapina colonialista e neocolonialista. I prodromi di quella vicenda, vanno però rintracciati negli anni ’80 della controrivoluzione anticomunista mascherata sotto il nome di “perestrojka“: lo smantellamento progressivo della pianificazione centralizzata, l’allentamento della disciplina nei settori della produzione, della distribuzione e del commercio al dettaglio, lo spazio sempre maggiore concesso all’iniziativa privata, con arricchimenti scandalosi di soggetti legati a cooperative e imprese individuali autorizzate, il venir meno, lento ma inesorabile, del ruolo del Partito come soggetto cardine politico – educativo, l’interiorizzazione dei miti consumistici dell’occidente, sapientemente veicolati dalla nuova borghesia oligarchica emergente, in un ampio settore del popolo, furono tutte crepe che, pian piano, portarono all’erosione delle fondamenta, un tempo solide, del socialismo sovietico.

URSS, agosto 1991. Il golpe di Eltsin e quello degli altri.

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